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Società di comodo: esclusione per congruità fiscale

Una società alberghiera, classificata come ‘società di comodo’ dall’Agenzia delle Entrate, ha visto il suo ricorso accolto dalla Corte di Cassazione. Il motivo del successo risiede nel fatto che la Commissione Tributaria Regionale aveva omesso di valutare una difesa cruciale: la congruità e coerenza dell’azienda rispetto agli studi di settore. La Cassazione ha annullato la sentenza precedente, stabilendo che la conformità agli studi di settore rappresenta una causa di esclusione dalla disciplina delle società di comodo che il giudice di merito è tenuto a esaminare.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Comodo: la Congruità agli Studi di Settore è una Difesa Vincente

La disciplina sulla società di comodo rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione del Fisco per contrastare l’uso di entità giuridiche create al solo scopo di gestire patrimoni personali eludendo le imposte. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un importante principio a tutela del contribuente: la congruità e coerenza con gli studi di settore costituisce una causa di esclusione da tale regime, e i giudici tributari hanno l’obbligo di esaminare questa specifica difesa. Analizziamo insieme i dettagli del caso.

I Fatti del Caso: una Società Alberghiera nel Mirino del Fisco

Una società a responsabilità limitata, operante nel settore alberghiero, e i suoi soci ricevevano avvisi di accertamento con i quali l’Agenzia delle Entrate contestava la qualifica di società di comodo per l’anno d’imposta 2010. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, la società non aveva superato il cosiddetto “test di operatività”, che confronta i ricavi dichiarati con un livello minimo presunto in base al valore degli asset patrimoniali.

I contribuenti impugnavano gli atti, sostenendo fin dal primo grado di giudizio l’inapplicabilità della disciplina. Tra le varie argomentazioni, evidenziavano che la società era congrua e coerente con i risultati degli studi di settore, una circostanza che, per legge, esclude l’applicazione del regime penalizzante. Nonostante ciò, la Commissione Tributaria Regionale dava ragione al Fisco, senza però analizzare nel merito la questione della congruità.

La Difesa del Contribuente e la Causa di Esclusione

Il fulcro della difesa dei contribuenti si basava su una specifica previsione normativa (art. 30, comma 1, n. 6-sexies della L. 724/1994, introdotto dalla L. 244/2006). Questa norma stabilisce che la disciplina delle società di comodo non si applica ai soggetti che risultano “congrui e coerenti” ai fini degli studi di settore.

Questa non è una semplice prova contraria da fornire per superare una presunzione, ma una vera e propria “causa di esclusione” che opera a monte, impedendo l’applicazione stessa della presunzione di non operatività. Se la società rispetta i parametri degli studi di settore, non può essere considerata “di comodo”, a prescindere dal risultato del test di operatività. I ricorrenti lamentavano che i giudici d’appello avessero completamente ignorato questo punto decisivo.

La Decisione della Cassazione: l’Obbligo di Esaminare Tutte le Difese

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dei contribuenti, ravvisando un vizio di “omessa pronuncia”. I giudici di legittimità hanno stabilito che la Commissione Tributaria Regionale aveva errato nel non esaminare l’argomentazione relativa alla congruità agli studi di settore. Questo punto, essendo una causa di esclusione prevista dalla legge, era determinante per la risoluzione della controversia.

Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa a una diversa sezione della Corte di giustizia di secondo grado, che dovrà riesaminare il caso tenendo conto di questo principio fondamentale.

le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la congruità e coerenza agli studi di settore è un “elemento costitutivo, strutturale, del complesso congegno probatorio” riguardante le società di comodo. Non si tratta di una mera facoltà del giudice, ma di un obbligo di esaminare se tale causa di esclusione sia applicabile al caso di specie. Ignorare questa difesa equivale a violare il diritto del contribuente a un giusto processo e a una corretta applicazione della legge. La Cassazione ha ribadito che, quando il contribuente solleva tale eccezione, il giudice di merito deve valutarla, in quanto la sua fondatezza paralizza la pretesa impositiva del Fisco.

le conclusioni

Questa ordinanza offre importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza le tutele per i contribuenti, confermando che la conformità agli studi di settore è una difesa potente e decisiva contro gli accertamenti per le società di comodo. In secondo luogo, serve come monito per i giudici tributari, ricordando loro l’obbligo di esaminare tutte le argomentazioni e le cause di esclusione previste dalla normativa prima di emettere una decisione. Per le aziende, ciò significa che mantenere una contabilità e una dichiarazione dei redditi coerenti con i parametri del proprio settore non è solo una buona prassi, ma può diventare uno scudo legale contro presunzioni fiscali penalizzanti.

Una società può evitare di essere considerata ‘società di comodo’ se è in linea con gli studi di settore?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la congruità e la coerenza con gli studi di settore costituiscono una specifica “causa di esclusione” che impedisce l’applicazione della disciplina penalizzante prevista per le società di comodo.

Cosa accade se un giudice tributario non valuta una difesa fondamentale del contribuente?
Se il giudice omette di pronunciarsi su una difesa decisiva, come la causa di esclusione legata agli studi di settore, la sua sentenza è viziata da “omessa pronuncia”. Può essere quindi annullata dalla Corte di Cassazione, con rinvio del caso a un altro giudice per un nuovo esame.

La causa di esclusione per congruità agli studi di settore si applicava anche per l’anno d’imposta 2010?
Sì, la norma che ha introdotto questa causa di esclusione (art. 1, comma 128, della Legge 244/2006) è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e, come chiarito dalla Corte, era pienamente applicabile al periodo d’imposta 2010 oggetto della controversia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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