Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7157 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7157 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12681/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio presso il proprio indirizzo PEC;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, n. 9191/2015, depositata il 22 ottobre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-La Giulia RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento n. TFK030052263/2012 per l’anno 2010 con il quale l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Avellino, aveva accertato maggiori imposte IRES, IRAP, IVA e altro, computate sul reddito imponibile minimo di cui all’art. 30 l. n. 724/94 per euro 1.094,40 e che la società NOME doveva restituire il credito IVA maturato in suo favore per euro 302.340,00 a cagione e per effetto della non operatività della società nei tre anni precedenti 2008, 2009 e 2010.
L’Agenzia delle entrate si costituiva nel giudizio di primo grado, chiedendo il rigetto del ricorso.
La Commissione tributaria provinciale di Avellino rigettava il ricorso, compensando le spese del giudizio.
-Avverso tale sentenza, proponeva appello l’odierna ricorrente.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate.
La Commissione tributaria regionale della Campania, Sezione distaccata di Salerno, ha rigettato l’appello, con condanna alle spese della società.
–RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione de ll’art . 360 n. 3 cod. proc. civ. in relazione alla norma di cui all’art. 30 l. n. 724/94. Al riguardo, si evidenzia che il previo interpello disapplicativo di cui all’art . 30 l. n. 724/94 costituisce una mera facoltà, e non un obbligo,
per il contribuente, atteso che gli è sempre consentito impugnare l’avviso di accertamento fondato sulle presunzioni di cui alla detta norma e fornire la prova contraria dell ‘ esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche e indipendenti dalla sua volontà, preclusive dell’esercizio dell’attività di impresa e del raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto. Nel caso di specie, la società RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stata obbligata al previo interpello disapplicativo della norma di cui all’art. 30 l. n. 724/94, ma aveva diritto e facoltà di impugnare l’ avviso di accertamento fondato sulle presunzioni di cui alla detta norma e fornire la prova contraria dell ‘ esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, preclusive dell’esercizio dell’attività di impresa e del raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto, così come ha fatto.
1.1. -Il motivo è fondato.
In tema di società di comodo, l’interpello disapplicativo conseguente al mancato superamento del test di operatività previsto dall’art. 30 della l. n. 724 del 1994 (vigente “ratione temporis”), non presenta natura di una condizione di procedibilità e di limitazione della tutela giurisdizionale del contribuente, né comporta l’elisione della facoltà, per quest’ultimo, di superare la presunzione legale di non operatività sancita dal primo comma della disposizione citata, assumendo all’uopo rilievo i principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), per effetto dei quali non è impedito al contribuente sia di discostarsi dalla risposta negativa all’interpello resa dalla Amministrazione -senza doverla necessariamente impugnare per evitarne la cristallizzazione, potendo comunque impugnare gli atti successivi di applicazione delle disposizioni antielusive – sia di esperire la piena tutela in sede giurisdizionale nei confronti dell’atto tipico impositivo che gli venga successivamente notificato, dimostrando in tale sede, senza
preclusioni di sorta, la sussistenza delle condizioni per fruire della disapplicazione della norma antielusiva (Cass., Sez. V, 15 ottobre 2021, n. 28251).
Il contribuente può superare la presunzione relativa di non operatività di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994, dando prova dell’esistenza di situazioni oggettive, indipendenti dalla sua volontà, di carattere straordinario e da valutarsi in relazione alle effettive condizioni del mercato; l’affermazione, da parte del giudice di merito, dell’idoneità o meno dei fatti accertati, ove incontroversi, ad integrare siffatta ipotesi può essere oggetto di sindacato in sede di legittimità, per vizio cd. di sussunzione, riconducibile al paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (Cass., Sez. V, 16 maggio 2023, n. 13328).
La contribuente non era quindi obbligata a proporre un interpello disapplicativo. D’altronde, alle società considerate non operative perché in perdita fiscale, “ratione temporis” equiparate alle società di comodo dall’art. 2, commi 36-decies e 36-undecies, del d.l. n. 138 del 2011, conv. con modif. dalla l. n. 148 del 2011, non può essere negata la qualità di soggetto passivo dell’IVA, posto che, in base all’art. 9, par. 1, della Direttiva 2006/112/CE, come interpretato dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza del 7 marzo 2024, in causa C-341/22, al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettua operazioni rilevanti a fini IVA va riconosciuto, ove non invocato in modo fraudolento o abusivo, il relativo diritto alla detrazione, alla compensazione, alla cessione dell’eccedenza di credito e al rimborso (Cass., Sez. V, 19 dicembre 2024, n. 33424).
2. -L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo con cui si deduce la violazione dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. in relazione alla norma di cui all’art. 30 L. n. 724/94. Violazione dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. in merito all’omessa considerazione, ai fini della prova contraria all’accertamento
presuntivo di cui alla norma ex art. 30 L. n. 724/94, del fatto che i beni mobili assunti a base di calcolo per il reddito unico minimo imponibile erano strumentali alla costituzione della società ed alla edificazione del complesso alberghiero.
-La sentenza deve essere dunque cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione