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Società di comodo: stop al processo per accertamenti

La Corte di Cassazione ha emesso un’ordinanza interlocutoria in un caso riguardante una società di comodo. La controversia verteva sull’annullamento di un avviso di accertamento, giustificato dal fatto che l’inattività della società era dovuta al sequestro penale del suo unico bene immobile. Durante il giudizio di legittimità, i contribuenti hanno presentato istanza di definizione agevolata. A causa della scarsa chiarezza su quali soggetti avessero effettivamente definito la propria posizione, la Corte ha sospeso il procedimento, ordinando all’Agenzia delle Entrate di fornire informazioni dettagliate entro 90 giorni.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Comodo e Definizione Agevolata: la Cassazione Prende Tempo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione mette in luce come le procedure di definizione agevolata possano interferire con i giudizi tributari in corso, portando alla sospensione del processo. Il caso riguarda una presunta società di comodo, il cui contenzioso è stato temporaneamente fermato per fare chiarezza su quali contribuenti abbiano effettivamente sanato la propria posizione con il Fisco.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Amministrazione Finanziaria a una società immobiliare e ai suoi soci per l’anno d’imposta 2008. L’accertamento si basava sulla presunzione che l’azienda fosse una società di comodo, ovvero una società non operativa soggetta a un regime di tassazione su un reddito minimo presunto.

La società si era difesa sostenendo di trovarsi in una situazione oggettiva che le impediva di operare. Nello specifico, il suo unico e principale bene strumentale, un complesso immobiliare destinato a struttura turistica, era stato sottoposto a sequestro penale proprio nel 2008. L’immobile è stato dissequestrato solo nel 2013, rendendo impossibile per tutto quel periodo qualsiasi attività di ristrutturazione e utilizzo.

I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione alla società, annullando gli atti impositivi. La Commissione Tributaria Regionale aveva infatti riconosciuto che il sequestro costituiva una valida causa di forza maggiore, giustificando la mancata operatività e, di conseguenza, la non applicabilità della disciplina sulle società di comodo.

L’Amministrazione Finanziaria, non soddisfatta della decisione, ha proposto ricorso per Cassazione.

L’impatto della definizione agevolata sul processo

Durante il giudizio dinanzi alla Suprema Corte, è emerso un elemento nuovo: il difensore dei contribuenti (la società e i soci) ha depositato la documentazione relativa alla presentazione di una domanda di definizione agevolata delle liti pendenti, prevista da una legge del 2022.

Questo ha creato una situazione di incertezza. Dalla documentazione presentata, infatti, la Corte non è stata in grado di capire con chiarezza quali dei soggetti coinvolti avessero effettivamente definito la propria controversia. Non era chiaro se ad aderire fosse stata solo la società, alcuni dei soci, o tutti quanti.

Questa informazione è cruciale perché la definizione agevolata estingue il giudizio. Se solo alcuni dei controricorrenti avessero definito la loro posizione, il processo si sarebbe estinto solo per loro, proseguendo per gli altri.

Le Motivazioni della Corte

A fronte di questa incertezza, la Corte di Cassazione ha ritenuto di non poter decidere nel merito della questione originaria, ovvero se la società fosse o meno una società di comodo. Prima di procedere, è necessario risolvere la questione pregiudiziale relativa all’eventuale estinzione del giudizio.

Per questo motivo, con un’ordinanza interlocutoria, la Corte ha deciso di sospendere la causa. Ha assegnato all’Agenzia delle Entrate un termine di 90 giorni per fornire informazioni dettagliate e precise sull’identità dei soggetti che hanno perfezionato la definizione agevolata e, di conseguenza, per quali di essi la lite può considerarsi chiusa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza evidenzia un aspetto pratico di grande rilevanza: le procedure di sanatoria fiscale, come la definizione agevolata, hanno un impatto diretto e potenzialmente risolutivo sui contenziosi in corso. Tuttavia, è fondamentale che la documentazione presentata sia chiara e completa, per evitare di paralizzare il processo. La decisione finale sulla legittimità dell’accertamento per la società di comodo è quindi rimandata a data da destinarsi, in attesa che l’Amministrazione Finanziaria chiarisca chi ha saldato il proprio debito con il Fisco, mettendo fine alla rispettiva controversia.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito se l’azienda era una società di comodo?
La Corte non ha potuto decidere perché è emersa una questione procedurale prioritaria: la possibile estinzione del giudizio a seguito di una definizione agevolata. Era necessario prima chiarire quali contribuenti avessero aderito alla sanatoria, poiché ciò determina se il processo debba concludersi o proseguire.

Cosa ha ordinato la Corte di Cassazione?
Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha sospeso il giudizio e ha assegnato all’Agenzia delle Entrate un termine di 90 giorni per fornire informazioni precise su quali soggetti (la società e/o i singoli soci) hanno effettivamente definito la loro controversia tramite la procedura agevolata.

Qual era la difesa principale della società contro l’accusa di essere una società di comodo?
La società ha sostenuto di non poter essere considerata ‘di comodo’ perché la sua inattività non era volontaria, ma causata da un evento di forza maggiore: il sequestro penale del suo unico bene strumentale (un complesso immobiliare), che le ha impedito di svolgere qualsiasi attività economica per anni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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