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Società di comodo: quando si applica alle agricole?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4113/2025, ha chiarito che la disciplina sulle società di comodo si applica anche alle imprese agricole per le annualità antecedenti al 2012. La sola natura agricola dell’attività non è sufficiente a superare la presunzione legale di non operatività. Per vincere la presunzione, il contribuente deve fornire la prova di situazioni oggettive e straordinarie che hanno impedito il raggiungimento dei ricavi minimi. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva erroneamente escluso l’applicazione della normativa, rinviando la causa per un nuovo esame.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo: anche le imprese agricole sotto la lente del Fisco

La disciplina sulla società di comodo rappresenta uno strumento cruciale per l’Amministrazione Finanziaria nella lotta all’elusione fiscale. Ma cosa succede quando questa normativa viene applicata a settori con peculiarità uniche, come quello agricolo? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, stabilendo che la natura agricola di un’impresa non costituisce, di per sé, una causa di esclusione automatica dal regime delle società non operative, specialmente per le annualità precedenti a specifiche modifiche legislative.

I Fatti del Caso

Una società agricola a responsabilità limitata riceveva un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008. L’Agenzia delle Entrate, applicando la normativa sulle società di comodo (art. 30 della L. 724/1994), aveva determinato un maggior reddito d’impresa, con conseguente applicazione di maggiori imposte (IRES, IRAP), sanzioni e interessi. Secondo il Fisco, la società non aveva superato il cosiddetto ‘test di operatività’, ovvero non aveva dichiarato ricavi sufficienti rispetto al valore del proprio patrimonio.

La società impugnava l’atto, ma il ricorso veniva rigettato in primo grado. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, accogliendo l’appello della contribuente. I giudici di secondo grado ritenevano che la disciplina delle società di comodo non fosse applicabile alle imprese agricole, i cui ricavi sono intrinsecamente legati a fattori non standardizzabili, e consideravano applicabile una successiva disposizione che escludeva tali società dal regime.

L’Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione, contestando la violazione e falsa applicazione della normativa di riferimento.

La Disciplina delle Società di Comodo

La legge sulle società di comodo è stata introdotta per contrastare l’uso di strutture societarie come meri contenitori di beni (immobili, barche, ecc.) che non svolgono una reale attività economica, ma sono finalizzate al mero godimento personale dei soci o a ottenere vantaggi fiscali indebiti.

Il meccanismo si basa su una presunzione legale: se una società non raggiunge un livello minimo di ricavi, calcolato applicando specifici coefficienti al valore dei suoi beni patrimoniali, essa viene considerata ‘non operativa’ o ‘di comodo’. Questa qualifica comporta l’obbligo di dichiarare un reddito minimo presunto e altre conseguenze fiscali svantaggiose.

È importante sottolineare che si tratta di una presunzione relativa (iuris tantum). Ciò significa che il contribuente ha la facoltà di fornire la prova contraria per superarla.

Come Superare la Presunzione di una società di comodo?

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per vincere la presunzione di non operatività, il contribuente deve dimostrare l’esistenza di ‘situazioni oggettive di carattere straordinario’, indipendenti dalla sua volontà, che hanno reso impossibile il conseguimento del reddito presunto. Non è sufficiente addurre motivazioni generiche.

Nel caso specifico, la società contribuente si era limitata a eccepire la propria natura di impresa agricola. Secondo la Suprema Corte, questa circostanza, da sola, non basta. Riferimenti generici a fattori climatici o ambientali, senza una prova specifica del loro impatto straordinario sull’attività in un determinato anno, non sono idonei a superare la presunzione. Allo stesso modo, la presenza di un numero di dipendenti inferiore al minimo previsto dalla legge per l’esclusione automatica (10 unità per l’intero periodo di osservazione) non è stata ritenuta una prova sufficiente dell’effettiva operatività.

L’Irretroattività delle Norme di Favore

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda l’applicabilità ratione temporis delle norme. La Commissione Tributaria Regionale aveva fatto riferimento a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 2012 che escludeva le società agricole dal regime delle società di comodo.

Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che tale provvedimento ha efficacia solo a decorrere dal periodo d’imposta 2012 e non può essere applicato retroattivamente all’annualità oggetto di accertamento (2008). Per gli anni precedenti, quindi, la disciplina generale restava pienamente in vigore anche per le società agricole.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, basando la sua decisione su tre pilastri argomentativi.

In primo luogo, ha riaffermato che la normativa sulle società di comodo stabilisce parametri oggettivi e ben definiti. Il mancato superamento del test di operatività fonda una presunzione legale di non operatività che il contribuente deve attivamente superare.

In secondo luogo, ha specificato che la prova contraria deve consistere in elementi di fatto concreti e straordinari. La semplice qualifica di ‘impresa agricola’ non è sufficiente, poiché la variabilità tipica del settore non costituisce di per sé una circostanza straordinaria che impedisce il raggiungimento della soglia di ricavi. Era onere della società dimostrare, ad esempio, l’impatto di una specifica calamità naturale o di una crisi di mercato eccezionale che avesse compromesso la produzione e i ricavi in quell’anno specifico.

Infine, la Corte ha applicato il principio di irretroattività della legge, stabilendo che il provvedimento del 2012, che ha introdotto una disapplicazione automatica per le società agricole, non poteva avere effetti sul passato. Di conseguenza, per l’anno 2008, la società era soggetta alle regole ordinarie e avrebbe dovuto fornire la prova contraria secondo i criteri generali.

Le Conclusioni

La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, che dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi enunciati dalla Cassazione. Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono significative: le imprese agricole non godono di un’immunità automatica dalla disciplina delle società di comodo per i periodi d’imposta antecedenti al 2012. Per evitare accertamenti fiscali, devono essere in grado di dimostrare, con prove concrete e specifiche, l’esistenza di circostanze oggettive e straordinarie che giustifichino il mancato raggiungimento delle soglie di ricavo previste dalla legge. Un monito importante sulla necessità di una documentazione puntuale e di una difesa ben argomentata in sede contenziosa.

Una società agricola può essere considerata una ‘società di comodo’?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, per i periodi d’imposta antecedenti al 2012, anche una società agricola poteva essere considerata ‘di comodo’ se non superava il test di operatività previsto dalla legge, ossia se non dichiarava ricavi adeguati rispetto al valore dei suoi beni.

Come può una società agricola dimostrare di non essere una ‘società di comodo’?
Deve fornire la prova contraria, dimostrando l’esistenza di ‘situazioni oggettive di carattere straordinario’, indipendenti dalla sua volontà, che le hanno impedito di raggiungere la soglia minima di ricavi. Non è sufficiente affermare genericamente la propria natura agricola o fare riferimento a fattori climatici non specificati.

La normativa che esclude le società agricole dal regime delle società di comodo è retroattiva?
No. La Corte ha stabilito che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 2012, che ha introdotto la disapplicazione automatica per le società agricole, non ha efficacia retroattiva. Pertanto, non si applica ai periodi d’imposta precedenti, come il 2008, che era oggetto del contenzioso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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