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Società di comodo: test inapplicabile a neocostituite

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22007/2025, ha annullato un accertamento fiscale contro una società neocostituita. La Corte ha stabilito che il test di operatività triennale per qualificare una società di comodo non è applicabile se l’azienda non ha almeno due esercizi sociali completi antecedenti a quello accertato. Inoltre, ha ribadito che la disciplina nazionale sulle società di comodo è incompatibile con la normativa europea sull’IVA, non potendo limitare il diritto alla detrazione sulla base di presunzioni di non operatività.

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Pubblicato il 19 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo: la Cassazione fissa i limiti del test di operatività per le nuove imprese

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sulla disciplina delle società di comodo, stabilendo limiti precisi all’applicazione del cosiddetto ‘test di operatività’ per le aziende di nuova costituzione. La decisione sottolinea come la presunzione di non operatività non possa essere applicata meccanicamente, soprattutto quando mancano i presupposti temporali richiesti dalla legge, offrendo una tutela importante per le startup e le imprese nella loro fase iniziale.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata, costituita nel 2006, riceveva un avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2008. L’Amministrazione finanziaria, applicando la disciplina delle società di comodo prevista dall’art. 30 della Legge n. 724/1994, contestava alla società un reddito maggiore ai fini IRES e IRAP e recuperava l’IVA che riteneva indebitamente compensata. Secondo il fisco, la società non aveva superato il test di operatività, non avendo conseguito ricavi sufficienti rispetto al valore dei propri beni patrimoniali.

La società impugnava l’atto, ma i giudici di primo e secondo grado confermavano la legittimità dell’accertamento. La contribuente decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la violazione delle norme sul contraddittorio preventivo e, soprattutto, l’errata applicazione della normativa sulle società di comodo al suo caso specifico.

L’inapplicabilità del test triennale per le società di comodo

Il fulcro della decisione della Suprema Corte risiede nel sesto motivo di ricorso, ritenuto fondato sia per l’IVA che per le imposte dirette. La normativa sulle società di comodo prevede che il test di operatività si basi sulla media dei ricavi e dei valori patrimoniali dell’esercizio in corso e dei due precedenti.

La società in questione era stata costituita nel 2006 e l’accertamento riguardava il 2008. Per calcolare la media triennale, l’Agenzia fiscale aveva considerato gli anni 2008, 2007 e 2006. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha chiarito che la legge stessa esclude dal calcolo il ‘primo periodo d’imposta’ di una società. Di conseguenza, poiché il 2006 era l’anno di costituzione e quindi il primo periodo d’imposta, non potevano esserci i ‘due esercizi precedenti’ utili richiesti dalla norma per effettuare il test. Mancando il presupposto temporale del triennio di osservazione, l’intero meccanismo presuntivo non era applicabile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha accolto il ricorso della società su questo punto cruciale, stabilendo due principi di diritto fondamentali.

1. Imposte sui redditi: Il test di operatività, che si fonda sulle risultanze medie dell’esercizio e dei due precedenti, non è applicabile alle società che non abbiano chiuso almeno due esercizi anteriormente a quello oggetto di accertamento. Il primo esercizio sociale, infatti, deve essere escluso dal computo. Pertanto, l’accertamento basato su questa presunzione era illegittimo.

2. IVA: Richiamando la recente giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-341/22), la Cassazione ha confermato che la normativa italiana sulle società di comodo è incompatibile con la direttiva IVA. Il diritto alla detrazione dell’IVA non può essere negato sulla base di una presunzione legale di non operatività legata al mancato raggiungimento di una soglia di ricavi. Tale limitazione viola i principi di neutralità e proporzionalità dell’imposta.

Per questi motivi, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi enunciati.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un’interpretazione sistematica e letterale della norma. La ratio della regola del triennio è quella di valutare l’andamento di un’impresa in un arco temporale sufficientemente lungo da superare le naturali difficoltà della fase di avvio. Applicare il test a una società che non ha ancora una storia operativa consolidata di tre anni sarebbe irragionevole e contrario allo scopo della legge stessa, che è quello di colpire l’elusione e non di penalizzare le nuove iniziative imprenditoriali. Per quanto riguarda l’IVA, le motivazioni si allineano pienamente al primato del diritto europeo, che protegge il diritto alla detrazione come elemento cardine del sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una vittoria significativa per i contribuenti, in particolare per le imprese neocostituite. Si afferma con chiarezza che il Fisco non può applicare presunzioni legali come quella sulle società di comodo senza che ne ricorrano tutti i presupposti di legge, incluso quello temporale. La decisione rafforza la tutela delle aziende in fase di startup e ribadisce che le norme antielusive devono essere interpretate restrittivamente. Inoltre, la conferma dell’incompatibilità della disciplina con la normativa IVA europea chiude definitivamente la porta a contestazioni su tale imposta basate sulla mera non operatività presunta.

Il test di operatività per le società di comodo si applica a un’azienda neocostituita?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il test non è applicabile se la società non ha completato almeno due esercizi sociali prima dell’anno oggetto di accertamento. La legge richiede una valutazione su un triennio (l’anno accertato e i due precedenti), e il primo periodo d’imposta della società non è computabile.

È legittimo negare la detrazione dell’IVA a una società considerata di comodo?
No. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, recepita dalla Cassazione, la normativa nazionale che limita il diritto alla detrazione IVA per le società non operative è incompatibile con il diritto europeo. Tale diritto non può essere negato solo perché la società non raggiunge una soglia minima di ricavi.

È obbligatorio presentare un interpello disapplicativo per evitare l’accertamento come società di comodo?
No, la presentazione dell’interpello è una facoltà, non un obbligo. La Corte chiarisce che il contribuente può sempre dimostrare in sede di giudizio l’esistenza di circostanze oggettive che giustificano la non operatività, anche se non ha preventivamente attivato la procedura di interpello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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