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Società di comodo: no al diniego rimborso IVA

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24176/2024, ha stabilito che la normativa italiana sulle società di comodo non può prevalere sui principi del diritto europeo in materia di IVA. Il caso riguardava una società immobiliare che si era vista negare un rimborso IVA a seguito dell’acquisto di un immobile da ristrutturare, poiché non aveva superato il “test di operatività”. La Corte, richiamando una pronuncia della Corte di Giustizia UE, ha affermato che il diritto alla detrazione IVA non può essere negato sulla base di una presunzione legale legata a soglie di reddito, se la società dimostra di esercitare un’effettiva attività economica, anche se in fase preparatoria. Di conseguenza, la normativa nazionale è stata disapplicata e il diritto al rimborso della società è stato confermato.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo: la Cassazione allinea la normativa nazionale al diritto UE sul rimborso IVA

Con una recente e fondamentale sentenza, la Corte di Cassazione ha stabilito che la disciplina italiana sulla società di comodo non può limitare il diritto alla detrazione e al rimborso dell’IVA quando esiste un’effettiva attività economica. Questa decisione, allineandosi a un precedente della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, rappresenta una vittoria per il principio di neutralità dell’imposta e offre maggiore tutela alle imprese, specialmente quelle in fase di avviamento o di ristrutturazione.

I fatti del caso: un progetto imprenditoriale bloccato

Una società immobiliare aveva acquistato un immobile grezzo con l’intento di ristrutturarlo e adibirlo a sala cinematografica. Sull’acquisto, aveva regolarmente versato l’IVA. Successivamente, aveva richiesto il rimborso del credito IVA maturato, ma l’Amministrazione Finanziaria aveva respinto la richiesta. La motivazione del diniego risiedeva nel fatto che la società era stata classificata come “non operativa” o società di comodo, poiché non aveva superato il cosiddetto “test di operatività” previsto dall’art. 30 della legge n. 724/1994, non avendo prodotto ricavi sufficienti nell’anno di imposta.

La controversia sulla natura di società di comodo

La società contribuente aveva impugnato il diniego, sostenendo che esistevano situazioni oggettive che le impedivano di produrre ricavi. L’immobile era ancora in corso di realizzazione, e l’avvio dell’attività commerciale dipendeva da tempi tecnici di completamento e dal rilascio di autorizzazioni amministrative. Mentre la Commissione Tributaria di primo grado aveva dato torto alla società, la Commissione Tributaria Regionale aveva accolto l’appello, riconoscendo la legittimità del rimborso. L’Amministrazione Finanziaria, non soddisfatta, ha quindi proposto ricorso per cassazione.

L’intervento della Corte di Giustizia Europea e il principio di neutralità dell’IVA

Il punto di svolta della vicenda è il richiamo, da parte della Cassazione, a una sentenza della Corte di Giustizia UE (causa C-341/22). I giudici europei hanno chiarito due principi fondamentali:
1. La qualità di soggetto passivo IVA non può essere negata a un’impresa solo perché i suoi ricavi non raggiungono una soglia minima fissata da una normativa nazionale. Ciò che conta è l’effettivo svolgimento di un’attività economica.
2. Negare il diritto alla detrazione dell’IVA a monte per lo stesso motivo viola i principi di neutralità e proporzionalità dell’imposta. Tale diritto è fondamentale e può essere limitato solo in caso di frode o abuso, che devono essere provati dall’autorità fiscale.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha pienamente recepito l’interpretazione europea. Ha dichiarato che la normativa italiana sulla società di comodo (art. 30 della L. 724/1994) si pone in conflitto con la direttiva IVA dell’Unione Europea. Di conseguenza, il giudice nazionale ha il dovere di disapplicare la norma interna che presume il carattere non operativo di una società sulla base di un mero calcolo reddituale, escludendone il diritto alla detrazione.
Nel caso specifico, era stato accertato che la società era un soggetto che esercitava effettivamente un’attività economica. Esisteva un “nesso diretto e immediato” tra l’acquisto dell’immobile e l’attività di gestione di sale cinematografiche che la società si accingeva a svolgere. L’immobile era un bene strumentale, anche se ancora non produttivo di reddito perché in fase di allestimento. Pertanto, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta sull’acquisto era pienamente legittimo.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante baluardo a tutela delle imprese. Viene ribadito che le presunzioni legali fiscali non possono prevalere sulla realtà economica e sui principi cardine del sistema IVA europeo. Le aziende in fase di start-up, riconversione o che affrontano lunghi periodi di investimento prima di generare ricavi, non possono essere penalizzate e private del diritto fondamentale alla detrazione IVA. L’onere di provare un eventuale comportamento fraudolento o abusivo spetta all’Amministrazione Finanziaria, che non può limitarsi ad applicare automaticamente i test di operatività per qualificare una società come società di comodo.

Una società può essere considerata “non operativa” e vedersi negato il rimborso IVA solo perché i suoi ricavi sono inferiori a una soglia di legge?
No. La Corte di Cassazione, seguendo la Corte di Giustizia UE, ha stabilito che la qualifica di soggetto passivo IVA e il diritto alla detrazione non possono essere negati basandosi unicamente sul mancato raggiungimento di una soglia di ricavi. Ciò che conta è l’effettivo svolgimento di un’attività economica, anche se in fase preparatoria.

La normativa italiana sulle società di comodo è compatibile con il diritto europeo in materia di IVA?
No. La sentenza chiarisce che l’articolo 30 della legge n. 724/1994 si pone in conflitto con gli articoli 9 e 167 della direttiva IVA. Pertanto, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare la norma italiana che presume il carattere non operativo di una società sulla base di test di ricavi, escludendo il diritto alla detrazione IVA.

Il diritto alla detrazione dell’IVA può essere limitato per una società che sta investendo ma non ha ancora iniziato a produrre ricavi?
No. Il diritto alla detrazione dell’IVA sorge quando l’imposta diventa esigibile e non dipende dal fatto che l’impresa abbia già iniziato a generare ricavi. L’acquisto di beni e servizi finalizzati a un’attività economica futura, come l’acquisto di un immobile da ristrutturare, conferisce il diritto alla detrazione, in virtù del principio di neutralità dell’imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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