Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5101 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5101 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14268/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CATANZARO n. 3110/2018 depositata il 5 ottobre 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Co: NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante della RAGIONE_SOCIALE, era attinta da avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008 ai fini Ires ed Iva. Più in particolare, dalla compilazione del Modello unico 2009 per l’anno d’imposta 2008 risultava che la società era nelle condizioni RAGIONE_SOCIALE società non operative o ‘di comodo’ di cui all’articolo 30 della legge n. 724 del 1994 e non aveva presentato alcun interpello disapplicativo per sottrarsi alla presunzione di reddito che ne sarebbe conseguita. Donde l’Ufficio ricostruiva il reddito presunto, negava il credito Iva esposto per 71.405 euro di cui 60.000 richiesti ed ottenuti a rimborso, anche sulla scorta che la società risultava non operativa nei periodi di imposta 2006, 2007 e 2008.
Reagiva la società contribuente proponendo istanza di annullamento in autotutela che veniva rigettata, donde adiva il giudice di prossimità sollevando plurime censure procedimentali e sostanziali, tra cui, per quanto maggiormente interessa il prosieguo del giudizio, la circostanza di essere incorsa nell’impossibilità di procedere per forza maggiore riferibile all’ordine di sospensione dei lavori RAGIONE_SOCIALE Autorità amministrative relative al permesso di costruire di una piccola centrale idroelettrica in agro calabro.
Le difese dell’Ufficio si incentravano sulla necessità di presentare l’interpello disapplicativo al fine di sottrarsi alle presunzioni di legge per la ricostruzione induttiva del reddito, al che la contribuente produceva istanza di appello disapplicativo, ma presentata per l’anno d’imposta 2013, da cui deduceva un avvallo implicito dell’Amministrazione finanziaria anche per l’anno 2008,
ove le circostanze di fatto, cioè la predetta impossibilità giuridica alla realizzazione della centrale idroelettrica, erano le stesse.
Il collegio di primo grado apprezzava le ragioni della contribuente, donde scaturiva appello dell’RAGIONE_SOCIALE che veniva rigettato con la sentenza qui in scrutinio di cui chiede l’annullamento l’Amministrazione finanziaria per il tramite del suo patrono ex lege affidandosi ad un unico motivo, cui reagisce con tempestivo controricorso la società contribuente.
CONSIDERATO
Con l’unico motivo di ricorso si prospetta censura ex articolo 360 numero 3 codice di procedura civile per violazione dell’articolo 30 della legge numero 724 del 1994, come modificato dalla legge numero 248 del 2006, nonché violazione dell’articolo 2697 del codice civile.
In sostanza il patrono erariale rammenta come la novellazione del 2006 abbia individuato il cosiddetto interpello disapplicativo quale unico rimedio per dimostrare le obiettive situazioni che hanno determinato l’impossibilità di conseguire per la società l’ammontare minimo di ricavi, di incrementi RAGIONE_SOCIALE rimanenze o di proventi, nonché del reddito previsto dal primo comma dell’articolo 30 della citata legge numero 724 del 1994. Poiché l’interpello non è stato presentato per l’anno d’imposta 2008 e la sua presentazione per l’anno d’imposta 2013 non può valere a sanare l’obiettiva mancanza, si lamenta come i giudici di merito non abbiano considerato le eccezioni dell’Ufficio tese a paralizzare il ricorso di parte privata mediante detto profilo pregiudiziale di rito.
In subordine, con lo stesso motivo, relativamente alla violazione del sistema sul riparto dell’onere della prova, la parte pubblica lamenta che i motivi addotti dalla società contribuente non possano integrare l’impossibilità oggettiva, così come dalle sanzioni previste per la società di comodo. Ed infatti, le difficoltà burocratiche sopravvenute non integrano la fattispecie
dell’impossibilità oggettiva, semmai concretandosi in difficoltà al raggiungimento dello scopo.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Per un verso ormai questa Corte ha raggiunto un consolidato orientamento nel ritenere che la presentazione dell’interpello disapplicativo non sia condizione di procedibilità per l’accesso alla giustizia.
