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Società di comodo: Pignoramento e disapplicazione

Una società con l’intero patrimonio immobiliare sottoposto a pignoramento contesta la sua classificazione come ‘società di comodo’. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30607/2024, stabilisce che il pignoramento non consente la disapplicazione automatica delle norme, ma può costituire una ‘situazione oggettiva’ che giustifica l’esclusione se il contribuente prova l’impossibilità di produrre il reddito minimo. Le sentenze di merito sono state annullate per motivazione inadeguata.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo: il pignoramento può giustificare la disapplicazione?

La disciplina sulla società di comodo rappresenta uno strumento cruciale per l’amministrazione finanziaria nella lotta all’elusione fiscale. Ma cosa accade quando una società, pur non essendo formalmente in liquidazione, si trova nell’oggettiva impossibilità di operare a causa del pignoramento del suo intero patrimonio immobiliare? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 30607 del 2024, interviene per fare chiarezza, tracciando una linea netta tra disapplicazione automatica e prova di una situazione oggettiva impeditiva.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata, il cui patrimonio era interamente costituito da beni immobili, si è vista contestare dall’Agenzia delle Entrate la qualifica di società di comodo per tre diverse annualità d’imposta. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che, sebbene la società fosse tornata in bonis dopo un periodo di liquidazione, tutti i suoi immobili erano stati sottoposti a pignoramento da parte di creditori terzi, con la nomina di un custode giudiziario per la loro gestione finalizzata alla vendita all’asta. La società sosteneva che tale condizione impedisse oggettivamente il raggiungimento dei ricavi minimi previsti dalla legge, chiedendo quindi la disapplicazione della relativa disciplina fiscale. Le decisioni dei giudici di merito erano state contrastanti, portando la questione dinanzi alla Suprema Corte.

La Disciplina della Società di Comodo e le Vie d’Uscita

La normativa sulle società di comodo (art. 30 della Legge n. 724/1994) presume che una società sia non operativa se non supera un “test di operatività”, ovvero se i suoi ricavi effettivi sono inferiori a un importo minimo calcolato applicando determinati coefficienti al valore dei suoi beni patrimoniali. In tal caso, il reddito viene determinato forfettariamente, con un carico fiscale spesso molto più oneroso.

Il legislatore ha previsto due principali vie per sfuggire a questa presunzione:

1. Disapplicazione automatica (comma 4-ter): Opera per specifiche situazioni elencate in un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (es. società in fallimento, in liquidazione, sottoposte a sequestro penale). L’elenco è tassativo e non ammette interpretazioni estensive.
2. Prova di situazioni oggettive (comma 4-bis): Il contribuente può dimostrare, con onere della prova a suo carico, l’esistenza di “oggettive situazioni” che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi presunti. Questa via richiede una valutazione caso per caso.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle Società di Comodo

La Suprema Corte ha affrontato la questione sotto un duplice profilo, giungendo a conclusioni di grande rilevanza pratica.

In primo luogo, ha escluso categoricamente che il pignoramento immobiliare possa essere equiparato alle fattispecie che danno diritto alla disapplicazione automatica. I giudici hanno sottolineato che il sequestro penale o la confisca, inclusi nell’elenco, sono ontologicamente diversi dal pignoramento civile. L’elenco delle cause di esclusione automatica è chiuso e non può essere interpretato analogicamente.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Corte ha affermato che il pignoramento dell’intero patrimonio può certamente costituire quella “oggettiva situazione” che, ai sensi del comma 4-bis, impedisce il raggiungimento della soglia di operatività. Tuttavia, non basta semplicemente allegare l’esistenza del pignoramento. Spetta alla società fornire la prova concreta, in termini economici, di come tale vincolo abbia impedito la produzione di reddito. I giudici di merito avevano completamente fallito in questa analisi, fornendo motivazioni apparenti o incomprensibili. Per questo motivo, la Cassazione ha annullato le sentenze impugnate, rinviando la causa per un nuovo esame che valuti adeguatamente le prove fornite dal contribuente.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha censurato pesantemente l’operato dei giudici di secondo grado, le cui motivazioni sono state definite “incomprensibili” e “meramente apparenti”. In un caso, i giudici avevano erroneamente basato la decisione sul ritorno in bonis della società, ignorando completamente la questione centrale del pignoramento. In un altro, si erano limitati a definire il pignoramento una “normale opposizione della società ad alcuni crediti vantati da terzi”, una valutazione superficiale che non coglieva la portata paralizzante di un vincolo esecutivo sull’intero patrimonio. La Corte ha ribadito che l’analisi non deve essere formalistica, ma deve entrare nel merito della situazione economica, verificando se, in concreto, la società avesse la possibilità di gestire i propri beni per produrre reddito o se il pignoramento e la gestione del custode glielo avessero di fatto impedito.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio fondamentale: il pignoramento dell’intero patrimonio sociale non è una causa di esclusione automatica dalla disciplina delle società di comodo, ma può costituire una valida causa di disapplicazione se il contribuente assolve al proprio onere probatorio. Le aziende che si trovano in questa difficile situazione devono quindi prepararsi a dimostrare in modo documentato e puntuale l’impatto economico del vincolo esecutivo sulla propria capacità di generare ricavi. Per i giudici, d’altro canto, emerge l’obbligo di non fermarsi a valutazioni formali, ma di condurre un’analisi sostanziale e approfondita delle circostanze oggettive che impediscono a una società di essere operativa.

Il pignoramento di tutti i beni immobiliari di una società consente la disapplicazione automatica della disciplina sulle società di comodo?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il pignoramento immobiliare non rientra tra le fattispecie tassativamente previste per la disapplicazione automatica, le quali non possono essere interpretate in modo estensivo o analogico.

Una società con il patrimonio pignorato può comunque evitare di essere considerata una società di comodo?
Sì, può farlo dimostrando, con onere della prova a suo carico, che il pignoramento costituisce una ‘situazione oggettiva’ che ha reso impossibile il conseguimento dei ricavi e del reddito minimi presunti dalla legge (ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, L. 724/1994).

Qual era il vizio principale delle sentenze di merito annullate dalla Cassazione?
Il vizio principale era la motivazione del tutto inadeguata, apparente e contraddittoria. Le sentenze non avevano analizzato nel concreto se la situazione di pignoramento totale avesse effettivamente impedito alla società di operare e produrre reddito, limitandosi a considerazioni formali e non pertinenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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