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Società di comodo: il test di operatività è triennale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34472/2024, ha stabilito un principio fondamentale per le società di comodo: il test di operatività, che presume un reddito minimo, non è applicabile alle società che non hanno completato il triennio di osservazione richiesto dalla legge (esercizio in corso e i due precedenti). L’Agenzia delle Entrate non può quindi utilizzare la presunzione legale e deve provare la non operatività con mezzi ordinari.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo: il test di operatività richiede un triennio

La disciplina delle società di comodo è uno strumento cruciale per l’amministrazione finanziaria nella lotta all’elusione fiscale. Tuttavia, la sua applicazione deve rispettare limiti precisi, come chiarito dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 34472 del 2024. La Corte ha stabilito che il ‘test di operatività’ non può essere applicato a società che non abbiano almeno tre esercizi contabili alle spalle, fissando un paletto invalicabile per l’azione del Fisco.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società a responsabilità limitata. L’Ufficio riteneva che la società fosse ‘non operativa’ per l’anno d’imposta 2007 e, di conseguenza, ha determinato presuntivamente un reddito minimo imponibile ai fini IRES e IRAP, applicando la normativa sulle società di comodo (art. 30 della L. 724/1994).

La società, costituita nel 2006, aveva impugnato l’atto, sostenendo l’inapplicabilità della disciplina poiché non era possibile effettuare il test di operatività sul triennio richiesto dalla norma (l’esercizio oggetto di verifica e i due precedenti). La Commissione Tributaria Provinciale aveva respinto il ricorso, ma la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, annullando l’accertamento. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La questione del test di operatività per le società di comodo

Il cuore della controversia riguardava l’interpretazione dell’art. 30 della L. 724/1994. Questa norma prevede un ‘test di operatività’ basato sulla media dei ricavi e del valore dei beni degli ultimi tre esercizi. Se i ricavi effettivi sono inferiori a una soglia minima presunta, scatta una presunzione legale: la società è considerata ‘di comodo’ e le viene attribuito un reddito minimo imponibile.

L’Agenzia delle Entrate sosteneva che, anche in assenza del triennio completo, il test potesse essere effettuato su un arco temporale inferiore. La società contribuente, invece, affermava che il requisito del triennio fosse inderogabile, e la sua mancanza rendesse inapplicabile l’intero meccanismo presuntivo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la decisione regionale. I giudici hanno chiarito che la lettura coordinata dei commi dell’art. 30 non lascia spazio a interpretazioni estensive. Il comma 2 della norma specifica che i valori da considerare per il test ‘vanno assunti in base alle risultanze medie dell’esercizio e dei due precedenti’.

Secondo la Corte, questo riferimento temporale non è casuale, ma risponde a una precisa ratio legislativa: assicurare l’attendibilità del test. Un periodo di osservazione triennale permette di valutare l’andamento dell’impresa in un momento in cui essa ha ragionevolmente superato le difficoltà iniziali della fase di avviamento. Applicare il test su un periodo più breve falserebbe il risultato e porterebbe ad applicare una presunzione severa a una fattispecie diversa da quella prevista dal legislatore.

La Corte ha inoltre precisato che l’unica eccezione esplicita prevista dalla legge riguarda i soggetti al loro ‘primo periodo di imposta’. Questo, argomentano i giudici, non autorizza a ritenere che, superato il primo anno, la disciplina si applichi automaticamente anche se mancano i presupposti temporali per il calcolo. L’eccezione per il primo anno rafforza, al contrario, la regola generale del triennio per tutti gli altri casi.

Conclusioni e Principio di Diritto

In conclusione, la Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: ‘In tema di società di comodo, ai fini dell’applicazione del test di operatività previsto dall’art. 30 della L. n. 724 del 1994, il periodo di osservazione (…) deve comprendere l’esercizio relativo al periodo d’imposta in verifica e i due precedenti’.

Di conseguenza, il test e la relativa presunzione di reddito minimo non sono applicabili alle società che non abbiano chiuso almeno due esercizi anteriormente a quello oggetto di accertamento. In questi casi, l’eventuale non operatività della società dovrà essere provata dall’Amministrazione Finanziaria con gli strumenti ordinari, senza potersi avvalere del meccanismo presuntivo e del conseguente ribaltamento dell’onere della prova in capo al contribuente. La decisione rappresenta un importante baluardo a tutela delle imprese neo-costituite contro un’applicazione automatica e potenzialmente iniqua della disciplina antielusiva.

Il test di operatività per le società di comodo si può applicare a una società con meno di tre anni di attività?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il test di operatività richiede un periodo di osservazione di tre anni, comprendente l’esercizio in verifica e i due precedenti. Se questo periodo non è completo, il test non si applica.

Cosa succede se a una società manca il triennio per effettuare il test?
In questo caso, non scatta la presunzione legale di non operatività e, di conseguenza, non può essere determinato un reddito minimo imponibile secondo i criteri dell’art. 30 della L. 724/1994.

L’Agenzia delle Entrate può comunque contestare la non operatività a una società ‘giovane’?
Sì, ma deve farlo utilizzando i mezzi probatori ordinari. Non può avvalersi del meccanismo presuntivo descritto, il che significa che l’onere di dimostrare che la società è ‘di comodo’ ricade interamente sull’Amministrazione Finanziaria, senza inversioni a carico del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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