Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10068 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10068 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30235/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo leg. rappr. p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettiv. dom. presso il suo studio di Roma, INDIRIZZO; -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO;
-controricorrente- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 3419/2021, depositata il 22 aprile 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -La RAGIONE_SOCIALE impugnava il provvedimento di diniego n. NUMERO_DOCUMENTO emesso da ll’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in ordine alla richiesta di rimborso IVA dell’importo di euro 856.785 per l’anno d’imposta 2015. Nel ricorso introduttivo esponeva di aver richiesto il rimborso IVA 2015 nel modello unico 2016 presentato il 14 ottobre 2016, compilando il quadro RX, rigo RX43, ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE il 3 novembre 2016 con rogito notarile, con comunicazione all’Ufficio di Caserta, cui ha fatto seguito il provvedimento di diniego, notificatogli il 23 marzo 2018. Nel provvedimento di diniego, l’Ufficio riteneva la società da annoverare tra le società cd. ‘di comodo’ e/o ‘non operative’ poiché aveva locato 8 immobili su 41 costruiti destinati alla vendita ed essendo rimasta inattiva per oltre 5 anni, come emergeva dal cd. ‘test di operatività’, previsto per le società di comodo di cui all’art. 30 della l. 724/1994, eseguito secondo i calcoli esposti nel provvedimento di diniego, applicando sia i coefficienti presuntivi di reddito sia la circolare n. 25/2007, secondo la quale l’ Ufficio poteva sindacare la scelta di includere nel bilancio gli immobili costruiti classificati come ‘beni merci’ in beni patrimoniali , essendo mutata la loro destinazione per non essere stati venduti. La ricorrente riteneva invece di essere una società operativa commerciale e non di comodo, ancorché in difficoltà per la crisi del mercato immobiliare, per aver correttamente applicato i principi contabili per le società operative, rappresentando in bilancio gli immobili costruiti nell”Attivo Circolante’, essendo ‘beni -merce’ destinati alla vendita, la cui cessione genera ricavi e non tra le ‘ immobilizzazioni ‘ ossia tra ‘beni -patrimoniali’ la cui cessione genera plusvalenze,
come per le società di gestione di immobili. Quanto alla cessione in locazione RAGIONE_SOCIALE 8 unità immobiliari contestata dall’Ufficio , sosteneva che si trattava di una misura contingente, temporanea, di aver correttamente contabilizzato i fitti attivi riscossi nel conto economico pertanto la contestazione dell’Ufficio di essere una società di comodo era infondata.
Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 1490/19, depositata il 5 aprile 2019, la Commissione tributaria provinciale di Caserta respingeva il ricorso.
-Avverso tale sentenza proponeva appello l’odiern a ricorrente.
Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 3419/2021, depositata il 22 aprile 2021, la Commissione tributaria regionale Campania ha rigettato l’appello, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese.
-La società ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
La società ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30, commi 4, 4/bis e 4/quater, legge 724/1994 (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), in quanto la Commissione tributaria regionale non avrebbe dovuto considerare, ai fini del test di operatività ex art. 30, comma 4, legge 724/1994, quali ‘beni -patrimonio’ i beni locati o concessi in godimento a terzi, sia perché essi, conformemente ai corretti principi contabili, erano stati regolarmente inscritti in bilancio quali ‘beni -merci’ tra le
rimanenze, sia perché, comunque, non si trattava di beni oggetto di locazione a terzi da lungo tempo.
Con il secondo motivo si prospetta la violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 30, commi 4, 4/bis e 4/quater, legge 724/1994 e s.m.i. (art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.), in quanto la Commissione tributaria regionale, violando e/o falsamente applicando le norme di cui in rubrica, avrebbe omesso di considerare – ai fini della disapplicazione del test di operatività la rilevanza probante, in sostituzione dell’interpello, ex comma 4/bis, dell’autocertificazione presentata dal contribuente in corso di causa, ai sensi del comma 4/quater e RAGIONE_SOCIALE circolari dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 33/E/2016 e 9/E/2016.
Con il terzo motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30, commi 4, 4/bis e 4/quater, legge 724/1994, nonché della direttiva 2006/112/CE (art. 360, comma 1, n.3, c.p.c.), in quanto la Commissione tributaria regionale, in contrasto con le norme in rubrica e coi principi espressi dalla S.C., avrebbe illegittimamente obliterato la rilevanza, quale ‘situazione oggettiva che abbia reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi’, ai fini della disapplicazione del test di operatività, della crisi economica del settore immobiliare, così come del fatto che si trattava di società sorta per ragioni imprenditoriali effettive e che ha maturato il credito IVA oggetto di rimborso proprio nell’esercizio effettivo ed incontestato dell’attività di impresa, così venendo a violare anche i principi comunitari di cui in rubrica sulla effettività del diritto al rimborso IVA.
1.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
Le censure intercettano la problematica della compatibilità unionale della disciplina nazionale sulle cd. società di comodo e sulla liceità del diniego del diritto di detrazione, oggetto della
decisione della Corte di giustizia, a seguito di rinvio ex 267 TFUE da parte di questa Corte, con la sentenza 7 marzo 2024, RAGIONE_SOCIALE , C-341/22.
