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Società di comodo: prova dell’inoperatività in giudizio

Una società, ritenuta ‘società di comodo’ dal Fisco per il 2008, ha impugnato l’avviso di accertamento sostenendo di essere stata impossibilitata a operare a causa della sospensione dei lavori per la costruzione di una centrale idroelettrica. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 5101/2024, ha stabilito due principi fondamentali: primo, il contribuente può sempre difendersi in giudizio anche senza aver presentato l’interpello disapplicativo. Secondo, le difficoltà burocratiche non costituiscono automaticamente una causa di forza maggiore. La Corte ha cassato la sentenza precedente, rinviando il caso al giudice di merito per accertare se le difficoltà incontrate dall’azienda costituissero una reale impossibilità oggettiva o una mera difficoltà imprenditoriale.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Comodo: la Prova dell’Impossibilità Oggettiva si Dà in Tribunale

La disciplina sulla società di comodo rappresenta da sempre un terreno di scontro tra Fisco e contribuente. Con l’ordinanza n. 5101 del 26 febbraio 2024, la Corte di Cassazione è tornata su un tema cruciale: quali prove può fornire un’impresa per dimostrare di non essere una società ‘di comodo’ e se la mancata presentazione dell’interpello disapplicativo le impedisca di difendersi in giudizio. La risposta della Corte offre importanti chiarimenti sulla distinzione tra impossibilità oggettiva e semplice difficoltà imprenditoriale.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore delle energie rinnovabili veniva attinta da un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008. L’Agenzia delle Entrate, analizzando il Modello Unico, contestava alla società lo status di non operatività ai sensi dell’art. 30 della Legge n. 724/1994, non avendo essa raggiunto i ricavi minimi presunti dalla norma. Di conseguenza, l’Ufficio procedeva a rideterminare il reddito e a negare un cospicuo credito IVA.

La società si opponeva, sostenendo di essere incorsa in una causa di forza maggiore: un ordine di sospensione dei lavori emesso dalle autorità amministrative aveva bloccato la costruzione di una piccola centrale idroelettrica, impedendole di fatto di produrre reddito. Elemento chiave del dibattito era il fatto che l’impresa non avesse presentato per l’anno 2008 l’apposito interpello disapplicativo, strumento previsto per chiedere al Fisco di non applicare la normativa sulle società non operative in presenza di valide ragioni oggettive.

La Questione sulla Prova della non Operatività di una Società di Comodo

Il cuore della controversia ruotava attorno a due questioni principali:
1. La mancata presentazione dell’interpello disapplicativo costituisce una barriera insormontabile che impedisce al contribuente di difendersi in sede di contenzioso?
2. Un ostacolo di natura burocratica, come la sospensione di un permesso di costruire, può essere considerato una causa di ‘impossibilità oggettiva’ tale da giustificare la non operatività?

I giudici di merito avevano dato ragione alla società, ma l’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione, insistendo sulla necessità dell’interpello e sostenendo che le difficoltà burocratiche rientrassero nel normale rischio d’impresa.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza precedente e rinviando la causa a un nuovo esame. Le motivazioni della decisione sono di fondamentale importanza e tracciano una linea netta.

Accesso alla Giustizia Sempre Garantito

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la presentazione dell’interpello disapplicativo non è una condizione di procedibilità per l’accesso alla giustizia. Il contribuente ha sempre il diritto di contestare un avviso di accertamento davanti a un giudice e, in quella sede, dimostrare ‘senza preclusioni di sorta’ l’esistenza di quelle condizioni oggettive che giustificano la disapplicazione della norma antielusiva. Questa facoltà discende direttamente dai principi costituzionali di tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.).

Differenza tra Impossibilità Oggettiva e Difficoltà Imprenditoriale

Il punto cruciale, tuttavia, riguarda la natura della prova. La Corte ha specificato che non ogni ostacolo è una causa di forza maggiore. Gli adempimenti amministrativi, anche se complessi e causa di ritardi, non sono ‘automaticamente’ da considerarsi come un’impossibilità oggettiva di conseguire il reddito minimo. Essi possono incidere sulla volontà imprenditoriale, ma non la paralizzano necessariamente.

Per superare la presunzione di società di comodo, il contribuente deve provare l’esistenza di un ‘invincibile condizionamento’ e non un semplice ‘libero bilanciamento di convenienza economica’. In altre parole, deve dimostrare che l’impedimento era così straordinario e insormontabile da rendere oggettivamente impossibile l’operatività, e non solo più difficile o meno conveniente. Il giudice di merito, secondo la Cassazione, deve quindi accertare se la sospensione dei lavori abbia rappresentato una mera difficoltà o una vera e propria impossibilità oggettiva.

Conclusioni

L’ordinanza chiarisce che le porte del tribunale sono sempre aperte per le imprese ritenute ingiustamente ‘di comodo’, anche se non hanno preventivamente interpellato il Fisco. Tuttavia, la battaglia in aula si gioca sulla qualità della prova. Non basta invocare generiche difficoltà burocratiche o ritardi amministrativi. È necessario fornire una dimostrazione rigorosa che le circostanze esterne abbiano creato un ostacolo insuperabile, indipendente dalla volontà dell’imprenditore e tale da rendere inesigibile il raggiungimento dei parametri di operatività. Questa pronuncia serve da monito per le imprese: documentare con precisione ogni impedimento è essenziale per poter, un giorno, superare la presunzione legale di non operatività.

La presentazione dell’interpello disapplicativo è obbligatoria per difendersi in giudizio dall’accertamento di società di comodo?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la mancata presentazione dell’interpello non preclude l’accesso alla giustizia. Il contribuente può dimostrare in sede giurisdizionale l’esistenza delle condizioni oggettive per la disapplicazione della normativa.

Un ordine di sospensione dei lavori da parte di un’autorità amministrativa costituisce automaticamente una causa di forza maggiore per una società?
No, non automaticamente. Secondo la Corte, gli adempimenti amministrativi e le difficoltà burocratiche non integrano di per sé una causa di forza maggiore o di impossibilità oggettiva. È necessario provare che l’evento ha creato un ‘invincibile condizionamento’ e non una semplice difficoltà imprenditoriale.

Quale tipo di prova deve fornire un’impresa per superare la presunzione di non operatività?
L’impresa deve provare l’esistenza di situazioni oggettive, di carattere straordinario e indipendenti dalla sua volontà, da valutarsi in base alle effettive condizioni del mercato, che siano idonee a dimostrare l’erroneità della presunzione legale. Deve quindi dimostrare l’esistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro, o l’impossibilità oggettiva di realizzarla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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