Ed infatti, in tema di società di comodo, l’interpello disapplicativo conseguente al mancato superamento del test di operatività previsto dall’art. 30 della l. n. 724 del 1994 (vigente “ratione temporis”), non presenta natura di una condizione di procedibilità e di limitazione della tutela giurisdizionale del contribuente, né comporta l’elisione della facoltà, per quest’ultimo, di superare la presunzione legale di non operatività sancita dal primo comma della disposizione citata, assumendo all’uopo rilievo i principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), per effetto dei quali non è impedito al contribuente sia di discostarsi dalla risposta negativa all’interpello resa dalla Amministrazione senza doverla necessariamente impugnare per evitarne la cristallizzazione, potendo comunque impugnare gli atti successivi di applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni antielusive – sia di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell’atto tipico impositivo che gli venga successivamente notificato, dimostrando in tale sede, senza preclusioni di sorta, la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva (cfr. Cass. V, n. 28251/2021). Ne deriva che bene hanno fatto i collegi di merito a consentire l’accesso alla giustizia e scrutinare il merito della vicenda, mentre va ricordato, in limine , che la sentenza citata dal patrono erariale n. 16331/2014 non riguarda l’interpello disapplicativo per le c.d. società di comodo, bensì l’interpello amministrativo tout court .
Peraltro verso, il collegio d’appello ha ritenuto provata la forza maggiore e trattasi di un profilo che è sindacabile avanti questa Corte di legittimità tramite lo strumento della violazione di legge di cui all’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile, qui validamente sollevato.
Ed infatti, è stato affermato che in tema di società non operative, il contribuente può superare la presunzione relativa di non operatività di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994, dando prova dell’esistenza di situazioni oggettive, indipendenti dalla sua volontà, di carattere straordinario e da valutarsi in relazione alle effettive condizioni del mercato; l’affermazione, da parte del giudice di merito, dell’idoneità o meno dei fatti accertati, ove incontroversi, ad integrare siffatta ipotesi può essere oggetto di sindacato in sede di legittimità, per vizio cd. di sussunzione, riconducibile al paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. (cfr. Cass. T., n. 13328/2023).
Ora, gli adempimenti amministrativi richiesti, successivi ed integrativi al permesso di costruire rilasciato e che ha consentito l’inizio dei lavori, non sono automaticamente da considerarsi atto di forza maggiore o impossibilità oggettiva al conseguimento del reddito minimo oppure degli altri indicatori che escludono il carattere fittizio (‘di comodo’) di una società, quale l’incremento patrimoniale (realizzazione della centrale idroelettrica).
Si tratta di un evento che incide sulla volontà imprenditoriale, ma di cui dev’essere provato l’invincibile condizionamento piuttosto che un libero bilanciamento di convenienza economica.
Ed infatti, in tema di società di comodo, la presunzione relativa di non operatività, prevista dall’art. 30 della l. n. 724 del 1994, può essere superata dal contribuente mediante la prova dell’esistenza di situazioni oggettive, di carattere straordinario, da valutarsi non in termini assoluti, bensì economici, in quanto inerenti alle effettive condizioni del mercato, idonee a dimostrare l’erroneità dell’esito
quantitativo del test di operatività, ovvero dimostrando la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale e, dunque, l’operatività reale della società (cfr. Cass. V, n. 16472/2022; cfr. amplius , Cass. V, n. 36365/2021; n. 4019/2019.
Donde il motivo è fondato e la sentenza dev’essere cassata con rinvio al giudice di merito, perché accerti questo profilo di impossibilità oggettiva ovvero la mera difficoltà imprenditoriale della sopravvenuta circostanza che ha imposto la sospensione dei lavori, condizionandone la ripresa ad alcuni adempimenti amministrativi.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la Calabria -Catanzaro in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 25/01/2024.