Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16359 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16359 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Oggetto: società di comodo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19678/2020 R.G. proposto da
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (con indirizzo PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (con indirizzo PEC: EMAIL
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 2117/08/2019 depositata in data 20/11/2019;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società contribuente impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, per il periodo d’imposta 2010, ne rideterminava il reddito di impresa sulla base del c.d. ‘test di operatività’ valorizzando il dato delle immobilizzazioni materiali indicato nei bilanci presentati dalla stessa società al 31 dicembre 2008, al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010; in esito alla rielaborazione il reddito dichiarato risultava inferiore a quello minimo determinato in funzione di componenti patrimoniali individuati ex art. 30 c. 3 L. n. 724 del 1994 non avendo la società presentato alcuna istanza di disapplicazione e avendo peraltro compilato in modo errato i righi da RF74 a RF83 della dichiarazione unico SC;
il giudice di primo grado accoglieva il ricorso;
appellava la società contribuente; con la sentenza qui gravata, il giudice di appello ha confermato la pronuncia della CTP;
ricorre a questa Corte l’Amministrazione finanziaria con atto affidato a tre motivi di doglianza;
resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
Considerato che:
il primo motivo, incentrato sulla rilevanza e valutazione degli immobili siti in INDIRIZZO, deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 della L. n. 724 del 1994 e dell’art. 2697 c.c., dell’art. 110 del TUIR in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la Commissione Tributaria regionale erroneamente ritenuto che non sarebbe stato possibile prendere a riferimento il valore civilistico in quanto non era stata effettuata la rivalutazione ai fini fiscali; sostiene l’Agenzia delle entrate che non avendo la società mai opposta al valore fiscale un ‘proprio’ valore civilistico, bene poteva utilizzarsi ai fini del c.d. ‘test di operatività’ il valore delle immobilizzazioni materiali indicate nel bilancio civilistico;
il motivo è infondato;
-come si evince dalla sentenza impugnata, ‘… la diversità di valore inerisce essenzialmente le unità immobiliari site alla INDIRIZZO Ferrara, per le quali l’Ufficio, come visto, ha utilizzato il valore risultante da bilancio pari complessivamente ad € 2.040.000 nel 2007 corrispondente a quello stimato nella perizia effettuata -ai sensi degli art. 2500-ter e 2465 c.c.- in sede di trasformazione di RAGIONE_SOCIALE da società di persone a società di capitali (avvenuta con atto del 9 ottobre 2007)’; il giudice d’appello ha escluso la correttezza di tale modalità operativa, facendo leva sulla neutralità fiscale dell’operazione di trasformazione, in virtù della quale ‘…avendo la Società effettuato la rivalutazione dei beni ai soli fini civilistici, per effetto della trasformazione…ai fini del computo del test di operatività andavano considerati i valori fiscalmente rilevanti degli stessi’;
la statuizione è conforme a diritto;
-l’art. 30, comma 2, l. n. 724/94 stabilisce che ‘Ai fini dell’applicazione del comma 1, i ricavi e i proventi nonché i valori dei beni e delle immobilizzazioni vanno assunti in base alle risultanze medie dell’esercizio e dei due precedenti. Per la determinazione del valore dei beni si applica l’articolo 110, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi’;
-l’art. 110, comma 1, del t.u.i.r. prevede che ‘Agli effetti delle norme del presente capo che fanno riferimento al costo dei beni senza disporre diversamente… c) ‘il costo dei beni rivalutati, diversi da quelli di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a), b) ed e), non si intende comprensivo delle plusvalenze iscritte ad esclusione di quelle che per disposizione di legge non concorrono a formare il reddito’;
