Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24176 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
Oggetto:
Tributi – Diniego di
rimborso – art. 30 della l. n. 724
del 1994
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23683/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio in Battipaglia INDIRIZZO), INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata, come da procura speciale allegata al controricorso (PEC EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania -sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE n. 2021/02/2017, depositata il 6.03.2017.
Udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza pubblica del 27.06.2024;
Sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Sentito, per la ricorrente RAGIONE_SOCIALE , l’AVV_NOTAIO dello Stato NOME AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La CTP di RAGIONE_SOCIALE rigettava il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il diniego di rimborso dell’IVA, notificato in data 27.01.2012, a seguito del rigetto dell’istanza di interpello disapplicativo, presentata dalla società ai sensi degli artt. 30, comma 4-bis della l. n. 724 del 1994 e 37-bis, comma 8, del d.P.R. n. 600 del 1973, al fine di ottenere la disapplicazione dei divieti previsti dall’art. 30, comma 4, della l. n. 724 del 1994.
Con la sentenza in epigrafe indicata, la CTR della Campania -sezione staccata di RAGIONE_SOCIALE accoglieva l’appello proposto dalla contribuente, osservando, in sintesi e per quanto qui rileva, che:
-la società stipulava nel 2005 un contratto preliminare di compravendita di un immobile da adibire a sala cinematografica, versando un acconto alla società RAGIONE_SOCIALE di euro 500.000,00 oltre IVA;
-la contribuente presentava in data 1.02.2008 un’istanza di interpello per la disapplicazione della disciplina sulle società non operative, per l’anno d’imposta 2007, che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE accoglieva; la situazione patrimoniale rimaneva invariata per i successivi esercizi 2008 e 2009;
-nel corso dell’esercizio 2010, essendosi verificata una modifica della propria situazione patrimoniale, a seguito della stipula dell’atto definitivo di acquisto dell’immobile, con il pagamento del saldo, la società presentava una nuova istanza di interpello disapplicativo, pur
non essendone obbligata, in presenza di immobilizzazioni ‘in corso’ di realizzazione;
-l’istanza veniva rigettata e, di conseguenza, veniva rigettata anche la richiesta di rimborso del credito IVA relativa al primo trimestre del 2010;
-la società aveva rappresentato, nell’istanza di interpello disapplicativo, le seguenti situazioni oggettive che non le permettevano di superare il test di operatività: 1) la società aveva per scopo sociale la gestione di sale cinematografiche e, quindi, una attività economica ben individuata; b) per il raggiungimento di tale scopo sociale per l’esercizio 2010 aveva acquistato l’unico compendio immobiliare da destinare alla gestione di sale cinematografiche; c) detto cespite era l’unico iscritto nelle poste dell’attivo dello stato patrimoniale della società; d) detto cespite doveva considerarsi una immobilizzazione materiale ‘in corso’ di realizzazione; e) secondo le circolari dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE andavano escluse, ai fini dell’individuazione RAGIONE_SOCIALE so cietà di comodo, le immobilizzazioni immateriali e materiali ‘in corso’, in quanto ancora non suscettibili di utilizzazione e, quindi, non idonee a produrre reddito; f) a causa della complessità dell’iniziativa imprenditoriale, dei tempi tecnici per il completamento e la realizzazione dei locali da destinare all’esercizio dell’attività e dei tempi legati al rilascio RAGIONE_SOCIALE autorizzazioni amministrative da richiedere al completamento RAGIONE_SOCIALE opere, la società non aveva ancora iniziato l’attività commerciale e n on era in grado di prevedere quando avrebbe iniziato a produrre ricavi;
tali situazioni oggettive non erano state considerate nel diniego di rimborso, che era, dunque, illegittimo, per difetto di motivazione, in quanto nei confronti della contribuente non trovavano applicazione le norme in tema di società non operative di cui all’art. 30 della l. n. 7 24 del 1994.
