Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18581 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18581 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29285/2015 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE (pec: EMAIL), dom.ta ex lege in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio di dell’AVV_NOTAIO, sito in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 34/02/15, depositata in data 11.5.2015, della Commissione tributaria di II grado di Trento
E sul ricorso iscritto al n. 6425/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE (pec: EMAIL), dom.ta ex lege in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore
– intimata – avverso la sentenza n. 21/01/17, depositata in data 20.2.2017, della Commissione tributaria di II grado di Trento;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2024 dalla AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che:
Nel procedimento n. 29285/2015 R.G., la società contribuente, in data 5.6.2007, presentava istanza di interpello per la disapplicazione dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, della disciplina RAGIONE_SOCIALE società di comodo, di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994, nella quale dichiarava di aver iniziato l’attività nel 1991, con oggetto sociale costituito dalla gestione di una albergo sito in località INDIRIZZO Acque, nel Comune di RAGIONE_SOCIALE, e che, non essendo riuscita a realizzare i risultati economici prefissati, aveva affidato in gestione parte della struttura alberghiera alla società RAGIONE_SOCIALE per un canone definito ‘irrisorio’.
L’istanza veniva rigettata dall’RAGIONE_SOCIALE che accertava, per l’anno 2006, un maggior reddito di euro 74.295,00, a seguito di verifica RAGIONE_SOCIALE status di società non operativa, di cui al citato art. 30,
richiedendo il pagamento di una maggiore imposta pari ad euro 24.517,00.
La società contribuente impugnava l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato in data 11.12.2009, mentre, con separato ricorso impugnava la cartella di pagamento n. 112 2010 00052266 37 (portante l’importo di euro 13.291,86), notificata da RAGIONE_SOCIALE
La Commissione tributaria di I grado, riuniti i ricorsi, li rigettava, ritenendo non dimostrati gli elementi adAVV_NOTAIOi dalla ricorrente a giustificazione dell’esiguità dei ricavi dichiarati (pari ad euro 8.774,00). In particolare, veniva sottolineato che, a fronte degli importi indicati per i lavori di ristrutturazione, si poteva verosimilmente ritenere trattarsi di lavori particolarmente limitati, che non avrebbero potuto giustificare ricavi così contenuti e che le ulteriori cause adAVV_NOTAIOe dalla ricorrente (assenza di un parcheggio e ubicazione della struttura) si riferivano a circostanze preesistenti anche negli anni precedenti rispetto a quello oggetto di accertamento.
2.Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello la società contribuente, la Commissione tributaria di II grado accoglieva l’appello, osservando, sulla base del richiamo alla decisione della Commissione tributaria di Trento (che aveva accolto il ricorso presentato dalla società avverso l’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2007), che la documentazione proAVV_NOTAIOa dimostrava che l’albergo, negli anni 2006 e 2007, era stato interessato da ‘importanti e fondamentali lavori di ristrutturazione’ e che, pertanto, doveva ritenersi superata la presunzione di non operatività.
Contro la decisione d’appello l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, con un unico articolato motivo. L’RAGIONE_SOCIALE si costituiva con controricorso.
4. Nel procedimento iscritto al n. 6425/NUMERO_DOCUMENTO, la medesima società, pur non avendo presentato l’interpello disapplicativo, nella dichiarazione Unico 2008, non compilava il rigo RF78, omettendo quindi di dichiarare il reddito minimo, ai sensi dell’art. 30, comma 3, della l. 724 del 1994, ed indicava una perdita ai fini IRES.
L’Ufficio, con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, procedeva alla ricostruzione del reddito imponibile per l’anno 2007, accertando ai fini IRES un maggior reddito d’impresa di euro 78.723,00 e, quindi, una maggiore imposta di euro 25.979,00 e di euro 4.138,09 a titolo di IRAP, irrogando una sanzione amministrativa pari ad euro 30.117,00.
La società contribuente impugnava l’avviso di accertamento, evidenziando la sussistenza di oggettive ragioni -relative all’esecuzione di rilevanti lavori di ristrutturazione – che non avevano consentito, nella gestione della struttura alberghiera, di conseguire i ricavi minimi presuntivamente determinati dal legislatore.