-conformemente all’accertamento del giudice d’appello, in ricorso si rileva che ‘l’Ufficio ha assunto, ai fini del test di operatività, il valore di € 2.040.000 in coerenza con il disposto dell’art. 2500 -ter c.c.’ (così si legge a pag. 17); e, secondo l’art. 2500 -ter, ‘il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla
base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima’ redatta a norma di legge;
in realtà, sul piano civilistico, la “trasformazione” della società, regolata dagli artt. 2498-2500 cod. civ., si sostanzia in un mutamento della natura giuridica della società e comporta la modificazione dell’atto costitutivo della società trasformata, ma non la nascita di un nuovo soggetto che si sostituisce a quello precedente. A differenza della disciplina anteriore al provvedimento di riforma -che disciplinava unicamente l’istituto della cd. trasformazione progressiva- l’attuale normativa civilistica prevede la trasformazione progressiva, da società di persone in società di capitali (artt. 2500-ter e 2500quinquies cod. civ.), la trasformazione involutiva (regressiva) (art. 2500-sexies cod. civ.), da società di capitali in società di persone, e le trasformazioni eterogenee, da società di capitali in enti associativi non societari (art. 2500-septies cod. civ.) e da enti associativi non societari in società di capitali (art. 2500-octies cod. civ.);
sul piano fiscale, tuttavia, l’art. 170 t.u.i.r. statuisce espressamente che “la trasformazione della società non costituisce realizzo, né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni, comprese quelle relative alle rimanenze ed il valore di avviamento”. Ciò significa che la trasformazione è un’operazione fiscalmente neutra che presuppone il rispetto della continuità dei valori contabili e che non comporta, di conseguenza, l’emergere di componenti positivi o negativi del reddito d’impresa (in termini, Cass. n. 30228/2018);
la neutralità fiscale riguarda sia i maggiori, sia i minori valori iscritti rispetto a quelli storici dei beni presenti nel bilancio della società trasformata;
per conseguenza, nel caso in cui la relazione di stima evidenzi maggiori valori rispetto a quelli di iscrizione in bilancio, essi, anche se recepiti nella contabilità della società trasformata, originano plusvalori non imponibili ai sensi dell’art. 110, comma 1, lettera c), del t.u.i.r.;
-nel caso inverso, in cui alcuni beni vengono svalutati, le corrispondenti minusvalenze non sono deducibili;
-tale principio generale, che informa l’intero sistema del reddito di impresa, ed è volto a garantire la irrilevanza tributaria delle operazioni di riorganizzazione societaria, al fine di non ostacolare i processi di adattamento delle stesse alle situazioni in cui esse esercitano la loro attività ai fini di accrescerne la competitività, viene confermato dalle previsioni normative via via introdotte in tema di rivalutazione dei beni d’impresa;
ad esempio, secondo il “collegato” alla Finanziaria 2000 e la Finanziaria 2002, sul maggior valore dei beni iscritti in bilancio, era dovuta un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, IRPEG ed IRAP pari al 19% per i beni ammortizzabili e al 15% per i beni non ammortizzabili e per le partecipazioni di controllo e di collegamento immobilizzate. Nel comma 2 dell’art. 3 della Finanziaria 2002, era espressamente stabilito che il maggior valore attribuito in sede di rivalutazione si considera fiscalmente riconosciuto, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP. L’art. 5 del regolamento attuativo della rivalutazione ex legge Finanziaria 2002 prevedeva, altresì, la “proroga” della disposizione di cui all’art.14 della legge 342 del 2000, che stabilisce il riconoscimento anche ai fini fiscali dei maggiori valori iscritti in contabilità ai soli fini civilistici;
in altri termini, ogni volta in cui si è attribuita rilevanza a una operazione di rivalutazione, anche al di fuori di un contesto di riorganizzazione societaria, lo si è espressamente previsto stabilendo altresì il pagamento, in tali casi, di una connessa imposta sostitutiva; non coglie allora nel segno la tesi dell’Agenzia in base alla quale la contribuente avrebbe dovuto dar prova di un costo fiscale diverso da quello civilistico, che, in base all’accertamento compiuto dalla CTR, e non contestato, anzi ammesso in fatto, era stato calibrato sul valore
