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Società di comodo: la crisi non basta a giustificare

Una società edile, a fronte di perdite sistematiche per cinque anni, ha richiesto la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado aveva accolto la richiesta, adducendo come giustificazione la crisi del settore edile e un riassetto societario interno. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che una crisi generica e le scelte imprenditoriali interne non costituiscono ‘situazioni oggettive’ sufficienti a giustificare le perdite. Per evitare la qualifica di società di comodo, è necessario dimostrare l’esistenza di eventi specifici, straordinari ed esterni alla volontà dell’impresa che abbiano reso impossibile il conseguimento di ricavi.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Comodo: La Crisi Economica Non Basta a Giustificare le Perdite

L’ordinanza n. 8856/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante precisazione sui criteri per disapplicare la normativa sulle società di comodo. Per un’azienda che si trova in una situazione di perdita fiscale sistematica, non è sufficiente invocare una generica crisi del settore o cambiamenti interni per evitare le penalizzazioni fiscali. La Corte suprema ha stabilito che solo la prova di specifiche e oggettive situazioni, esterne alla volontà dell’imprenditore, può giustificare il mancato raggiungimento dei ricavi minimi presunti dalla legge.

Il Contesto del Caso: Dalla Crisi Edile alla Cassazione

Una società operante nel settore edile si era vista negare dall’Agenzia delle Entrate la possibilità di disapplicare la disciplina per le società non operative per l’anno d’imposta 2014, a seguito di cinque esercizi consecutivi in perdita (2009-2013). La società aveva impugnato il provvedimento e la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia le aveva dato ragione. Secondo i giudici d’appello, la situazione di perdita era giustificata da una “oggettiva situazione” legata alla crisi del settore edile e a un riassetto societario, avvenuto nel 2013, finalizzato a rendere l’azienda più efficiente. L’Agenzia delle Entrate, non condividendo questa interpretazione, ha proposto ricorso per cassazione.

La Disciplina della Società di Comodo e la Prova Contraria

La normativa sulle società di comodo mira a contrastare l’uso di strutture societarie per scopi diversi da quelli imprenditoriali, come la semplice gestione di patrimoni immobiliari o mobiliari. La legge presume che una società che non raggiunge determinati standard minimi di ricavi o che si trova in perdita sistematica non sia operativa. Tale presunzione, tuttavia, non è assoluta. Il contribuente può fornire la prova contraria, dimostrando l’esistenza di “circostanze oggettive” che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi. La vera questione giuridica ruota attorno a cosa si intenda esattamente per “circostanze oggettive”.

La Decisione della Cassazione e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando la sentenza d’appello. I giudici supremi hanno ritenuto errata la valutazione della corte territoriale. Il riferimento a una generica “crisi economica e di settore” è stato giudicato troppo vago e insufficiente a costituire una valida causa di giustificazione. Una crisi di mercato, per essere rilevante, deve essere provata nei suoi effetti specifici e diretti sull’attività dell’impresa, dimostrando come essa abbia concretamente impedito lo svolgimento dell’attività e il conseguimento di ricavi.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che il mutamento della compagine sociale, pur essendo finalizzato a migliorare l’efficienza, rappresenta una scelta imprenditoriale interna. Le “circostanze oggettive” che esonerano dalla disciplina devono essere estranee alla dinamica e alle decisioni gestionali dell’impresa. Devono essere eventi straordinari, non dipendenti dalla volontà o da scelte consapevoli dell’imprenditore, che si pongono come un ostacolo insormontabile all’attività economica.

In sostanza, i giudici di merito avevano erroneamente equiparato difficoltà operative e scelte gestionali a cause di forza maggiore esterne, senza verificare se le perdite fossero effettivamente collegate a un evento “astrattamente estraneo ad una volontà dell’impresa”.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per tutte le aziende che rischiano di rientrare nella categoria delle società di comodo. Per superare la presunzione di non operatività, non basta addurre motivazioni generiche o legate a scelte interne. È indispensabile fornire una prova rigorosa e documentata di fatti specifici, esterni e non controllabili che hanno direttamente causato l’incapacità di produrre reddito. Gli imprenditori devono quindi essere in grado di dimostrare un nesso causale diretto tra l’evento esterno (ad esempio, un’alluvione che ha distrutto un cantiere, la perdita improvvisa del principale committente per fallimento, un divieto normativo imprevisto) e le perdite fiscali registrate. La sentenza d’appello è stata cassata e la causa rinviata ad altra sezione della stessa Corte di giustizia tributaria per un nuovo esame che tenga conto di questi stringenti principi.

Una crisi economica generica del settore è sufficiente a giustificare le perdite di una società per evitare la disciplina delle società di comodo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un generico riferimento alla crisi economica e di settore non è sufficiente. È necessario provare che determinate circostanze oggettive e specifiche, anche se legate alla crisi, abbiano reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi.

Un cambiamento nella compagine sociale può essere considerato una “circostanza oggettiva” che impedisce il conseguimento di ricavi?
No, secondo la Corte, un mutamento della compagine sociale è una vicenda interna alla società e una scelta imprenditoriale. Le circostanze oggettive che giustificano la disapplicazione della norma devono essere esterne alla dinamica della gestione dell’impresa e non dipendenti da scelte volontarie.

Quali caratteristiche devono avere le circostanze per esonerare una società dalla disciplina delle società di comodo?
Le circostanze devono essere oggettive, di carattere straordinario e non dipendenti da scelte consapevoli dell’imprenditore. Devono essere situazioni estranee alla normale dinamica gestionale che hanno impedito lo svolgimento dell’attività secondo gli standard minimi di redditività previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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