La Commissione tributaria di I grado, con sentenza n. 347/1/14 accoglieva il ricorso.
5.Avverso la sentenza di primo grado l’Ufficio proponeva appello, insistendo, in particolare, sull’assenza dei presupposti per la disapplicazione della normativa antielusiva e richiamando altresì le motivazioni contenute nella sentenza n. 82 del 2011 con cui il TAR Trento aveva confermato la legittimità del recupero dei contributi illegittimamente goduti dalla società, atteso che la stessa non aveva materialmente iniziato alcuna attività di impresa.
La Commissione tributaria di II grado respingeva l’appello, osservando che le fatture esibite dalla ricorrente, e non contestate nella loro attendibilità, erano idonee a documentare i costi sostenuti dalla società nell’anno 2007 per interventi di manutenzione straordinaria. Con riferimento alla sentenza del TAR Trento, i giudici d’appello rilevavano che i contributi oggetto di
detta decisione erano finalizzati all’avvio della diversa attività termale, che avrebbe dovuto svolgersi presso la struttura alberghiera, e che la determinazione di revocare il finanziamento era motivata dal mutamento di destinazione dell’immobile non autorizzato (perché vincolato all’uso per il quale era stato erogato il finanziamento).
Contro la decisione d’appello l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, con un unico articolato motivo.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata, non avendo svolto attività difensiva.
La discussione di entrambi i ricorsi è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 6 giugno 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 c.p.c.
Considerato che:
1.In primo luogo, si osserva che, con istanza depositata il 26.3.2024, la difesa della società controricorrente ha chiesto la riunione del giudizio iscritto al n. R.G. 6425/2018 al presente giudizio, rilevando che i detti ricorsi, pur riguardando due differenti annualità d’imposta, interessavano la stessa società e si riferivano alla medesima questione di diritto.
Il Collegio dispone la riunione del ricorso n. 6425/2018 R.G. al ricorso n. 29285/2015 R.G., ritenendo sussistenti i presupposti di cui all’art. 274 c.p.c., atteso che trattasi di due ricorsi pendenti tra le stesse parti che traggono origine dall’impugnazione di avvisi di accertamento relativi ad annualità contigue (2006 e 2007), notificati all’esito di un’unica verifica fiscale, effettuata dal competente Ufficio finanziario sulla base degli stessi riscontri e RAGIONE_SOCIALE stesso metodo di accertamento (cfr. sul punto Cass. 11 maggio 2007, n. 10792).
2.Con il motivo rubricato ‘omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti’, l’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nel procedimento iscritto al n. 29285/2015 R.G.,
avanza censura ex art. 360, c. 1, n. 5 c.p.c., deducendo che il Giudice d’appello aveva erroneamente ritenuto che l’attività imprenditoriale della ricorrente si riferisse alla gestione della struttura alberghiera (e, per tale ragione, aveva dato rilievo agli interventi di ristrutturazione che avrebbero comportato una riduzione dei ricavi), omettendo di considerare che la RAGIONE_SOCIALE, negli anni di imposta considerati, aveva svolto la diversa attività di gestione dell’immobile, concesso in affitto alla RAGIONE_SOCIALE (circostanze riconosciute dalla ricorrente sin dalla presentazione dell’istanza di disapplicazione).
Con l’unico motivo, rubricato ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 4 -bis, l. 724/1994′, nel procedimento n. 6425/18 R.G., l’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avanza censura ex art. 360, c. 1, n. 3 c.p.c., deducendo che l’unica possibilità di contrastare le presunzioni di legge circa la non operatività della società è affidata alla presentazione dell’interpello disapplicativo e che, non avendo la società contribuente, presentato tale interpello, la stessa non avrebbe potuto invocare la sussistenza di oggettive condizioni per disapplicare l’obbligo di dichiarare il reddito minimo previsto per legge.
