Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30490 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30490 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20955/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege da ll’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è ex lege domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
CARTELLA DI PAGAMENTO IRES
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO – ROMA n. 87/2021, depositata in data 12/1/2021; udita la relazione della causa svolta dal AVV_NOTAIO nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024;
Fatti di causa
Alla RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, anche ‘la contribuente’ ) fu notificata una cartella di pagamento in seguito ad un controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 , per la ripresa di un maggior debito Ires dovuto al disconoscimento RAGIONE_SOCIALE perdite registrate negli anni 2009, 2010 e 2011 dalla controllata RAGIONE_SOCIALE, qualificata come ‘società di comodo’ alla stregua dell’art. 30, comma 1, della legge n. 724 del 1994 , oltre che per la sanzione amministrativa pecuniaria conseguente ad un tardivo versamento dell’Ires a saldo.
Essendo stata eliminata già in via amministrativa la sanzione amministrativa pecuniaria, la contribuente ricorse in primo grado contro la cartella di pagamento, che fu annullata dalla C.T.P. di Roma. La sentenza di primo grado fu confermata dalla C.T.R., su ricorso dell’Ufficio.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo.
Resiste con controricorso la contribuente.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 30 , commi 1 e 4-bis, della legge 23 dicembre 1994 n. 724, anche in combinato disposto con l’art. 2697, comma 1, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ‘ , l’RAGIONE_SOCIALE contesta la sentenza impugnata per aver ritenuto assolto l’onere della prova, da parte della società contribuente, della esistenza RAGIONE_SOCIALE circostanze di cui al comma 4 bis dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994, mediante la documentazione depositata in giudizio.
Dopo aver ricordato che l ‘onere probatorio non può ritenersi assolto nel caso in cui l’assenza di redditività è da addebitarsi a fattori ambigui, tali da non escludere l’influenza di una volontà interessata del titolare della società, l’amministrazione ricorrente deduce che la contribuente non avrebbe dato la prova che l’assenza di redditività era dovuta a caso fortuito o forza maggiore, e comunque a fattori del tutto estranei alla sua (degli organi sociali) volontà.
In particolare, il fatto che l’unico immobile della società non sia stato completato sarebbe di per sé una circostanza ambigua, che non farebbe escludere la concorrente volontà degli organi sociali tesa a lasciare l’immobile nello stato in cui si trova.
1.1. Il ricorso è inammissibile.
La motivazione resa dalla C.T.R. è congrua ed esclude che la documentazione prodotta dalla società lasci dubbi circa la non concorrenza della volontà degli organi sociali di lasciare l’immobile incompleto.
In altri termini, valutando le prove prodotte e le argomentazioni a confutazione spiegate dall’ufficio, il giudice d’appello ha concluso che la contribuente, odierna controricorrente, ha adeguatamente provato
che il non completamento dell’immobile, e dunque, la sua non redditività, non erano riconducibili a scelte di comodo, ma a RAGIONE_SOCIALE oggettive difficoltà di reperire soggetti imprenditoriali che ne finanziassero l’attività o che collaborassero con la società al rilancio della sua attività economica.
Si tratta di un giudizio di merito incensurabile in sede di giudizio di legittimità, tanto più che la stessa sentenza impugnata ha ben spiegato che l’impossibilità di conseguire una normale redditività non deve essere intesa in senso assoluto, perché, a ragionare così, nulla sarebbe impossibile; bensì deve essere intesa in senso relativo come rilevante e comprovata difficoltà tenute presenti le condizioni di mercato in cui la contribuente si trova ad operare (cfr., ex coeteris Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 16472 del 23/05/2022).
2.Dall’inammissibilità del ricorso consegue l’obbligo del pagamento, in favore della società contribuente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che si liquidano in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, che si liquidano in euro duemilatrecento per compensi, oltre al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese generali, iva e cpa come per legge, ed oltre ad euro duecento per esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 ottobre 2024.