Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15372 Anno 2025
Società di
comodo –
cartelle di
pagamento ex
art. 36 bis d.p.r.
n. 600/73
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15372 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23813/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore, rappresentata e difesa giusta procura speciale in atti dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME del foro di Cosenza, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, INDIRIZZO
– controricorrente –
E nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata –
avverso la sentenza n. 2404/01/23, emessa dalla Commissione Giustizia di Tributaria di II grado della Calabria, depositata il 26/09/2023, non notificata;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 16.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La società RAGIONE_SOCIALE impugnava la cartella di pagamento n. 34 2019 0011120716, emessa a seguito di controllo automatizzato ex 36 bis d.p.r. 600/73, per saldo Irap e saldo Ires anno di imposta 2014, lamentando il difetto di motivazione dell’atto impugnato, l’omesso invio dell’avviso bonario, l’illegittimità del ricorso all’art. 36 bis cit. e l’infondatezza della pretesa tributaria, non avendo natura di società di comodo, ma essendo stata costretta a dichiarare l’imposta in quanto l’interpello disapplicativo non era stato accolto.
2.La CTP di Cosenza rigettava il ricorso.
3.La C.T.R. della Calabria accoglieva l’appello della società, ritenendo, a proposito del difetto di motivazione e della mancanza dell’avviso bonario, che l’A.F. non poteva utilizzare l’istituto del controllo automatizzato, dovendo piuttosto emettere un apposito avviso di accertamento. Inoltre, la pretesa era infondata, essendo stato accertato, nella sentenza della CTR della Calabria n. 3237/2021 del 6/10/2021, attraverso una ricostruzione argomentativa condivisa dal collegio, come ricorressero le condizioni per la disapplicazione della disciplina dettata in materia di società di comodo.
4.Avverso la precitata sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, sulla base di tre motivi.
5.La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
6.L’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata.
7.E’ stata fissata l’udienza camerale del 16.4.2025.
8.La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, rubricato « violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis D.P.R. 600/73 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3, c.p.c.», l’Agenzia delle Entrate sostiene che la società contribuente non poteva sottrarsi al pagamento di imposte per le quali aveva indicato la base imponibile ed il quantum debeatur nelle rispettive dichiarazioni, manifestando in tal modo di ritenere sussistente la soggettività passiva ai fini del tributo. La CTR non poteva entrare nel merito della pretesa tributaria, trattandosi di tributi dichiarati come dovuti, diversamente da quanto sarebbe stato possibile ove vi fosse stato un avviso di accertamento o un diniego di rimborso. La procedura automatizzata era in ogni caso legittima, perché si basava su quanto dichiarato e non versato dal contribuente, non essendo necessario un apposto avviso di accertamento.
2.Con il secondo motivo, rubricato «violazione e falsa applicazione art. 7, comma 1, del DPR 917/86, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.», l’Ufficio deduce che la decisione va ulteriormente censurata, perché si era limitata a fare proprie le argomentazioni di una sentenza di II grado, peraltro impugnata con ricorso per cassazione, che si riferiva ad un anno di imposta diverso (2013), violando il principio di autonomia dei periodi di imposta. Sostiene, al riguardo, che i presupposti per la disapplicazione della disciplina dettata per le società di comodo devono essere verificati anno per anno. La CGT II avrebbe dovuto, dunque, esaminare la fattispecie relativa all’annualità oggetto del presente giudizio (il 2014), in via autonoma e con autonoma valutazione.
3.Con il terzo motivo, rubricato « Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 della legge n. 724/1994, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c .», si deduce che, esattamente come nel caso trattato dalla sentenza n. 3237/2021, avverso la quale pendeva ricorso per cassazione, i giudici del gravame avrebbero erroneamente
applicato la disciplina e i principi di riferimento (correttamente richiamati, in astratto, dalla sentenza impugnata) al caso di specie, laddove non avevano evidenziato le situazioni impeditive di natura oggettiva richieste dall’art. 30 della legge n. 724/94. La società, infatti, si era limitata a chiedere la disapplicazione della norma antielusiva, semplicemente affermando l’impossibilità della compagine sociale, a causa dell’incertezza dell’esito del processo a carico del rappresentante legale, di intraprendere alcuna attività imprenditoriale. Osserva al riguardo che l’ inerzia imprenditoriale non può essere considerata oggettiva situazione, idonea a giustificare la disapplicazione della normativa di riferimento. Non sono erano individuati e provati eventi oggettivi, straordinari ed imprevedibili tali da impedire alla società di pervenire alla soglia minima del reddito, come chiesto dalla normativa, piuttosto evincendosi, come detto, un’inerzia imprenditoriale che mal si concilia con l’art. 30 della legge n. 724/94, che ha come scopo quello di scoraggiare l’utilizzo strumentale della forma societaria per usufruire di indebiti vantaggi fiscali.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati nei limiti e con le precisazioni che seguono.
Come ritenuto da questa Corte in fattispecie assimilabile, anche nel caso in esame l’Amministrazione non ha calcolato l’imposta autonomamente, cioè utilizzando e qualificando come effettivo il reddito dichiarato dalla contribuente quale risultato del test di operatività, determinato secondo i parametri presuntivi previsti dall’art. 30 della I. n. 724 del 1994, nel testo applicabile ratione temporis , ma si è limitata a procedere alla liquidazione dell’imposta nella misura dichiarata come dovuta dalla stessa società contribuente al rigo IR22 della relativa dichiarazione Irap. Va quindi ritenuto legittimo il ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate allo strumento del controllo formale ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, per richiedere un importo determinato sulla base di un
esame meramente cartolare dei dati forniti dallo stesso contribuente. (Cass. n. 24811/2021, che richiama Cass. n. 3394/2019, in motivazione).