L’Ufficio censura ulteriormente la decisione impugnata, rilevando come la RAGIONE_SOCIALE non aveva dimostrato di aver sostenuto alcun costo di natura straordinaria, atteso che di tali costi non emergeva alcuna evidenza nel bilancio esaminato in contraddittorio, né di aver intrapreso progetti volti ad eseguire i deAVV_NOTAIOi lavori di ristrutturazione.
3.Entrambi i motivi sono infondati e vanno rigettati.
Vanno preliminarmente richiamati i principi consolidati dalla Corte in relazione alla disciplina della c.d. società di comodo, di cui alla norma indicata.
4.1. Questa Corte ha più volte precisato che il legislatore, con l’art. 30 della legge n. 724 del 1994, ha inteso disincentivare la
costituzione di società ‘di comodo’, ovvero il ricorso all’utilizzo RAGIONE_SOCIALE schema societario per il raggiungimento di scopi eterogenei rispetto alla normale dinamica degli enti collettivi commerciali (come quello, proprio RAGIONE_SOCIALE società c.d. di mero godimento, dell’amministrazione dei patrimoni personali dei soci con risparmio fiscale) ( ex multis , Cass. 13/05/2021, n. 12862; Cass. 24/02/2021, n. 4946; Cass. 13/5/2015, n. 21358; Cass. 28/9/2017, n. 26728; in questo senso cfr. anche la relazione governativa alla legge n. 662 del 23 dicembre 1996 – che ha apportato modifiche al citato art. 30, e la circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate n. 5/E del 2 febbraio 2007). Secondo il primo comma dell’art. 30 legge n. 724 del 1994, una società si considera non operativa se la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) imputati nel conto economico è inferiore a un determinato ricavo figurativo, calcolato, attraverso il test di operatività, applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli asset patrimoniali intestati alla società. Il mancato raggiungimento di tale soglia -considerato dal legislatore sintomatico della non operatività della società (cfr., ex multis , Cass. 24/2/2020, n. 4850, in motivazione) – fonda quindi la presunzione legale relativa di non operatività, basata sulla massima d’esperienza secondo cui, di regola, non vi è effettività di impresa senza una continuità minima nei ricavi (Cass. Sez. 5, 10/3/2017, n.6195, in motivazione). La contribuente può vincere tale presunzione dimostrando all’Amministrazione -attraverso l’interpello finalizzato alla disapplicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni antielusive, ovvero in giudizio, nel caso di contrasto – le oggettive situazioni che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito determinato secondo i predetti parametri normativi.
4.2.Come è stato già chiarito da questa Corte, con riferimento all’art. 30 legge n. 724 del 1994 applicabile ratione temporis al
caso di specie, il carattere relativo della presunzione era espressamente sancito nella versione dell’art. 30 risultante dall’intervento modificativo operato dall’art. 4 del d.l. 11 marzo 1997, n. 50, convertito, con modifiche, dalla legge 9 maggio 1997, n. 122, il quale ha, appunto, disposto che, ai sensi dell’art. 30, comma 1, prima parte, della legge n. 724 del 1994, le società ivi indicate “si considerano, salva la prova contraria, non operative se l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi RAGIONE_SOCIALE rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano “. Tale formulazione, compreso il riferimento alla prova contraria, non è variata all’esito della modifica apportata dall’art. 35, comma 15, d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, il quale ha, tuttavia, inserito, nell’art. 30 in esame, il comma 4bis , che disciplina l’interpello disapplicativo, prevedendo che in presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del detto articolo», «la società interessata può richiedere la disapplicazione RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni antielusive, ai sensi del D.P.R. 600 del 1973, art. 37-bis, comma 8″ (lo stesso art. 37bis è stato invero successivamente abrogato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. 5 agosto 2015, n. 128, ma le disposizioni che lo richiamano devono intendersi comunque riferite all’interpello di cui all’art. 10-bis legge 27 luglio 2000, n. 212)» (Cass. 24/02/2021, n. 4946, cit.).
