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Società di comodo: inattività assoluta e disciplina

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30655/2024, ha chiarito i presupposti per la qualificazione di una società come ‘società di comodo’. Nel caso esaminato, è stato stabilito che l’inutilizzabilità temporanea di un immobile per lavori di bonifica non è sufficiente a escludere la disciplina antielusiva, se la società risulta priva di qualsiasi struttura imprenditoriale e attività operativa in senso assoluto.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo: l’inattività assoluta batte l’impedimento oggettivo

La disciplina sulla società di comodo rappresenta uno strumento cruciale per l’amministrazione finanziaria nella lotta all’elusione fiscale. L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 30655 del 2024 offre un’importante chiave di lettura, specificando che per evitare l’applicazione delle norme antielusive non basta dimostrare un’oggettiva impossibilità temporanea a produrre reddito da un singolo bene, ma è necessario provare l’esistenza di una reale e complessiva attività d’impresa. Approfondiamo i dettagli di questa significativa pronuncia.

I fatti di causa

Una società operante nel settore dei trasporti riceveva un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per l’anno 2006. Il Fisco contestava alla società la qualifica di società di comodo, applicando i parametri reddituali presuntivi previsti dall’art. 30 della Legge n. 724/1994.
La contribuente impugnava l’atto, sostenendo che la propria inattività era dovuta a una causa di forza maggiore: l’unico immobile di sua proprietà era inutilizzabile a causa di necessari e prolungati lavori di bonifica da amianto. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale davano ragione all’Agenzia delle Entrate. La società decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La disciplina sulla società di comodo e i motivi del contendere

La normativa sulla società di comodo mira a colpire quelle entità giuridiche che, pur avendo un oggetto sociale commerciale, sono di fatto utilizzate come meri contenitori di beni (immobili, partecipazioni, ecc.) per sottrarli alla tassazione personale dei soci. La legge presume un reddito minimo che tali società avrebbero dovuto produrre, indipendentemente da quello effettivamente dichiarato.

La difesa della società si basava sull’esistenza di una situazione oggettiva che le impediva di produrre reddito: l’inutilizzabilità del suo immobile. Secondo la ricorrente, i giudici di merito avrebbero errato nel non considerare questa circostanza, concentrandosi invece su una presunta ‘inoperatività assoluta’ della società.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo le argomentazioni della società infondate. I giudici supremi hanno sottolineato che il punto centrale non è la temporanea inutilizzabilità di un singolo bene, ma la condizione complessiva della società. Dall’analisi dei fatti era emerso che:

1. Mancanza di struttura imprenditoriale: La società, pur avendo come oggetto sociale l’attività di trasporto, era completamente priva sia di personale che di mezzi di trasporto.
2. Inattività prolungata: In un lungo arco temporale (dal 1990 al 2007), la società aveva emesso solamente tre fatture, tutte risalenti al 1997.
3. Irrilevanza della bonifica: L’assenza totale di una struttura aziendale rendeva irrilevanti i lavori di bonifica sull’immobile. Questi lavori, infatti, non incidevano sulla capacità della società di svolgere l’attività di trasporto, che era già inesistente a prescindere. L’inoperatività era quindi ‘assoluta’ e non legata alla contingenza dell’immobile.

La Corte ha specificato che le opere di bonifica sono coerenti anche con la finalità di mero godimento del bene, tipica di una società di comodo, e non dimostrano di per sé l’intento di riprendere un’attività produttiva.

Le conclusioni

La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: per vincere la presunzione di essere una società di comodo, non è sufficiente addurre una causa oggettiva di improduttività legata a un singolo asset. È indispensabile dimostrare l’esistenza di una struttura aziendale e di un’attività economica concreta e continuativa. La valutazione deve essere complessiva e non può limitarsi a giustificare la mancanza di reddito con un singolo impedimento. Questa decisione rafforza gli strumenti a disposizione del Fisco per contrastare l’uso distorto dello strumento societario e ribadisce l’onere, per il contribuente, di provare la propria effettiva operatività sul mercato.

Quando una società viene considerata una ‘società di comodo’ secondo questa ordinanza?
Una società è considerata ‘di comodo’ quando dimostra un’inoperatività assoluta, caratterizzata dalla totale assenza di una struttura imprenditoriale (come personale o mezzi) e di un’attività economica significativa per un lungo periodo, a prescindere da eventuali cause temporanee di improduttività di un singolo bene.

L’inutilizzabilità di un immobile per lavori di bonifica è una giustificazione valida per evitare la disciplina delle società di comodo?
No. Secondo la Corte, l’inutilizzabilità temporanea di un immobile non è una giustificazione sufficiente se la società, nel suo complesso, è già priva di qualsiasi altra attività operativa e struttura aziendale. La valutazione riguarda l’operatività generale dell’impresa, non la redditività di un singolo asset.

Quali elementi ha considerato la Corte per confermare l’inoperatività assoluta della società?
La Corte ha basato la sua decisione sulla constatazione che la società, pur avendo come oggetto sociale l’attività di trasporto, non disponeva né di personale né di mezzi. Inoltre, in un periodo di quasi vent’anni, aveva emesso un numero irrisorio di fatture, dimostrando una totale mancanza di attività economica reale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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