Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2764 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2764 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/02/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 3904/2024 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale allegata al controricorso (PEC: EMAIL; EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Puglia n. 2044/03/2023, depositata il 5.07.2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CGT di secondo grado della Puglia accoglieva l’ appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della CTP di Bari che aveva rigettato il suo ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego di
Oggetto:
Tributi – Società di
comodo – Giudicato esterno
rimborso di un credito IVA formatosi nell’anno d’imposta 2010 , emesso ai sensi de ll’art. 30, comma 4, della l. n. 724 del 1994, in quanto la contribuente era stata considerata una società di comodo; – dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
-a seguito dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 2636 del 2023, emessa nei confronti delle stesse parti, si era formato il giudicato esterno in ordine alla esclusione della Imco dall’ambito della disciplina sulle società di comodo , sulla quale si fondava l’atto di diniego impugnato;
l ‘Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo;
la società contribuente resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo, l’Agenzia deduce , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e dei principi in materia di giudicato esterno, con conseguente violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 4-bis, della l. n. 724 del 1994, avendo i giudici di appello erroneamente applicato il giudicato esterno, formatosi a seguito dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 2636 del 27.01.2023, riguardante la medesima società contribuente, in relazione all’anno d’imposta 2007 , senza considerare il principio di autonomia dell’obbligazione tributaria con riferimento ad ogni periodo di imposta, per cui lo ‘status’ di società non operativa non può considerarsi permanente, ma va verificato anno per anno, così come andavano accertate, in relazione ad ogni singolo anno d’imposta, la sussistenza e la permanenza delle condizioni oggettive che impedivano alla società di conseguire i ricavi minimi previsti; – il motivo è fondato;
– secondo il principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13916 del 16.06.2006, infatti, ‘ Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il
giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta’;
-l’effetto preclusivo del giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta, dunque, non opera indistintamente e in via generale per altri periodi d’imposta, essendo limitato non solo alle ipotesi di concreta sussistenza del ‘ medesimo rapporto giuridico’, ma anche alla ‘ soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune’, aventi natura di ‘ premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza’ ;
detto effetto preclusivo può riguardare, poi, esclusivamente gli ‘ elementi costitutivi della fattispecie’ estensibili nel tempo e quindi insensibili al ‘periodo d’imposta’, individuati, in via esemplificativa, nella ‘ qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria’;
con specifico riferimento alle società di comodo, in particolare, questa Corte ha precisato che lo «status» di società non operativa risultante dall’applicazione dei parametri previsti dall’art. 30, comma 1, della l. n. 724 del 1994, non è permanente, ma va accertato anno per anno, essendo un elemento variabile, ben potendo una società essere non operativa in un determinato esercizio sociale ed operativa in quello successivo (Cass. n. 20702 dell’1.10.2014; Cass. n. 12829
del 22.05.2017; Cass. n. 18912 del 17.07.2018; Cass. n. 4850 del 24.02.2020);
alla luce di questi condivisibili canoni giuridici, a cui non si è attenuto il giudice di appello, è da escludere l’operatività in questo giudizio, riguardante il diniego di rimborso di un credito IVA, del giudicato esterno riguardante il giudizio relativo all’impugnazione dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2007, giacché né l’unicità della verifica fiscale e né i rilievi mossi per i diversi periodi d’imposta rappresentano un fatto a carattere stabile ovvero permanente destinato a reiterarsi per le diverse annualità;
– peraltro, poiché il giudizio riguarda il diniego di rimborso di un credito IVA, occorre evidenziare che con riferimento alla normativa italiana delle società di comodo è recentemente intervenuta la Corte di giustizia UE, con la sentenza C-341/22 del 7 marzo 2024 ( RAGIONE_SOCIALE/Agenzia delle entrate ), la quale ha precisato che ‘l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone ‘ (punto 25) e che ‘ l’articolo 167 della direttiva IVA nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle ‘ (punto 43);
al la luce dell’interpretazione fornita dai giudici unionali , va condiviso quanto già rilevato da questa Corte e, segnatamente, che l’art. 30 della legge n. 724 del 1994 si pone in conflitto con gli artt. 9, paragrafo 1, e 167 della direttiva IVA, con la conseguente necessità della sua disapplicazione da parte del giudice nazionale, laddove prevede che il carattere non operativo di una società, che esclude il diritto alla detrazione dell’IVA, è dimostrato sulla base di una presunzione, quando i ricavi non raggiungono la soglia di reddito prefissata dalla stessa disposizione ( ex plurimis , Cass. n. 22249 del 6/08/2024);
la qualità di soggetto passivo deriva, dunque, dall’esercizio di un’attività economica per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità e, di conseguenza, il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte non può essere negato ad una società che effettua operazioni rilevanti ai fini dell’IVA senza tuttavia raggiungere la soglia di reddito prevista dalla normativa italiana di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994 e ciò a prescindere dalla prova fornita dalla società contribuente sull’esistenza di situazioni oggettive che rendano impossibile il conseguimento di redditi superiori a detta soglia; ciò che rileva è che la società abbia impiegato i beni e i servizi acquistati per le sue operazioni soggette ad IVA, indipendentemente dai risultati delle attività economiche, e che dette operazioni non si inseriscano in una frode (connotate anche soggettivamente secondo il consolidato principio per cui la parte sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare ad una evasione) o non integrino, ai fini unionali, un abuso inteso anche quale ‘ realizzazione di una costruzione artificiosa ‘ (punti 33 -36 della sentenza C-341/22 cit.; Cass. n. 24416 del l’11.09.2024);
a ciò va aggiunto che la detrazione dell’imposta può spettare anche in assenza di operazioni attive, ossia con riguardo alle attività di
carattere preparatorio, purché esse siano finalizzate alla costituzione delle condizioni d’inizio effettivo dell’attività tipica (Cass. n. 25635 del 31/08/2022; Cass. n. 23994 del 03/10/2018);
– il ricorso va, dunque, accolto e la sentenza impugnata va cassata, per nuovo esame che dovrà riguardare il merito del diniego di rimborso e per la liquidazione delle spese, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per la liquidazione delle spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 23 ottobre 2024