4.3. In particolare, con riferimento al procedimento n. 29285/2015 R.G., relativo all’anno d’imposta 2006, è opportuno dare atto che, come questa Corte ha già ritenuto in altre fattispecie relative al medesimo anno d’imposta, deve applicarsi, contrariamente a quanto deAVV_NOTAIOo dall’RAGIONE_SOCIALE nel ricorso (pag. 9), ‘il comma 4 bis dell’art. 30, nella formula originariamente introAVV_NOTAIOa
dal d.l. 223 cit, sicché l’istanza di disapplicazione poteva essere proposta nelle ipotesi di “oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi [..1”. Tale formulazione del testo normativo ha avuto vigenza per tutto l’anno d’imposta 2006, come espressamente previsto dal comma 16 del medesimo d.l., mentre la successiva soppressione RAGIONE_SOCIALE parole “di carattere straordinario”, ad opera dell’art. 1, co. 109 lett. h), l. n. 296/2006, ha avuto effetto a partire dall’anno d’imposta 2007′ (Cass. 26/02/2020, n. 5163, in motivazione; nello stesso senso Cass. n. 36365 del 23/11/2021, in motivazione, al punto 10.1; Cass. 18/01/2022, n. 1506, cit., in motivazione, punto 2.1.1.).
4.4.Come ancora è stato recentemente osservato, ‘La disciplina opera su due diversi livelli. Ad un primo livello, fornisce la definizione di «non operatività» degli enti (cd. test di operatività), attraverso un confronto tra i proventi derivanti dall’attività d’impresa, emergenti dalla contabilità, e quelli individuati applicando specifici coefficienti al valore dei beni immobili, RAGIONE_SOCIALE partecipazioni e RAGIONE_SOCIALE altre immobilizzazioni della società. Ad un secondo livello, per i soggetti che non hanno superato il test di operatività, scatta la presunzione di un reddito minimo, che viene determinato in rapporto al valore dei beni della società, ai quali sono applicati altri coefficienti “(Cass. 24/01/2022, n. 1898, cit.).
E’ stato ancora chiarito che: ‘la rilevanza RAGIONE_SOCIALE «oggettive situazioni», di cui al comma 4bis della disposizione, RAGIONE_SOCIALE quali qui si discute, si colloca nell’ambito del “primo livello”, o meglio della prima presunzione, giacché, fornendo la relativa prova, la società si sottrae alla classificazione come «non operativa» (e quindi all’eventuale applicazione della successiva e concatenata presunzione di reddito minimo), nonostante l’esito, inferiore alla
soglia legale di operatività, del test conAVV_NOTAIOo con il criterio quantitativo’ (Cass. 5.4.2023, n. 9339).
4.5. Quanto all’onere della prova contraria, esso deve essere inteso “non in termini assoluti quanto piuttosto in termini economici, aventi riguardo alle effettive condizioni di mercato” (Cass. 20/06/2018 n. 16204; Cass. 12/02/2019, n. 4019; Cass. 05/04/12/2019, n. 31626; Cass. 01/02/2019, n. 3063; Cass. 28/05/2020, n. 10158). E’ stato peraltro escluso che, attraverso il meccanismo della presunzione relativa e dell’onere della prova contraria gravante sul contribuente, si pervenga ad un mero sindacato di merito del giudice sulle scelte imprenditoriali, rilevando che “In tema di società di comodo, non sussistono le oggettive situazioni di carattere straordinario, che rendono impossibile il superamento del test di operatività, ex art. 30, comma 4bis , della I. n. 724 del 1994, nella versione all’epoca vigente, nell’ipotesi di totale assenza di pianificazione aziendale da parte degli organi gestori della società o di completa “inettitudine produttiva”, gravando sull’imprenditore, anche collettivo, – ai sensi dell’art. 2086, comma 2 c.c., in coerenza con l’art. 41 Cost. l’obbligo di predisporre i mezzi di produzione nella prospettiva del raggiungimento del lucro obiettivo e della continuità aziendale. Sicché in tal caso, il sindacato del giudice non coinvolge le scelte di merito dell’imprenditore, attenendo alla verifica del corretto adempimento degli obblighi degli amministratori e dei sindaci, con riduzione dell’operatività della ” business judgement rule “, sempre valutabile, sotto il profilo tributario, per conAVV_NOTAIOe platealmente antieconomiche”(Cass. 23/11/2021, n. 36365).
