Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7610 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7610 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27872/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE I MILANO
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA n. 1839/2017 depositata il 26/04/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia ( hinc: CTR), con sentenza n. 1839/2017 depositata in data 26/04/2017, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 5758/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, dichiarando legittimo il diniego di rimborso IVA contestato dalla contribuente.
1.1. Il contenzioso ha origine dall’atto di assegnazione alla sig.ra COGNOME del credito di Euro 94.559 da parte della società RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE c. in liquidazione, avvenuto in data 19/12/2007. In data 23/09/2013 la sig.ra COGNOME ha presentato istanza di rimborso e, in data 10/10/2014, a seguito del mancato riscontro di tale istanza, ha proposto ricorso, con richiesta di disporre il rimborso dell’IVA e di condannare l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di giudizio. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto il ricorso della contribuente.
La CTR, diversamente, ha rilevato che l’art. 35, comma 15, d.l. n. 223 del 2006, modificativo del regime delle cd. società di comodo
previsto nell’art. 30 legge n. 724 del 1994, ha stabilito che, ai fini della corretta individuazione degli importi da confrontare per stabilire l’operatività o meno della società, i ricavi, i proventi e i valori dei beni e delle immobilizzazioni devono essere assunti sulla base delle risultanze medie dell’esercizio in corso e dei due precedenti. Se da tale confronto risulta che i ricavi presunti sono superiori, ci si trova in presenza di una società di comodo, per cui occorre dichiarare il reddito imponibil e al minimo. L’art. 30 legge n. 724 del 1994 ha, poi, confermato l’impossibilità di chiedere il rimborso del credito IVA e di cedere o di utilizzare in compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 241 del 1997, l’IVA a credito risultante dalla dichiarazione IVA in caso di società non operativa. Nel caso di specie la società RAGIONE_SOCIALE negli anni d’imposta 2005, 2006 e 2007 non ha compiuto operazioni attive ai fini IVA e per l’anno 2007 non ha presentato alcuna dichiarazione ai fini IVA.
Contro la sentenza della CTR la sig.ra NOME COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
…
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. per carenza assoluta di motivazione, nonché la violazione e la falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, d.lgs. 31/10/1992, n. 546 e la violazione dell’art. 111 Cost.
1.1. Ad avviso della ricorrente nel caso di specie non sono individuabili né i fatti rilevanti, né il criterio logico usato per pervenire alla loro valutazione. Quanto rilevato consegue all’errore pregiudiziale rappresentato dal mancato rilievo dei presupposti
fondanti le società di comodo nella compagine di cui faceva parte la ricorrente.
1.2. Il motivo è infondato. Secondo un consolidato orientamento di questa Corte: « Ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture.(Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto affetta da tale vizio la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile l’appello perché tardivo, senza indicare la documentazione esaminata e la valenza probatoria della stessa ai fini della decisione assunta). » (Cass., 23/05/2019, n. 13977).
Per considerare una motivazione apparente non basta che la decisione e le argomentazioni poste a suo fondamento non siano condivise dalla parte soccombente, essendo sufficiente che il giudice indichi le ragioni e gli elementi ritenuti dirimenti ai fini della decisione. Nel caso di specie, la sinteticità della motivazione rende, tuttavia, possibile individuare sia il parametro normativo prescelto dal giudice di merito per la decisione, così come la ricostruzione della fattispecie concreta e i motivi della qualificazione della società che ha ceduto il credito IVA come società di comodo.
Con il secondo motivo è stata contestata l’illogicità, la contraddittorietà e infondatezza della sentenza impugnata ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., per errato e inconferente richiamo all’art. 30 legge n. 724 del 1994 e la legittimità della presc rizione decennale.
2.1. La ricorrente rileva che, mentre la sentenza di primo grado aveva escluso che nel caso di specie si trattasse di una società di comodo, dal momento che la società – costituita in data 24/11/2005 e posta in liquidazione in data 28/05/2007 -era stata operativa per un periodo inferiore a tre anni, la CTR, seguendo la prospettazione dell’amministrazione finanziaria, aveva argomentato la propria decisione partendo da un presupposto errato, ritenendo che la ricorrente potesse essere qualificabile come società di comodo. Rileva, inoltre, che ai sensi dell’art. 30, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, il contribuente che ha cessato l’attività rilevando un credito IVA, senza limiti di importo, ha diritto a chiederne il rimborso.
2.2. La ricorrente rileva, inoltre, di aver pienamente rispettato la procedura prevista dalla normativa vigente e il termine di prescrizione.
2.3. Passando all’esame del motivo occorre evidenziare che, nonostante il riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. contenuto nell’enunciazione del secondo motivo di ricorso, l’illustrazione dei contenuti del motivo si incentra, in realtà, in una censura inerente alla violazione di legge ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Secondo questa Corte, infatti, l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass., 07/11/2017, n. 26310).
2.4. Ciò premesso, il secondo motivo di ricorso è fondato: la sentenza impugnata è errata, laddove calcola il triennio con riferimento all’anno d’imposta, in quanto l’art. 30 cit. fa riferimento agli esercizi sociali e occorre tener conto del principio di annualità dell’esercizio sociale ( arg. ex artt. 2217 e 2364 c.c.). Era, quindi,
onere del giudice di seconde cure accertare, in concreto, le decorrenze dell’esercizio sociale fissate nello statuto, anche in relazione al principio di annualità appena evocato.
Questa Corte ha, infatti, recentemente precisato che: « In tema di società di comodo, il periodo di osservazione dei ricavi e dei proventi nonché dei valori dei beni e delle immobilizzazioni, ai fini dell’applicazione del test di operatività previsto dall’art. 30, comma 1, primo periodo, della l. n. 724 del 1994, ricomprende l’esercizio relativo al periodo d’imposta in verifica ed i due precedenti, per come previsto dal successivo comma 2; ne consegue che – quando il test predetto e la connessa presunzione di un reddito minimo imponibile, stabilita in caso di suo mancato superamento dai successivi commi 3 e 3-bis del citato articolo, non sono applicabili nei confronti delle società e degli enti per non avere chiuso almeno due esercizi anteriormente a quello oggetto di accertamento – l’Amministrazione finanziaria è tenuta a provare l’eventuale non operatività di tali soggetti senza potersi avvalersi del descritto meccanismo presuntivo legale » (Cass., 26/12/2024, n. 34472).
2.5. Occorre, infine, rilevare che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza 07/03/2024, (C-341/22, RAGIONE_SOCIALE San RAGIONE_SOCIALE ), ha stabilito in sede pregiudiziale che: 1) l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunga la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale
persona dispone; 2) l’articolo 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle (sul punto v. anche Cass., 06/08/2024, n. 22249; Cass., 11/09/2024, n. 24442).
Deve essere, pertanto, accolto il secondo motivo di ricorso, mentre deve essere rigettato il primo motivo.
La sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e rigetta il primo motivo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 30/01/2025.