Ha dunque errato la CTR laddove ha ritenuto che l’Ufficio non potesse iscrivere a ruolo i saldi Irap e Ires dell’anno 2014, all’esito del controllo formale ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973.
6. Questa Corte ha tuttavia altresì precisato che l’impugnazione della cartella esattoriale, emessa in seguito a procedura di controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non è preclusa dal fatto che l’atto impositivo sia fondato sui dati evidenziati dal contribuente nella propria dichiarazione, in quanto tale conclusione presupporrebbe la irretrattabilità delle dichiarazioni del contribuente che, invece, avendo natura di dichiarazioni di scienza, sono ritrattabili in ragione della acquisizione di nuovi elementi di conoscenza o di valutazione. Pertanto, nel giudizio di impugnazione della cartella di pagamento ex art. 36 bis d.p.r. c.p.c., il contribuente può contestare il merito della pretesa tributaria, essendo la cartella di pagamento il primo atto impositivo notificato, con la conseguenza che l’impugnazione non può essere limitata ai soli vizi formali dell’atto impugnato ( cfr. Cass. n. 5129/2017, Cass. n. 9872/2011).
6.1. La C.G.T.2, contrariamente a quanto assume l’Agenzia delle Entrate, poteva dunque esaminare il merito della pretesa, verificando la fondatezza o meno della deduzione della società di non rivestire la natura di società di comodo, ciò non trovando ostacolo neppure nell’esito negativo dell’interpello relativo al medesimo anno di imposta, sulla cui impugnazione era stata emessa la sentenza della C.T.P. di Cosenza n. 3592/9/2019, passata in giudicato, che ha dichiarato il ricorso inammissibile per essere la risposta all’interpello atto non impugnabile .
Trattasi infatti di pronuncia in rito, insuscettibile di produrre effetti di giudicato sostanziale. Ed invero, la pronuncia “in rito” di
inammissibilità della domanda dà luogo ad un giudicato meramente formale, con effetti circoscritti al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata, talché non è idonea a produrre, né sul piano oggettivo né sul piano soggettivo, gli effetti del giudicato sostanziale ex art. 2909 c.c. e non preclude, pertanto, la riproposizione della domanda in altro giudizio (tra le più recenti, Cass. n. 20636/2024).
6.2. Tuttavia, i giudici del gravame hanno escluso la natura di società di comodo in capo alla società RAGIONE_SOCIALE facendo proprio l’accertamento favorevole alla contribuente contenuto in altra sentenza, emessa tra le stesse parti, ma in giudizio nel quale era stato impugnato l’esito negativo dell’interpello disapplicativo per il diverso anno di imposta 2013.
Sebbene la C.G.T.2 non faccia espresso riferimento ad un giudicato esterno vincolante, dalla motivazione della sentenza non è dato evincere, al di là del richiamo a pertinenti precedenti giurisprudenziali in tema di onere della prova incombente sulla società che non ha superato il test di operatività, un’autonoma valutazione degli elementi probatori offerti in questo giudizio con riferimento all’anno di imposta 2014, oggetto della cartella di pagamento impugnata, anche in considerazione del generico riferimento ai ‘ fatti specificamente indicati e provati dai ricorrenti’ . 6.3. Al di là del fatto che la sentenza menzionata dalla C.T.R. non fosse passata in giudicato, occorre in ogni caso ricordare che in materia di imposte periodiche l’efficacia espansiva del giudicato esterno in relazione ad un diverso anno di imposta non è preclusa dal principio dell’autonomia degli anni di imposta, ma ciò solo ove si tratti di fatti che per legge hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, sicché è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato quando vengano
in rilievo fatti suscettibili di un diverso atteggiarsi nel tempo ( ex multis , Cass. n. 21824/2018).
6.4. Con specifico riferimento alle società di comodo, questa Corte ha precisato che lo «status» di società non operativa risultante dall’applicazione dei parametri previsti dall’art. 30, comma 1, della l. n. 724 del 1994, non è permanente, ma va accertato anno per anno, essendo un elemento variabile, ben potendo una società essere non operativa in un determinato esercizio sociale ed operativa in quello successivo (Cass. n. 2725/2025 del 4.2.2025, Cass. n. 20702 dell’1.10.2014; Cass. n. 12829 del 22.05.2017; Cass. n. 18912 del 17.07.2018; Cass. n. 4850 del 24.2.2020).
7. Questa Corte ritiene pertanto che, ove venga in rilievo il mancato superamento del test di operatività per un determinato anno di imposta, la verifica della natura o meno di società di comodo richiede un accertamento in fatto insuscettibile di cristallizzarsi e di estendere i suoi effetti a precedenti o successivi anni di imposta, essendo la condotta imprenditoriale per sua natura frutto di scelte variabili nel tempo, in relazione ai più svariati fattori. Tale accertamento è mancato nel caso in esame.
8. La sentenza va pertanto cassata e rinviata alla C.G.T.2 della Calabria, in diversa composizione, la quale procederà ad un nuovo esame, verificando se per l’annualità in contestazione la società, che non aveva superato il test di operatività previsto dall’art. 30 della legge n. 724/1994 per l’anno 2014, abbia o meno fornito prova delle condizioni legittimanti la disapplicazione della normativa prevista per le società di comodo, oltre che per provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.G.T.2 della Calabria, in diversa composizione, anche per liquidare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16.4.2025.