4.6. Con riferimento alla presunzione legale relativa di non operatività, va ribadito che l’onere probatorio può essere assolto non solo dimostrando che, nel caso concreto, l’esito quantitativo del test di operatività è erroneo o non ha la valenza sintomatica che gli ha attribuito il legislatore, giacché il livello inferiore dei
ricavi è dipeso invece da situazioni oggettive che ne hanno impedito una maggior realizzazione; ma anche dando direttamente la prova proprio di quella circostanza che, nella sostanza, dal livello dei ricavi si dovrebbe presumere inesistente, ovvero dimostrando la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale, e dunque l’operatività reale della società (cfr. Cass. 24/02/2021, n. 4946, cit., in motivazione; Cass. 28/09/2021, n. 26219, in motivazione).
In merito all’omessa presentazione dell’interpello disapplicativo, la Corte ha chiarito che tale interpello non presenta natura di una condizione di procedibilità e di limitazione della tutela giurisdizionale del contribuente, né ha comportato l’elisione della facoltà, per quest’ultimo, di superare la presunzione legale di «non operatività» (sancita dal primo comma della disposizione in esame) mediante la dimostrazione in giudizio di circostanze oggettive e non imputabili che abbiano reso impossibile il conseguimento di ricavi in misura pari alle soglie determinata ai sensi dell’art. 30 (Cass. 15.10.2021 n. 28251). E’ stato, in particolare, osservato che i principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.) non impediscono al contribuente sia di discostarsi dalla risposta negativa all’interpello resa dalla Amministrazione, senza doverla necessariamente impugnare, per evitarne la cristallizzazione, potendo comunque impugnare gli atti successivi di applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni antielusive, sia di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell’atto tipico impositivo che gli venga successivamente notificato, dimostrando in tale sede, senza preclusioni di sorta, la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva (cfr. Cass., 24.2.2021, n. 4946; Cass., 28.5.2020, n. 10158).
4.7. Venendo dunque ai ricorsi in esame, va respinto il motivo articolato dall’RAGIONE_SOCIALE, nel ricorso n. 6425/2018 R.G., relativo alla sentenza n. 21/01/17, depositata in data 20.2.2017, della Commissione tributaria di II grado di Trento, – con il quale l’Ufficio aveva deAVV_NOTAIOo che l’unica possibilità di contrastare le presunzioni di legge circa la non operatività della società era affidata alla presentazione dell’interpello disapplicativo e che, non avendo la società contribuente, presentato tale interpello, la stessa non avrebbe potuto invocare la sussistenza di oggettive condizioni per disapplicare l’obbligo di dichiarare il reddito minimo previsto per legge – , atteso che la contribuente ben può vincere la presunzione legale attraverso la prova contraria qualificata dalla ricorrenza di una situazione oggettiva a sé non imputabile che ha reso impossibile il conseguimento di ricavi e la produzione di reddito entro la soglia minima stabilita ex lege . Prova contraria che è stata debitamente fornita dalla contribuente (per le ragioni che verranno di seguito illustrate, trattandosi di elementi comuni ad entrambi i ricorsi).
4.8. Con riferimento al procedimento n. 29285/2015 R.G., relativo all’anno d’imposta 2006, va, del pari, disatteso il motivo di ricorso, formulato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEvolto a censurare la sentenza nella parte in cui non aveva considerato che l’attività della società contribuente era relativa alla sola gestione dell’immobile, concesso in affitto ad altra società.
