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Società di comodo: no contraddittorio preventivo

La Corte di Cassazione ha stabilito che per l’accertamento fiscale nei confronti di una società di comodo non è necessario un contraddittorio preventivo avviato dall’Agenzia delle Entrate. La procedura di tutela per il contribuente è l’interpello disapplicativo, un’istanza che deve essere presentata dal contribuente stesso. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva annullato gli avvisi di accertamento per la mancata attivazione del contraddittorio da parte dell’Ufficio.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo e contraddittorio: la Cassazione fa chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale per le imprese: la disciplina fiscale della società di comodo e la necessità del contraddittorio preventivo. Con la decisione in commento, la Suprema Corte ha chiarito che l’Agenzia delle Entrate non è obbligata ad avviare un contraddittorio prima di emettere un avviso di accertamento basato sulla presunzione di non operatività. La palla, per così dire, passa al contribuente.

I fatti del caso

Una società agricola, ritenendo di non rientrare nei presupposti della disciplina delle società di comodo, aveva chiesto all’Agenzia delle Entrate la disapplicazione di tale normativa per gli anni d’imposta 2008 e 2009. Nonostante l’Ufficio avesse notificato un provvedimento di diniego, la società aveva dichiarato un reddito inferiore a quello minimo presunto per legge. Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria emetteva due avvisi di accertamento per Ires e Irap, recuperando a tassazione il maggior reddito.

La società impugnava gli atti impositivi, ottenendo ragione sia in primo che in secondo grado. I giudici di merito, infatti, annullavano gli accertamenti rilevando la mancata attivazione del contraddittorio preventivo da parte dell’Ufficio. L’Agenzia delle Entrate proponeva quindi ricorso per cassazione.

La disciplina del contraddittorio per le società di comodo

Il cuore della questione giuridica verte sull’obbligatorietà o meno del contraddittorio preventivo nell’ambito degli accertamenti sulle società di comodo. La Corte di Cassazione ha analizzato l’evoluzione normativa in materia, evidenziando una modifica sostanziale nell’approccio del legislatore.

In passato, la legge prevedeva che l’accertamento fosse preceduto, a pena di nullità, da una richiesta di chiarimenti al contribuente. Questo meccanismo imponeva all’Ufficio un ruolo attivo nell’instaurare il dialogo.

Tuttavia, le riforme legislative successive hanno abrogato tale disposizione, sostituendola con un diverso strumento a tutela del contribuente: l’interpello disapplicativo. Secondo la normativa vigente (art. 30, comma 4-bis, L. 724/1994, che richiama l’art. 37-bis, comma 8, D.P.R. 600/1973), il contribuente che si trova in oggettive situazioni straordinarie può chiedere preventivamente all’Agenzia delle Entrate di non applicare le disposizioni antielusive, incluse quelle sulle società di comodo.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha affermato che la modifica normativa ha ridisegnato le modalità del contraddittorio procedimentale. L’attuale sistema non prevede più un contraddittorio obbligatorio avviato d’ufficio, ma una procedura che si attiva su iniziativa del contribuente tramite l’istanza di interpello.

La Corte chiarisce che l’interpello stesso costituisce “una forma tipica di contraddittorio endoprocedimentale” che garantisce al contribuente la possibilità di esporre le proprie ragioni. Pertanto, non si può affermare che il contraddittorio sia stato disatteso se l’Ufficio non avvia un’ulteriore e distinta procedura di dialogo. La società che vuole sfuggire alla presunzione di non operatività ha la facoltà (non l’obbligo) di avviare la procedura di disapplicazione; in caso contrario, resta esposta all’accertamento ex lege, fatta salva la possibilità di fornire la prova contraria in giudizio.

Inoltre, i giudici hanno ribadito un principio più generale: per i tributi non armonizzati a livello europeo, come IRES e IRAP, un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo non è rinvenibile nella legislazione nazionale, ma sussiste solo nelle ipotesi in cui sia specificamente sancito dalla legge.

Conclusioni

L’ordinanza consolida un orientamento fondamentale in materia di accertamento sulle società di comodo. La decisione sposta l’onere dell’iniziativa dal Fisco al contribuente. Le imprese che ritengono di non rientrare nella categoria delle società non operative, pur avendone i requisiti formali, devono agire proattivamente presentando un’istanza di interpello per evitare l’applicazione del regime fiscale penalizzante. Attendere passivamente un invito al dialogo da parte dell’Agenzia delle Entrate non è una strategia vincente, poiché, come chiarito dalla Cassazione, tale invito non è più un requisito di validità dell’accertamento.

È sempre obbligatorio il contraddittorio preventivo prima di un accertamento su una società di comodo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la procedura di contraddittorio per le società di comodo si attiva su iniziativa del contribuente attraverso l’istanza di interpello disapplicativo. L’Agenzia delle Entrate non è obbligata ad avviare d’ufficio un autonomo procedimento di contraddittorio prima dell’accertamento.

Cosa succede se l’Agenzia delle Entrate risponde in ritardo all’interpello del contribuente?
Il mancato rispetto del termine per la risposta all’interpello disapplicativo non determina la preclusione per l’ufficio di procedere con l’accertamento. La normativa, in questo caso, non prevede un’ipotesi di silenzio-assenso che equivalga all’accoglimento della richiesta del contribuente.

L’obbligo generale di contraddittorio preventivo si applica a tutti i tributi?
No. La Corte ha ribadito che per i tributi non armonizzati a livello europeo, come l’Ires e l’Irap, un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale non è previsto dalla legislazione nazionale. Tale obbligo sussiste solo per le ipotesi in cui sia specificamente sancito da una norma di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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