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Società di comodo: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione interviene sul tema delle società di comodo, stabilendo che lo status non operativo va verificato anno per anno. Mentre conferma l’illegittimità del diniego di disapplicazione per un anno specifico, cassa la sentenza che ne estendeva automaticamente gli effetti ad anni precedenti e successivi, violando il principio di autonomia dei periodi d’imposta. Il caso è rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Comodo: La Cassazione Sottolinea l’Autonomia di Ogni Periodo d’Imposta

L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti sulla disciplina delle società di comodo e sui rimedi a disposizione del contribuente. Con una decisione articolata, la Corte di Cassazione ha stabilito principi chiave sull’impugnabilità del diniego di disapplicazione e, soprattutto, sull’importanza di valutare la condizione di non operatività anno per anno, in ossequio al principio di autonomia dei periodi d’imposta.

I fatti di causa: dal diniego di disapplicazione alle cartelle di pagamento

Una società a responsabilità limitata in liquidazione si era vista negare dall’Agenzia delle Entrate la possibilità di disapplicare la normativa sulle società non operative per l’anno d’imposta 2013. La società ha impugnato tale diniego e, nel frattempo, ha ricevuto cinque diverse cartelle di pagamento per IRES e IRAP relative agli anni 2012, 2013 e 2014, emesse a seguito di controllo automatizzato.

La Commissione Tributaria Regionale, riuniti i diversi ricorsi, aveva dato ragione alla società, confermando l’illegittimità del diniego per il 2013 e, di conseguenza, annullando tutte le cartelle di pagamento. Secondo i giudici di merito, l’accertata illegittimità per un’annualità doveva estendere i suoi effetti anche alle altre, rendendo non dovute le imposte richieste. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione avverso tale decisione.

La decisione della Corte di Cassazione e il principio dell’autonomia dei periodi d’imposta

La Suprema Corte ha parzialmente accolto il ricorso dell’Agenzia. In primo luogo, ha ribadito un principio consolidato: il diniego dell’istanza di disapplicazione è un atto autonomamente impugnabile, poiché esprime una pretesa tributaria chiara e definita.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda l’errata estensione degli effetti della decisione relativa al 2013 agli anni 2012 e 2014. La Corte ha censurato la sentenza regionale per aver violato il principio fondamentale dell’autonomia dei periodi d’imposta. Secondo tale principio, ogni anno fiscale rappresenta un’obbligazione tributaria a sé stante, e le circostanze di fatto e di diritto devono essere valutate in modo indipendente per ciascun periodo.

Lo status di società di comodo non è permanente

La condizione di società di comodo non è uno status permanente. È una situazione variabile che deve essere verificata per ogni singolo anno. Una società può essere non operativa in un determinato esercizio ma pienamente operativa in quello successivo o precedente. La Commissione regionale, estendendo automaticamente il giudizio del 2013 agli altri anni senza un’analisi specifica, ha commesso un errore di diritto.

La Corte ha inoltre precisato che, nonostante per gli anni 2012 e 2014 fossero intervenute precedenti sentenze che dichiaravano inammissibili i ricorsi della società, queste costituivano un “giudicato meramente formale”. Ciò significa che, non essendo entrate nel merito della pretesa, non impedivano al contribuente di contestare la fondatezza delle imposte una volta ricevute le cartelle di pagamento, che rappresentano il primo atto con cui la pretesa viene formalmente manifestata.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base del principio cardine dell’autonomia dei periodi d’imposta, sancito dall’art. 7 del TUIR. I giudici hanno spiegato che la valutazione sulla natura operativa o meno di una società è un accertamento di fatto che non può “cristallizzarsi” ed estendere i suoi effetti a periodi d’imposta precedenti o successivi. La condotta imprenditoriale è per sua natura variabile nel tempo. La sentenza impugnata è stata cassata proprio perché è mancato questo accertamento autonomo per gli anni 2012 e 2014.

Inoltre, la Corte ha ribadito la piena facoltà del contribuente di contestare nel merito una cartella di pagamento emessa ex art. 36-bis, anche se basata sui dati della propria dichiarazione. La dichiarazione ha natura di dichiarazione di scienza e può essere ritrattata qualora emergano nuovi elementi. La cartella, essendo il primo atto impositivo notificato, apre le porte a una contestazione a tutto tondo della pretesa fiscale.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte ha rigettato i motivi di ricorso relativi all’anno 2013, confermando la non debenza delle somme per tale periodo, ma ha accolto quelli relativi agli anni 2012 e 2014. La sentenza è stata cassata in relazione a questi ultimi e rinviata a un’altra sezione della Commissione di Giustizia Tributaria di secondo grado per un nuovo esame. L’implicazione pratica è chiara: il contribuente che si ritiene operativo deve dimostrarlo specificamente per ogni singolo anno fiscale contestato, non potendo fare affidamento su una decisione favorevole ottenuta per un’annualità diversa.

Una società può impugnare il diniego dell’Agenzia delle Entrate alla richiesta di non essere considerata “società di comodo”?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il provvedimento di rigetto dell’istanza di interpello disapplicativo è un atto impugnabile, in quanto manifesta una pretesa tributaria definita da parte dell’amministrazione finanziaria.

La valutazione dello status di “società di comodo” per un anno vale automaticamente anche per gli anni precedenti o successivi?
No. La Corte ha stabilito che lo status di società non operativa deve essere accertato anno per anno, in base al principio di autonomia dei periodi d’imposta. Essere considerata operativa in un anno non implica automaticamente che lo sia stata o lo sarà in altri.

È possibile contestare una cartella di pagamento basata sulla propria dichiarazione in cui ci si è qualificati come società di comodo?
Sì. Anche se l’imposta è stata liquidata sulla base della dichiarazione presentata dal contribuente, quest’ultimo può contestare nel merito la pretesa tributaria contenuta nella cartella di pagamento, in quanto essa rappresenta il primo atto impositivo notificato che rende la pretesa esigibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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