La Commissione tributaria di II grado nella sentenza del 26.1.2015 (impugnata, come si è detto, con il ricorso relativo al n. 29285/2015 R.G.) accoglieva l’appello della contribuente, osservando, sulla base del richiamo alla decisione della Commissione tributaria di Trento (che aveva accolto il ricorso presentato dalla società avverso l’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2007), che la documentazione proAVV_NOTAIOa dimostrava che l’albergo, negli anni 2006 e 2007, era stato interessato da
‘importanti e fondamentali lavori di ristrutturazione’ e che, pertanto, doveva ritenersi superata la presunzione di non operatività; infatti,secondo i giudici di appello, le fatture proAVV_NOTAIOe dalla società RAGIONE_SOCIALE (cfr., in particolare doc. allegati dal numero 18 al 39) dimostravano che gli interventi di ristrutturazione realizzati negli anni 2006 e 2007 erano consistiti in ‘opere di importante manutenzione straordinaria nonché per la messa in sicurezza della struttura alberghiera’, ‘relativ e alla rete fognaria, agli ascensori e a tutte le porte di sicurezza’, con la conseguenza che ‘la struttura alberghiera si trovava nella obiettiva impossibilità di concretamente lavorare se non in forma minimale e per la parte residua dell’albergo non interessata, in quel momento, o di volta in volta, dalla manutenzione straordinaria’.
Tale accertamento in fatto trova riscontro nella sentenza del 20.2.2017 (impugnata nel procedimento iscritto al n. 6425/2018 R.G. relativo all’anno 2007 ), nella quale si legge : ‘Le fatture proAVV_NOTAIOe dalla società contribuente spiegano la natura degli interventi manutentivi. La realizzazione del collettore per l’allacciamento RAGIONE_SOCIALE acque bianche e nere alla rete comunale; l’installazione di un ascensore e di un servoscale; una consulenza per l’adeguamento della struttura alle norme sulla sicurezza del Lavoro, ex D.Lgs. 626/1994, per la verifica dei servizi sanitaria finalizzata all’autorizzazione del centro termale e della misura del rumore; montaggio di porte tagliafuoco con maniglioni antipanico, fornitura di estintori, trattamento del soffitto con proAVV_NOTAIOi ignifughi, posatura di impianto di rilevazione incendio. Tutti questi interventi risultano essere realizzati esaminando le fatture proAVV_NOTAIOe dalla Società. E la natura degli interventi lascia intendere chiaramente che gli stessi hanno interessato tutta la struttura recettiva alberghiera perché rispondesse alle severe norme in tema di sicurezza’. In forza di dette considerazioni, il giudice d’appello ha
concluso come, durante quei lavori ‘l’albergo non poteva ospitare clienti, perché avrebbe violato norme di igiene e sicurezza’.
Del resto, la stessa circolare dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 2 febbraio 2007, n. 5/E, al par. 4 (rubricato ‘presupposti per la disapplicazione della disciplina sulle società non operative’) fa rientrare, tra le situazioni che hanno direttamente impedito il conseguimento (non di maggiori ricavi ma) del reddito minimo presunto in applicazione RAGIONE_SOCIALE disciplina sulle società non operative anche il caso in cui ‘la società, pur non essendo in condizione di dimostrare la congruità dei ricavi dichiarati, abbia sostenuto costi straordinari che le hanno impedito di conseguire un reddito almeno pari a quello minimo presunto’.
Alla luce di tali elementi, appare evidente come nei due anni d’imposta per cui è causa, si siano svolti interventi di ristrutturazione dell’immobile che hanno interessato quasi completamente la struttura alberghiera che, di conseguenza, poteva essere utilizzata per una parte molto riAVV_NOTAIOa.
Tale ultimo elemento, come ritenuto dal giudice di secondo grado, giustifica l’affitto ‘a canone irrisorio’ alla società RAGIONE_SOCIALE ed è sufficiente per vincere la presunzione di non operatività.
Le spese di lite per il procedimento n. 29285/15 R.G., nel quale la società controricorrente si è costituita seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
PQM
La Corte, previa riunione al procedimento n. 29285/2015 R.G. di quello iscritto al n. 6425/2018 R.G., rigetta i ricorsi. Condanna l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite del procedimento n. 29285/2015 in favore della controricorrente
che quantifica in € 1.415,00, oltre ad €.200,00 per esborsi, rimborso nella misura forfettaria del 15%, Iva e Cpa come per legge.
Così deciso in Roma, il 06/06/2024