Contro la suddetta decisione proponeva ricorso per cassazione l ‘RAGIONE_SOCIALE , affidato a tre motivi. La RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso, illustrato con memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., censurando, da un lato, l’omessa pronuncia della CTR in ordine all’eccezione proposta dall’Ufficio di inammissibilità dell’impugnazione avverso l’atto di interpello e, dall’altro lato, l’erroneità della decisione impugnata, per avere la CTR ritenuto implicitamente che l’atto di interpello ‘(rectius: della risposta contenente un diniego) ‘ fosse autonomamente impugnabile.
1.2 Il motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio decidendi , atteso che il provvedimento impugnato, come si evince chiaramente dalla sentenza di appello e dallo stesso ricorso per cassazione (p. 4), non è il rigetto dell’istanza di interpello, ma il rigetto del diniego di rimborso, notificato in data 27.01.2012.
1.3 A tale proposito occorre ribadire che l’interpello disapplicativo conseguente al mancato superamento del test di operatività previsto dall’art. 30 della l. n. 724 del 1994 (vigente ” ratione temporis “), non presenta natura di una condizione di procedibilità e di limitazione della tutela giurisdizionale del contribuente, nè comporta l’elisione della facoltà, per quest’ultimo, di superare la presunzione legale di non operatività sancita dal primo comma della disposizione citata, assumendo all’uopo rilievo i principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), per effetto dei quali non è impedito al contribuente sia di discostarsi dalla risposta negativa
all’interpello resa dalla Amministrazione -senza doverla necessariamente impugnare per evitarne la cristallizzazione, potendo comunque impugnare gli atti successivi di applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni antielusive – sia di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell’atto tipico impositivo che gli venga successivamente notificato, dimostrando in tale sede, senza preclusioni di sorta, la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva (Cass. n. 28251 del 15/10/2021).
Con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, 30 della l. n. 724 del 1994, 37-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, 3 -45 della l. n. 662 del 1996, 2697 e 2727 cod. civ., i n relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per avere la CTR errato nella ricostruzione normativa della nozione di causa obiettiva, identificando le condizioni oggettive richieste dalla norma, per giustificare l’inoperatività della società , in situazioni ipotetiche, riconducibili a scelte soggettive, come i ‘tempi tecnici’ incerti sia nell’ an che nel quando , riferibili, peraltro, ad autorizzazioni amministrative non ancora richieste.
Con il terzo motivo, lamenta l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per non avere la CTR considerato che l’istanza di interpello era stata respinta, in quanto era lacunosa, non avendo la contribuente prodotto alcun elemento in relazione all’eventuale richiesta di autorizzazioni amministrative per la realizzazione dei lavori e in relazione alla consistenza ed effettività dei lavori in trapresi, e che anche l’istanza di riesame dell’interpello era stata rigettata.
3.1 I predetti motivi, che vanno esaminati unitariamente per connessione, sono infondati.
3.2 La questione prospettata dalla censura riguarda la ritenuta applicabilità nei confronti della società contribuente, per l’anno d’imposta 2010, della disciplina RAGIONE_SOCIALE cd. società di comodo, in considerazione del fatto che non sussistevano le condizioni previste dalla legge per la sua disapplicazione.
3.4 Per quanto riguarda il quadro normativo che disciplina la materia , occorre richiamare l’art. 30, comma 1, della l. n. 724 del 1994, secondo il quale le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato si considerano ‘ non operativi ‘ quando non superino il “test di operatività” di cui al medesimo comma 1, ossia quando l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi RAGIONE_SOCIALE rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando determinati coefficienti.
3.5 Il mancato superamento del test di operatività, ai fini IVA, comporta , ai sensi dell’art. 30, comma 4, della l. n. 724 del 1994, l’impossibilità di chiedere a rimborso, di utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 o cedere ai sensi dell’articolo 5, comma 4ter , del d.l. n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 154 del 1988, l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione.
3.6 L’art. 30, comma 4bis della l. n. 724 del 1994, nella formulazione applicabile ratione temporis , indica le ipotesi in cui la disciplina antielusiva sulle società di comodo non si applica ( ‘in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni antielusive ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973′.