-stimato in sede di perizia di trasformazione;
-infine, si rammenta che in base all’art. 15 del d.l. n. 185 del 2008 il contribuente poteva scegliere di rideterminare il valore dell’immobile soltanto ai fini civilistici oppure anche fiscalmente, corrispondendo un’imposta sostitutiva del 3% (per i beni ammortizzabili) o dell’1,5% (per i beni non ammortizzabili). In questo caso, tuttavia, l’efficacia fiscale era differita al quinto periodo d’imposta successivo a quello di rivalutazione che, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, corrisponde al 2013;
la stessa Agenzia delle Entrate sulla determinazione dei ricavi minimi era già intervenuta con la circolare n. 11/E del 2009 precisando che, in presenza di immobili rivalutati ex d.l. n. 185 del 2008, le risultanze medie dell’esercizio e dei due precedenti deve avvenire distinguendo tra il «valore non rivalutato», da applicarsi fino al 2012 (quindi anche nel presente caso) e il «valore fiscalmente rilevante», da utilizzare invece a decorrere dal 2013;
alla luce delle ridette osservazioni, deriva che non era possibile attribuire rilevanza ai fini impositivi, quindi, anche per quanto concerne l’applicabilità del c.d. ‘test di operatività’, al ridetto valore di bilancio corrispondente, come dinanzi evidenziato, a quello stimato nella relazione redatta a norma dell’art. 2500 -ter c.c.;
il secondo motivo, con riguardo con riguarda l’immobile di Santa Sofia, deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 c. 4 L. n. 724 del 1994, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere erroneamente la sentenza impugnata ritenuto correttamente contabilizzato tra le rimanenze e quindi non rilevanti ai fini della disciplina delle società c.d. ‘di comodo’ l’immobile in questione poiché tale la postazione in bilancio dipenderebbe dalla scelta strategica dell’imprenditore, risultando comunque irrilevante la condizione di inagibilità dell’immobile stesso;
il motivo è fondato;
-la CTR ha dapprima accertato come l’apposizione in bilancio del bene tra le rimanenze costituisse una ‘scelta strategica’ della società,
senza però trarre da tale considerazione in fatto (intoccabile in questa sede di legittimità) la naturale conseguenza giuridica quanto all’applicazione delle disposizioni antielusive di cui all’art. 30 L. n. 724 del 1994;
-proprio tale scelta, infatti, è sintomo dell’inerzia consapevolmente abbracciata dalla società, che ha scelto in concreto di non esser operativa; è evidente che chi mantiene il bene in condizione di inagibilità in forza di un comportamento volontario non si trova in alcuna situazione di natura oggettiva atta a precludere, appunto oggettivamente, la produzione di reddito;
il terzo motivo, che si appunta sull’immobile di Lido di spina -Comacchio si duole della violazione falsa applicazione degli artt. 2 e 35 c. 3 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112, 115 e 277 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la pronuncia di secondo grado affermato che l’unità immobiliare di Lido Spina può reputarsi nella disponibilità dei soci, senza però trarre da tale affermazione la rilevanza di detto bene ai fini della applicazione del c.d. ‘test di operatività’;
anche tale motivo è fondato;
-l’affermazione relativa alla acclarata disponibilità del bene in capo ai soci, corretta o meno, doveva invero condurre la CTR a verificare la sussistenza o meno dalla operatività della società, in forza del test in parte qua , mentre invece la pronuncia impugnata è andata di opposto avviso;
pertanto, in accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, la sentenza impugnata è cassata con rinvio al giudice del merito limitatamente a tali profili di doglianza; questi procederà a nuovo accertamento in fatto considerando rilevanti i beni di cui si è detto nel senso in motivazione ai fini del c.d. ‘test di operatività’ come previsto dall’art. 30 L. n. 724 del 1994;
p.q.m.
accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata limitatamente ai profili di cui ai motivi oggetto di accoglimento e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna in diversa composizione che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 12 marzo 2025.