Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34115 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34115 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato;
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE sedente in INDIRIZZO
– intimata -avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale degli ABRUZZI, n. 339/III/2016 depositata il 4 aprile 2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE in data 1° luglio 2014 proponeva istanza d’interpello disapplicativo ai sensi dell’art. 30 l. n. 724/1994, sostenendo di non rientrare fra le società non operative benché essa non avesse svolto attività fin dalla sua costituzione, avvenuta nel 1991, ma per impedimento di carattere
Interpello disapplicativo – Società di comodo – Impedimento oggettivo – Suolo edificabile.
oggettivo, non avendo infatti potuto costruire un edificio a destinazione alberghiera nel terreno acquistato a causa della mancata adozione delle necessarie varianti al P.R.G.
L’Agenzia respingeva l’interpello e la contribuente proponeva ricorso, accolto dalla CTP, la cui sentenza veniva confermata dalla CTR.
Propone l’Agenzia ricorso in cassazione articolato in cinque motivi, mentre la contribuente è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE
Col primo motivo si deduce violazione dell’art. 19 d.lgs n. 546/1992 in quanto erroneamente la CTR avrebbe affermato la proponibilità della domanda e l’interesse ad agire, laddove il suddetto atto non avrebbe natura impositiva.
1.1. Il motivo è infondato.
Questa Corte, in base ad orientamento che merita piena conferma, ha stabilito che la risposta negativa del fisco a un interpello disapplicativo è atto impugnabile, anche se non rientra tra quelli elencati dall’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992: l’ente impositore, infatti, attraverso tale atto porta a conoscenza del contribuente una pretesa tributaria ben individuata e quest’ultimo, senza necessità che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato art. 19, già al momento della ricezione della notizia, è portatore di un interesse, ex art. 100 c.p.c., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva (Cass. 2634/2023).
Col secondo motivo si deduce il medesimo vizio della sentenza per aver i giudici d’appello ritenuto rientrare il diniego d’interpello fra gli atti espressamente previsti come impugnabili dal suddetto art. 19 d.lgs. n. 546/1992.
2.1. Il motivo è assorbito dal rigetto del precedente.
Col terzo motivo si deduce falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., ritenendosi insussistente il pur affermato interesse ad agire.
3.1. Anche tale motivo risulta assorbito dal rigetto del primo motivo.
Col quarto motivo si deduce motivazione parvente, avendo la CTR ritenuto che era inesatto affermare come al momento dell’acquisto il terreno non fosse edificabile in quanto mancante dei piani attuativi. Invero, secondo i giudici del merito, ricadendo in zona C di espansione il terreno per il piano regolatore era edificabile e faceva parte di un sub-ambito.
4.1. Il motivo è infondato.
La motivazione può dirsi parvente allorché non sia possibile costruire l’iter logico in base al quale il giudice ha deciso la controversia, oppure allorché la motivazione sia caratterizzata da invincibile contraddizione.
Non ha invece nessun rilievo il fatto che la decisione appaia ingiusta o errata alla parte.
Nella specie il contenuto del motivo attiene ad una censura nel merito, poiché rimprovera ai giudici d’appello di aver erroneamente ritenuto che la documentazione in atti dimostrasse la natura edificatoria del terreno, laddove a parere della difesa erariale gli stessi la escludevano.
Irrilevante ai fini della censura in esame la ricostruzione della ricorrente, la motivazione e l’ iter logico sono perfettamente comprensibili, poiché basano la ritenuta natura edificatoria su vari elementi, tutti esplicitati, e cioè il fatto che al momento dell’acquisto il terreno ricadeva in zona C di espansione, per cui in base al p.r.g. esso era edificabile e rientrante in sub-ambito, ed inoltre il relativo progetto edificatorio aveva ottenuto il parere favorevole della Sovrintendenza e il nullaosta dell’ente parco ed il
sindaco ne aveva attestato la ‘conformità alle norme urbanistiche ed edilizie’.
Col quinto motivo si deduce violazione dell’art. 30, l. n. 724/1994, per assenza delle condizioni oggettive di impossibilità a conseguire la disapplicazione, invece individuate dalla CTR.