La Corte di giustizia ha fornito una risposta chiara e precisa evidenziando: 1) “l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone” (par. 25) posto che per determinare la qualità di soggetto passivo rileva “esclusivamente il fatto che detta persona eserciti effettivamente un’attività economica e… sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”; 2) “nessuna disposizione della direttiva IVA subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia” e, anzi, al contrario, “il diritto alla detrazione dell’IVA è garantito, purché ricorrano le condizioni richieste… indipendentemente dai risultati RAGIONE_SOCIALE attività economiche del soggetto passivo interessato” (par. 31), fatta salva l’ipotesi in cui ricorra una frode o un abuso del diritto (come delineati dai par. da 33 a 36 della sentenza); 3) l’art. 30 della legge n. 724/1994 assolve alla funzione di disincentivare le evasioni e, a tal fine, si basa sulla presunzione per cui, quando l’importo RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate a valle da una società in un determinato periodo d’imposta non raggiunge una soglia (calcolata applicando i criteri previsti dalla norma), la società non è operativa salvo che essa “non riesca a dimostrare che
elementi oggettivi giustificano l’impossibilità di raggiungere la soglia” (par. 38), da cui l’impossibilità di esercitare il diritto di detrazione; 4) tuttavia, tale presunzione, si fonda “su un criterio, quello di una soglia di ricavi, che è estraneo a quelli richiesti ai fini della dimostrazione di un’evasione o di un abuso” poiché prescinde da una valutazione “della realtà effettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini IVA” ed è ancorata solo al parametro della “valutazione del volume” degli affari (par. 39), sicché essa “eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di prevenire le evasioni e gli abusi” (par. 42).
Da tutto ciò, dunque, la Corte di giustizia ha derivato che “l’articolo 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle”.
In materia di società non operative, alla stregua della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE, 7 marzo 2024 in causa C-341/22, RAGIONE_SOCIALE ), l’art. 9, par. 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, va interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini di tale imposta il cui valore economico non raggiunga la soglia fissata da una normativa nazionale, che corrisponda ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale soggetto dispone, in quanto nessuna disposizione della direttiva subordina il diritto a
detrazione al requisito che l’importo RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia. Pertanto, ciò che rileva ai sensi dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994 è esclusivamente il fatto che detto soggetto, in un determinato periodo d’imposta, abbia esercitato effettivamente un’attività economica, ponendosi detta disposizione in contrasto con l’art. 167 della direttiva IVA nella parte in cui, invece, prevede la perdita del diritto a detrazione al mancato raggiungimento di determinate soglie di ricavi (Cass., 11 settembre 2024, n. 24442).
Alla luce dei principi su esposti, pertanto, l’art. 30 l. n. 724 del 1994 va disapplicato, non potendosi derivare la privazione del diritto di detrazione in mera dipendenza dell’entità RAGIONE_SOCIALE operazioni realizzate dalla contribuente ma solo ove la situazione sia riconducibile ad una frode o ad un abuso (Cass., 6 agosto 2024, n. 22249; Cass., 11 settembre 2024, n. 24416).
Le censure vanno quindi accolte per le ulteriori verifiche imposte in attuazione della citata decisione, rimesse al giudice nazionale. La stessa Corte di giustizia, nella citata sentenza, ha rilevato che la normativa non è incompatibile perché mira a disincentivare l’evasione ma perché si fonda su una “supposizione”, ossia su una “presunzione” estranea alla disciplina Iva dovendo diritto di detrazione restare ancorato alla “realtà effettiva”.
Ne deriva che il diritto di detrazione va riconosciuto se: a) nel corso del periodo d’imposta controverso, in relazione al quale l’autorità tributaria ha reputato la società non operativa, la stessa abbia effettivamente esercitato un’attività economica (indipendentemente dallo scopo o dai risultati), intesa come comprensiva di ogni attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi, per ricavarne introiti aventi carattere di
stabilità; b) la società medesima abbia impiegato i beni e servizi acquistati per le sue operazioni soggette ad imposta, e ciò indipendentemente dai risultati RAGIONE_SOCIALE attività economiche; c) le operazioni non si inseriscano in una frode (connotata anche soggettivamente secondo il consolidato principio per cui la parte sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare ad una evasione) o non integrino, ai fini unionali, un abuso, inteso anche quale realizzazione di una costruzione artificiosa (v. par. 33-36). Con riguardo ai punti a) e b), inoltre, va sottolineato che la detrazione dell’imposta può spettare anche in assenza di operazioni attive, ossia con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché esse siano finalizzate alla costituzione RAGIONE_SOCIALE condizioni d’inizio effettivo dell’attività tipica (v. Cass. 31 agosto 2022, n. 25635; Cass. 3 ottobre 2018, n. 23994).
Si tratta di un complesso di verifiche e valutazioni che non sono state operate dalla Commissione tributaria regionale, essendosi nei fatti limitata a osservare che la società non ha superato il ‘ test di operatività ‘ , sicché, trattandosi di accertamenti di merito non esperibili in sede di legittimità, la sentenza va cassata per un nuovo esame.
-L’accoglimento dei primi tre motivi determina l’assorbimento del quarto, con cui si deduce l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, che hanno formato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
-La sentenza va dunque cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente, in diversa composizione, per l’ulteriore esame alla luce dei principi affermati dalla Corte di giustizia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione