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Società di comodo: la Cassazione e il giudicato

La Corte di Cassazione interviene sul tema delle società di comodo, stabilendo che la qualifica di società non operativa non ha carattere permanente e deve essere valutata per ogni singolo periodo d’imposta. Pertanto, una sentenza favorevole per un’annualità non costituisce giudicato esterno per le successive. L’ordinanza, inoltre, recepisce i principi della Corte di Giustizia UE, affermando che la normativa nazionale che nega la detrazione IVA solo sulla base di ricavi insufficienti è in contrasto con il diritto europeo e deve essere disapplicata. Il caso riguardava il diniego di un rimborso IVA a una società, annullato in appello sulla base di una precedente decisione favorevole, ma ora la Cassazione ha cassato la sentenza di secondo grado, rinviando per un nuovo esame del merito.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo e Giudicato Esterno: La Cassazione detta le Regole

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale in materia fiscale: la qualifica di società di comodo non è uno status permanente. Questa importante precisazione limita l’applicazione del cosiddetto giudicato esterno e allinea la giurisprudenza nazionale alle direttive europee in materia di IVA. La decisione nasce dal ricorso dell’Agenzia Fiscale contro una sentenza che aveva concesso un rimborso IVA a una società, basandosi su una precedente decisione favorevole relativa a un’altra annualità.

I Fatti del Caso

Una società si era vista negare dall’Amministrazione Finanziaria il rimborso di un credito IVA relativo all’anno d’imposta 2010. Il motivo del diniego era la presunta natura di società di comodo della contribuente. La società aveva impugnato il provvedimento e la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado le aveva dato ragione. I giudici d’appello avevano ritenuto che una precedente ordinanza della stessa Cassazione, relativa all’anno 2007, avesse già escluso per quella stessa società la qualifica di non operativa, e che tale decisione, passata in giudicato, dovesse estendere i suoi effetti anche all’annualità 2010.

Contro questa decisione, l’Agenzia Fiscale ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione del principio del giudicato esterno e la violazione della normativa sulle società di comodo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno chiarito che la valutazione sulla natura di una società non operativa deve essere condotta anno per anno.

Le motivazioni: i limiti del giudicato per le società di comodo

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra elementi stabili e variabili di un rapporto tributario. Il giudicato esterno, che impedisce di ridiscutere questioni già decise in via definitiva tra le stesse parti, si applica solo a elementi costitutivi della fattispecie che hanno carattere permanente (es. qualificazioni giuridiche preliminari).

Lo status di società di comodo, invece, è un elemento variabile. Esso dipende dall’applicazione di parametri specifici (come il rapporto tra ricavi e valore degli asset) che devono essere verificati per ogni singolo periodo d’imposta. Una società può risultare non operativa in un anno e pienamente operativa in quello successivo, o viceversa. Pertanto, una decisione favorevole per il 2007 non può automaticamente precludere un accertamento per il 2010. Il giudicato formatosi su un’annualità non vincola il giudice a decidere nello stesso modo per le annualità successive.

Le motivazioni: l’impatto del Diritto dell’Unione Europea

La Corte non si è fermata qui. Ha colto l’occasione per integrare nella sua decisione i recenti e importanti sviluppi della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza C-341/22). La normativa italiana sulle società di comodo, nella parte in cui presume il carattere non operativo sulla base del mancato raggiungimento di una soglia minima di ricavi e nega il diritto alla detrazione IVA, è in conflitto con gli articoli 9 e 167 della Direttiva IVA.

Secondo il diritto europeo:
1. La qualità di soggetto passivo IVA deriva dall’esercizio di un’attività economica, anche preparatoria, finalizzata a generare introiti stabili, a prescindere dal valore economico raggiunto.
2. Il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte non può essere negato solo perché le operazioni a valle sono considerate di importo insufficiente.

Ciò che conta è l’impiego effettivo di beni e servizi per operazioni soggette a IVA, a meno che non si dimostri una frode o un abuso del diritto. La presunzione della legge italiana si pone in contrasto con i principi di neutralità e proporzionalità dell’IVA.

Le Conclusioni: cosa cambia per le imprese?

Questa ordinanza ha due implicazioni pratiche fondamentali:

1. Nessun automatismo dal passato: Le imprese non possono fare affidamento su una sentenza favorevole relativa a un anno d’imposta per sentirsi al sicuro per gli anni futuri. La verifica della non operatività è annuale e deve essere affrontata caso per caso, fornendo le prove necessarie a dimostrare la propria operatività.

2. Prevalenza del diritto UE: I giudici nazionali sono tenuti a disapplicare la normativa interna sulle società di comodo quando questa si scontra con la Direttiva IVA. Un’impresa che svolge un’effettiva attività economica, anche se con ricavi bassi o in fase preparatoria, non può vedersi negato il diritto a detrarre l’IVA. Questo principio rafforza la tutela delle startup, delle aziende in crisi temporanea o di quelle che operano in settori con cicli economici lunghi.

Una sentenza che esclude la qualifica di “società di comodo” per un anno vale anche per gli anni successivi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che lo status di società non operativa è un elemento variabile che deve essere accertato anno per anno. Pertanto, una sentenza favorevole su un determinato periodo d’imposta non ha effetto di giudicato esterno vincolante per le annualità successive.

Una società con ricavi bassi può perdere il diritto alla detrazione IVA perché considerata una “società di comodo”?
No, non solo sulla base di questo presupposto. La Corte di Cassazione, richiamando una sentenza della Corte di Giustizia UE, ha chiarito che la normativa nazionale che nega il diritto alla detrazione IVA unicamente perché i ricavi non raggiungono una soglia predeterminata è in contrasto con la Direttiva IVA e i principi di neutralità e proporzionalità. Ciò che rileva è l’esercizio effettivo di un’attività economica, non l’ammontare dei ricavi.

Cosa deve fare il giudice nazionale quando la legge italiana sulle società di comodo contrasta con la direttiva IVA europea?
Il giudice nazionale ha l’obbligo di disapplicare la normativa interna (in questo caso, l’art. 30 della legge n. 724/1994) nella parte in cui essa si pone in conflitto con le norme della direttiva IVA, come interpretate dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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