5.1. Il motivo è fondato.
Come noto l’art. 30 l. n. 724/1994 stabilisce i parametri per il calcolo dei redditi delle c.d. società di comodo, inoperative e strumentali al mero godimento di beni.
Esso consente però, a seguito di interpello apposito, la disapplicazione dei suddetti parametri, ove sussistano situazioni oggettive impeditive dell’operatività.
In particolare, il comma 4-bis della disposizione in esame, pro tempore applicabile, così statuisce: ‘ 4-bis. In presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 ‘ .
Risulta allora evidente che la natura oggettiva delle situazioni che esimono la società dall’applicazione dei criteri di determinazione dei redditi in via presuntiva come delineati dai precedenti commi, siano da identificarsi in fatti del tutto indipendenti dalla volontà dell’impresa, la quale non deve averli presi in esame, altrimenti essi traducendosi in impedimenti di carattere soggettivo.
Venendo al caso dell’acquisto di un bene significativo, nell’ottica del programma imprenditoriale condizionante lo stesso svolgimento dell’attività principale (la società intimata ha ad oggetto
pacificamente lo svolgimento di attività alberghiera, ed è indiscusso che tale attività dovesse svolgersi in esclusiva sul terreno oggetto di interpello), è evidente che meri ritardi dell’amministrazione nel concedere i titoli edificatori (ma non l’esercizio dei poteri discrezionali pur spettanti alla stessa per il bilanciamento degli interessi coinvolti, cfr. Cass. 18578/24) possono -a determinate condizioni – costituire presupposti per impedimento oggettivo, mentre la non edificatorietà del suolo, o comunque la sua subordinazione ad atti di carattere generale costituisce una situazione priva di carattere oggettivo, in quanto essa era o doveva essere tenuta presente dall’imprenditore nel momento in cui acquistava il bene per destinarlo allo svolgimento dell’attività principale.
Infatti nel caso di acquisto di terreno da destinarsi ad attività subordinatamente alla sua preventiva edificazione, la mancanza di atti di rilevanza urbanistica che tale edificabilità condizionano, costituisce una scelta imprenditoriale e non un fatto oggettivamente non imputabile al contribuente.
Calando i surriferiti principi alla concreta fattispecie, occorre prendere in esame gli elementi presenti ed in particolare il fatto, emergente dal certificato di destinazione urbanistica, in base al quale ‘il rilascio delle concessioni è subordinato all’approvazione di piani attuativi estesi ad ognuno degli ambiti individuati…’.
Invero i piani attuativi sono strumenti esecutivi finalizzati a precisare le previsioni del piano regolatore generale, di necessità pertanto conformi e coerenti con le linee programmatiche dello stesso, che però forniscono ulteriori elementi per poter realizzare l’intervento nel suo insieme attraverso il completamento del processo previsionale di sviluppo del territorio. In loro assenza solo in via eccezionale può rilasciarsi il titolo abilitativo, rispetto al quale dunque essi si pongono come conditio sine qua non .
Dunque la mera presenza del p.r.g., ove lo stesso preveda il varo dei suddetti piani attuativi, non consente il rilascio del permesso di costruire (Cons. St. 16/01/2024, n. 534), che potrà infatti essere richiesto solo quando lo strumento attuativo sarà vigente, e verrà rilasciato solo se rispettoso delle ulteriori condizioni dal medesimo strumento attuativo stabilite.
Poiché pacificamente il progetto imprenditoriale era costituito dalla realizzazione e gestione di un albergo, e poiché la scelta è caduta su un terreno che all’epoca non poteva ritenersi direttamente edificabile, proprio perché mancavano i piani attuativi, e poiché ulteriormente la stessa società, nel corso di oltre un ventennio, non ha indicato alternative al progetto originario, deve ritenersi che la fattispecie in esame sia stata correttamente sussunta in quella di una società non operativa per impedimento non di carattere oggettivo, ma dipendente da una scelta imprenditoriale, quella cioè di acquisire un terreno privo di attuale edificabilità, in quanto soggetto all’adozione di strumenti attuativi di piano.
6. Il ricorso merita dunque accoglimento e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito dev’essere respinta la domanda introduttiva.
Le spese gravano sull’intimata soccombente.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge la domanda introduttiva.
Condanna l’intimata al pagamento delle spese che liquida in € 5.800,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024