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Società di comodo e IVA: la Cassazione si adegua all’UE

Una società immobiliare ha impugnato un avviso di accertamento che la qualificava come società di comodo per l’anno 2014. La Corte di Cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso, ha cassato la sentenza di merito. La decisione è fondamentale perché, allineandosi a una pronuncia della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che la normativa italiana sulle società di comodo non può automaticamente precludere il diritto alla detrazione dell’IVA, a meno che l’Amministrazione finanziaria non provi una frode o un abuso. Per le imposte dirette, invece, ha ribadito che il contribuente può sempre fornire la prova contraria dimostrando l’esistenza di situazioni oggettive che hanno impedito il raggiungimento dei ricavi minimi.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Comodo e Detrazione IVA: La Cassazione si Allinea alla Corte di Giustizia UE

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene sulla disciplina della società di comodo, portando significative novità soprattutto in materia di detrazione IVA. Allineandosi ai principi del diritto europeo, la Suprema Corte ha stabilito che la qualifica di ‘non operativa’ secondo la normativa italiana non è sufficiente per negare il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, a meno che non si dimostri un intento fraudolento o abusivo. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una società immobiliare si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava la sua natura di società di comodo per l’anno d’imposta 2014. L’Amministrazione Finanziaria, applicando il cosiddetto ‘test di operatività’ previsto dall’art. 30 della Legge n. 724/1994, aveva rilevato ricavi inferiori alla soglia minima presunta. Di conseguenza, aveva rideterminato il reddito ai fini IRES e IRAP e disconosciuto il diritto alla detrazione del credito IVA.

La società ha impugnato l’atto, ottenendo ragione in primo grado. La Commissione Tributaria Regionale, tuttavia, ha ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia. La controversia è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con la società che ha articolato il proprio ricorso su diversi motivi, tra cui la violazione del giudicato esterno e l’errata valutazione delle prove fornite per giustificare la scarsa redditività (come l’inagibilità di un opificio industriale).

La Decisione della Cassazione e le sue Motivazioni

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso della società, cassando con rinvio la sentenza impugnata. Le motivazioni della decisione distinguono nettamente il profilo delle imposte dirette da quello dell’IVA, quest’ultimo profondamente influenzato dalla giurisprudenza europea.

Il Giudicato Esterno non si applica automaticamente

La Corte ha respinto il motivo con cui la società sosteneva che le sentenze favorevoli ottenute per il 2012 e 2013 dovessero estendere i loro effetti al 2014. I giudici hanno chiarito che lo status di società di comodo non è una condizione permanente, ma deve essere verificato anno per anno. Poiché i ricavi sono un elemento variabile, una decisione su un periodo d’imposta non vincola automaticamente la valutazione degli anni successivi.

La Prova Contraria per le Imposte Dirette

Per quanto riguarda IRES e IRAP, la Cassazione ha ritenuto fondate le censure della contribuente. La Corte ha bacchettato i giudici di merito per aver liquidato le prove fornite dalla società con una motivazione apparente e insufficiente. La legge, infatti, consente al contribuente di superare la presunzione di non operatività dimostrando l’esistenza di ‘situazioni oggettive’ che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi. La CTR avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio tali prove (inagibilità di immobili, perdite su partecipazioni, ecc.) anziché respingerle genericamente.

La Svolta sull’IVA: l’impatto della giurisprudenza europea sulla disciplina delle società di comodo

Il punto più innovativo della decisione riguarda l’IVA. La Cassazione ha recepito integralmente i principi sanciti dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-341/22. Secondo i giudici europei, la normativa italiana sulle società di comodo è in contrasto con la Direttiva IVA quando porta a negare automaticamente:

1. La qualità di soggetto passivo IVA a un’impresa che, pur svolgendo un’attività economica, non raggiunge una soglia di ricavi fissata a livello nazionale.
2. Il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, che è un principio cardine del sistema comune dell’imposta.

La Cassazione ha quindi affermato che il diritto alla detrazione IVA non può essere negato solo perché una società non supera il test di operatività. Ciò che conta è che l’impresa svolga effettivamente un’attività economica, anche preparatoria, e che i beni e servizi acquistati siano inerenti a tale attività. Il Fisco può negare la detrazione solo se riesce a dimostrare che l’operazione è parte di una frode o costituisce un abuso del diritto, inteso come costruzione artificiosa finalizzata a ottenere un vantaggio fiscale indebito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza segna un punto di svolta nella gestione del contenzioso sulle società di comodo. Le implicazioni pratiche sono notevoli:

* Rafforzamento del Diritto alla Detrazione IVA: Le imprese, anche quelle con bassa redditività temporanea, vedono tutelato il loro diritto a detrarre l’IVA. L’onere della prova di eventuali abusi si sposta in capo all’Amministrazione Finanziaria.
* Necessità di Disapplicazione della Norma Interna: I giudici tributari sono tenuti a disapplicare la normativa nazionale (art. 30 della L. 724/1994) nella parte in cui essa si pone in conflitto con i principi della Direttiva IVA.
* Distinzione tra Imposte Dirette e IVA: La sentenza consolida una netta distinzione. Mentre per le imposte dirette la presunzione di non operatività rimane valida (ma superabile con prova contraria), per l’IVA la presunzione stessa viene sostanzialmente neutralizzata dal diritto europeo.

Una sentenza favorevole sulla qualifica di società di comodo per un anno vale anche per gli anni successivi?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che lo status di società non operativa deve essere accertato anno per anno, in quanto si basa su elementi variabili come i ricavi. Pertanto, una sentenza favorevole relativa a un determinato periodo d’imposta non ha un effetto vincolante automatico per gli anni successivi.

È possibile detrarre l’IVA anche se una società è considerata ‘di comodo’ dalla legge italiana?
Sì. In linea con una sentenza della Corte di Giustizia UE, la Cassazione ha stabilito che la normativa nazionale sulle società di comodo non può comportare il diniego automatico del diritto alla detrazione IVA. Tale diritto è garantito se l’impresa svolge un’attività economica, e può essere negato solo se l’Amministrazione finanziaria dimostra l’esistenza di una frode o di un abuso.

Cosa deve dimostrare un contribuente per superare la presunzione di essere una società di comodo?
Per le imposte dirette (IRES, IRAP), il contribuente deve fornire la prova di ‘situazioni oggettive’ che hanno reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito presunto dalla legge. Per quanto riguarda l’IVA, è sufficiente dimostrare l’esistenza di un’effettiva attività economica, anche se in fase preparatoria, per la quale sono stati acquistati i beni e servizi su cui si chiede la detrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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