3.7 Il contribuente, quindi, può vincere la presunzione dimostrando all’Amministrazione -attraverso l’interpello finalizzato alla disapplicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni antielusive, ovvero in giudizio, nel caso di contrasto – le oggettive situazioni che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito determinato secondo i predetti parametri normativi (Cass. 23/05/2022, n. 16472).
3.8 Come ha già affermato questa Corte (Cass. n. 28251 del 15/10/2021), con riferimento alla disciplina di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994, l’ interpello disapplicativo non rappresenta una condizione di procedibilità e non limita la tutela giurisdizionale del contribuente che ha sempre la facoltà di superare la presunzione legale di ‘non operatività’, mediante la dimostrazione in giudizio di circostanze oggettive e non imputabili che abbiano reso impossibile il conseguimento di ricavi in misura pari alle soglie determinata ai sensi dell’art. 30 cit., ben potendo il contribuente esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell’atto tipico impositivo che gli venga successivamente notificato, dimostrando in tale sede, senza preclusioni di sorta, la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva, non essendo a tal fine necessario esperire preventivamente il rimedio precontenzioso dell’interpello disapplicativo (Cass. n. 4946 del 24/02/2021 e n. NUMERO_DOCUMENTO del 28/05/2020).
3.9 Con specifico riferimento all’IVA, poi, è stato precisato che, in virtù del principio fondamentale di neutralità dell’imposta, la società ritenuta non operativa può portare in detrazione l’imposta assolta, anche se non abbia presentato l’interpello disapplicativo – salvo che i
costi siano fittizi e sia, perciò, configurabile una fattispecie fraudolenta o comunque effettivamente elusiva – potendo la prova della sussistenza del diritto essere fornita non solo con la procedura di cui agli artt. 30 comma 4 -bis , della l. n. 724 del 1994 e 37 -bis , del d.P.R. n. 600 del 1973, ma anche in sede processuale (Cass. n. 18807 del 28/07/2017; n. 6200 del 27/03/2015).
4. Ciò posto, occorre evidenziare che con riferimento alla normativa italiana RAGIONE_SOCIALE società di comodo è recentemente intervenuta la Corte di giustizia UE, con la sentenza C-341/22 del 7 marzo 2024 ( RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE ), la quale ha precisato che ‘l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone ‘ (punto 25) e che ‘ l’articolo 167 della direttiva IVA nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione d ell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle ‘ (punto 43).
4.1 Con riferimento alla prima questione, quindi, i giudici unionali hanno affermato che la qualità di soggetto passivo IVA non è subordinata all’effettuazione di operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, il cui valore economico superi una soglia di reddito previamente fissata, in quanto ciò che rileva è esclusivamente il fatto che detto operatore eserciti effettivamente un’attività economica e che sfrutti un bene
materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità, senza che siano garantiti dei ricavi minimi.
4.2 In ordine alla seconda questione, poi, la Corte ha chiarito che per beneficiare del diritto alla detrazione, i beni e i servizi in relazione ai quali viene invocato tale diritto devono essere utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini RAGIONE_SOCIALE proprie operazioni soggette ad imposta e, a monte, gli stessi devono essere ceduti o forniti da un altro soggetto passivo.
4.3 In linea di principio è, quindi, necessaria la sussistenza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione. Il diritto a detrarre l’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo RAGIONE_SOCIALE operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione. La detrazione è tuttavia ammessa anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei beni e dei servizi in questione facciano parte RAGIONE_SOCIALE spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce, i quanto simili costi presentano pure un nesso diretto e immediato con il complesso dell’attività economica del soggetto passivo (sentenza del 12 novembre 2020, RAGIONE_SOCIALE , C -42/19, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
4.4 La Corte di giustizia dell’UE ha specificato , inoltre, che se è vero che il diritto alla detrazione dell’IVA può essere negato al soggetto passivo qualora sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che esso è invocato fraudolentemente o abusivamente, dato che la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, occorre pur sempre
considerare che il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, per cui incombe alle autorità tributarie dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una tale evasione.
