Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30643 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30643 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, sedente in Ferentino, in persona del legale rappresentante, con AVV_NOTAIO;
– ricorrente
–
Contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ; – controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. staccata di Latina, n. 5970/39/15 depositata il 13 novembre 2015.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 settembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia notificava alla contribuente odierna ricorrente avviso di accertamento di maggior imposta anno 2007 conseguente alla mancata compilazione del test di operatività ed in applicazione dei parametri reddituali previsti per le società di comodo dall’art. 30 l. 724/1994. La CTP rigettava il ricorso, e la CTR, adìta dalla contribuente in grado d’appello, confermava la sentenza di primo
RAGIONE_SOCIALE
grado, da cui il ricorso in cassazione della RAGIONE_SOCIALETRAGIONE_SOCIALEI., basato su tre motivi. L’Agenzia resiste con controricorso.
Il ricorrente ha altresì depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1.Col primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 4 -bis, l. n. 724/1994, sostenendosi che i giudici del merito non avrebbero valutato la sussistenza di una situazione oggettiva di impossibilità a produrre reddito, costituita dall’inutilizzabilità temporanea dell’immobile di proprietà, soggetto a bonifica amianto, procedendo piuttosto a verificare l’inoperatività ‘in assoluto’ della società ricorrente.
2.Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 1, l. n. 724/1994 e degli artt. 115 e 116, cod. proc. civ., allegando che i giudici di merito non hanno valutato la prova dell’inutilizzabilità dell’immobile (dal 2000 al 2007).
Col terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle stesse disposizioni di cui al motivo precedente, affermandosi che erroneamente i giudici di merito hanno comunque valutato un’inoperatività in assoluto della società, dal momento che la documentazione dimostrava al contrario un’inutilizzabilità solo temporanea dell’immobile.
I motivi, attesa la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.
Preliminarmente va rilevato che non risulta essere stato presentato il prescritto interpello disapplicativo ai sensi dell’art. 30 l. n. 724/1994 per l’anno d’imposta qui in rilievo, 2007, bensì come espressamente indicato nello stesso ricorso -con riguardo all’anno 2006 (istanza n. 56240 del 23.7.2007).
In ogni caso deve osservarsi che l’art. 30 della l. n. 724/1994 stabilisce i parametri per il calcolo dei redditi delle c.d. società di comodo, inoperative e strumentali al mero godimento di beni.
Nella specie le pronunce di merito hanno accertato la sussistenza di un’inoperatività in assoluto. In effetti è proprio questo il presupposto applicativo della norma.
La società in questione risulta avere come oggetto sociale l’attività di trasporto, ma non risulta avere la disponibilità di personale, né di mezzi di trasporto.
Dalla sentenza d’appello si ricava che nel lungo periodo preso in esame (dal 1990 all’anno 2007) la società ebbe ad emettere (e produrre in giudizio) solo tre fatture, per complessive Lire 4.522.000, tutte risalenti al 1997, il che non fa che confermare l’inoperatività della società e dunque la sussistenza dei presupposti applicativi della disciplina di cui alla l. n. 724/1994.
L’unico bene sociale, come del resto si ricava dalle stesse difese della ricorrente, è costituito appunto dall’immobile che, se non dal 1990, almeno dal 1993 è inagibile per la presenza di amianto.
Non si vede dunque quale elemento porti a concludere nel senso dell’operatività anche parziale della società, mentre tutti quelli indicati suffragano concordemente il contrario.
Alla luce di tutto ciò il fatto che concretamente negli anni 20002007 si siano svolti i lavori di bonifica è irrilevante: gli stessi in quel periodo, o in quello diverso della loro durata, come sostiene la ricorrente, avranno pur reso inutilizzabile il bene, ma l’assenza di qualsiasi struttura imprenditoriale esclude che la società abbia svolto in generale (od in ‘assoluto’) la propria attività, e dunque essi non ebbero alcuna incidenza concreta sulla stessa, la cui sola effettività attribuisce significato ad una sua temporanea sospensione per fatto oggettivo e dunque l’inapplicabilità dei parametri di cui all’art.30, comma 4 -bis., l. cit., invocati nella specie.
Anche l’effettuazione delle opere di bonifica non contraddice l’inoperatività, posto che esse sono coerenti anche con la finalità di mero godimento del bene.
Il ricorso merita dunque integrale rigetto, con aggravio di spese in capo alla ricorrente soccombente.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in € 3.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2024