4.5 Alla luce dell’interpretazione fornita dai giudici unionali va, quindi, rilevato che l’art. 30 della legge n. 724 del 1994 si pone in conflitto con gli artt. 9, paragrafo 1, e 167 della direttiva IVA, con la conseguente necessità della sua disapplicazione da parte del giudice nazionale, laddove prevede che il carattere non operativo di una società, che esclude il diritto alla detrazione dell’IVA , è dimostrato sulla base di una presunzione, quando i ricavi non raggiungono la soglia di reddito prefissata dalla stessa disposizione (presunzione che la società può superare dimostrando che, a causa di situazioni oggettive, in un determinato periodo non è stato possibile raggiungere tale soglia di reddito).
4.6 La qualità di soggetto passivo deriva dall’esercizio di un’attività economica e, di conseguenza, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte non può essere negato ad una società che effettua operazioni rilevanti ai fini dell’IVA senza tuttavia raggiungere la soglia di reddito prevista dalla normativa italiana di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994 e ciò a prescindere dalla prova fornita dalla società contribuente sull’esistenza di situazioni oggettive che rendano impossibile il conseguimento di redditi superiori a detta soglia, tenuto conto del fatto che le misure adottate dagli Stati membri per la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi non devono eccedere quanto necessario per raggiungere tale obiettivo e, in particolare, non possono
essere utilizzate in modo tale da mettere sistematicamente in discussione il principio di neutralità dell’IVA e di proporzionalità.
4.7 La decisione impugnata risulta in linea con i principi indicati dalla Corte di giustizia europea, avendo accertato che l’immobile era stato acquistato allo stato grezzo nel 2010 per adibirlo a sala cinematografica, previa ristrutturazione, come era stato constatato (p. 3 della sentenza) dagli stessi funzionari dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel gennaio del 2010 (‘ …per quanto riguarda la struttura, acquistata dalla verificata nel I trimestre 2010 e dove si dovrà svolgere l’attività di cinematografia, fanno presente che la stessa, di superficie pari a 1200 mq, è ubicata all’interno del centro Commerciale sito al Corto vittorio Emanuele di RAGIONE_SOCIALE ed è allo stato grezzo, ovvero, come richiamato nello stesso atto di vendita, privo di intonaci, impianti, servizi, finiture, etc. Dal sopralluogo si evince la destinazione a sala cinematografica della struttura medesima, costituita da n. 3 sale e relative porte di emergenza’ ).
A prescindere dal l’ accertamento sulla sussistenza di situazioni oggettive che giustificavano l’inoperatività della società contribuente e al fatto che l’immobile andava comunque escluso dall’interpello perché non suscettibile di produrre reddito, essendo ancora in corso di realizzazione (cfr. circolare AE n. 5/E del 2.02.2007, punto 4.5; Cass. n. 19367 del 20/07/2018), dal sopralluogo effettuato dai funzionari dell’Amministrazione finanziaria è emerso che la società era un soggetto che esercitava effettivamen te un’attività economica e che vi era un ‘nesso diretto e immediato’ tra l’acquisto dell’immobile e l’attività che la società si accingeva a svolgere, atteso che l’immobile era stato acquistato per essere adibirlo a sala cinematografica.
5.1 In presenza RAGIONE_SOCIALE suindicate condizioni, il giudice di appello ha correttamente r iconosciuto il diritto alla detrazione dell’IVA.
In conclusione, il ricorso va rigettato e l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla società controricorrente e liquidate come in dispositivo.
Non si ravvisano i presupposti per la condanna di cui all’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., non sussistendo la violazione dell’art. 366 cod. proc. civ. (Cass. n. 14035 del 23/05/ 2019, n. 14035) e dovendosi escludere un’ipotesi di abuso del diritto di impugnazione (Cass. n. 5725 del 27/02/2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2024