Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4151 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 4151  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8060/2014 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato RAGIONE_SOCIALE ( -) rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente- avverso  la  SENTENZA  di  COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.  SALERNO  n. 622/2013 depositata il 15/10/2013.
Udita  la  relazione  svolta  nell ‘udienza  pubblica del  06/11/2024  dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito  il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  AVV_NOTAIO  Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Sentiti  l’AVV_NOTAIO  per  la  ricorrente  e  l’AVV_NOTAIO per la controricorrente.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE, successivamente  incorporata  dalla  RAGIONE_SOCIALE,  un  avviso  di accertamento con cui, in relazione al periodo  di  imposta  2008,  ha  contestato  la  qualità  di  società  di comodo.
Contestualmente, l’RAGIONE_SOCIALE ha recuperato le maggiori imposte dirette non versate e, per quanto rileva in questo giudizio, ha disconosciuto il credito IVA di euro 42.108,00, esposto in dichiarazione e utilizzato nell’esercizio successivo, a causa della mancato effettuazione, per tre periodi di imposta successivi, di operazioni rilevanti ai fini dell’IVA per un importo pari o superiore a quello risultante dall’applicazione dei criteri dettati per il test di operatività ai sensi dell’art. 30 della l. n. 724 del 1994.
 La  contribuente  ha  impugnato  l’avviso  e  la  Commissione Tributaria  Provinciale  (CTP)  di  Avellino  ha  respinto  l’impugnazione con sentenza n. 123/4/12 del 18 aprile 2012.
 A  seguito  della  proposizione  dell’appello  la  Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Campania, con sentenza n. 622/04/13 del 15 ottobre 2013, ha rigettato il gravame, ritenendo che non fosse stato superato il test di operatività.
 Avverso  tale  decisione  la  società  ha  proposto  ricorso  per cassazione, notificato il 27 marzo 2014, affidato a cinque motivi.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
 Con  ordinanza  del  19.5.2022,  n.  16091,  questa  Corte  ha sospeso il giudizio per sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea questioni pregiudiziali sulla compatibilità con la normativa unionale dell’art. 30, comma 4, della L. n. 724 del 1994.
Con sentenza del 7.3.2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea  (resa  nella  causa  C -341/22)  si  è  pronunciata  sulle proposte questioni pregiudiziali.
La società ha depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 18, par. 4, e 27, par. 1 -4 Direttiva n. 77/388/CEE, per aver  la  sentenza  impugnata  ritenuto  che  la  contribuente  fosse decaduta dal diritto di “riportare” a nuovo l’eccedenza del credito IVA esposta in dichiarazione, benché una siffatta deroga all’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta non sia contemplata dalla normativa dell’Unione europea.
 Con  il  secondo  motivo  si  deduce,  in  relazione  all’art.  360 comma 1 n. 4 c.p.c.,  violazione  e  falsa  applicazione  del  disposto dell’art. 112 c.p.c. perché lo status di società non operativa è stato riconosciuto  sulla  base  di  presupposti  differenti  da  quelli  indicati nell’atto impugnato.
 Con  il  terzo  motivo  si  deduce,  in  relazione  all’art.  360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 20 e  21  del  d.P.R.  n.  633/1972  laddove  la  CTR  ha  escluso  alcune fatture dal calcolo del volume d’affari IVA.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 30 comma 4, secondo periodo, l. n. 724/1994 e 17 Direttiva n. 77/388/CEE (oggi artt. 9 e 168 Direttiva n. 2006/112/CE), laddove la CTR ha ritenuto che il mancato superamento del test di operatività dimostrasse la qualità di società non operativa della società, costituita al solo fine di conseguire un vantaggio fiscale, mentre gli asset immobiliari della RAGIONE_SOCIALE erano stati concessi in uso a titolo oneroso alla RAGIONE_SOCIALE.
Con  il  quinto  motivo  si  deduce,  in  relazione  all’art.  360 comma  1  n.  3  c.p.c.,  violazione  e  falsa applicazione  dell’art.  5 comma  4  d.lgs.  n.  471/1997,  come  interpretato  alla  luce  del principio di proporzionalità, laddove la CTR  ha  ‘tacitamente’ riconosciuto la legittimità della sanzione irrogata ai sensi dell’art. 5 comma 4 d.lgs. n. 471/1997.
Il primo motivo, in riferimento al quale sono state sottoposte alla Corte di giustizia le questioni pregiudiziali, è fondato, gli altri restano assorbiti.
Con questo motivo la ricorrente ha evidenziato che il diritto alla detrazione dell’IVA non può, in linea di principio, essere soggetto a limitazioni, fatti salvi i casi espressamente previsti dalla direttiva IVA e rammenta che il riconoscimento di tale diritto è funzionale a garantire la neutralità dell’imposta nei confronti dei soggetti passivi i quali non devono rimanere gravati dal tributo nella misura in cui compiono a valle operazioni imponibili, a prescindere dagli scopi e dai risultati dell’attività economica e anche indipendentemente dall’inizio AVV_NOTAIO svolgimento dell’attività medesima.
Con la sentenza 7 marzo 2024, RAGIONE_SOCIALE, in causa C -341/22, ha stabilito che « L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone»; inoltre, ha stabilito che «L’articolo
167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e  di  proporzionalità  devono  essere  interpretati  nel  senso  che  essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo  è  privato  del  diritto  alla  detrazione  dell’IVA  assolta  a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, RAGIONE_SOCIALE operazioni  rilevanti  ai  fini  dell’IVA  effettuate  da  tale  soggetto passivo a valle».
8.1. La Corte di giustizia ha altresì affermato: 1) «l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone » (par. 25) posto che per determinare la qualità di soggetto passivo rileva « esclusivamente il fatto che detta persona eserciti effettivamente un’attività economica e … sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità » (par. 23); 2) « nessuna disposizione della direttiva IVA subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia» e, anzi, al contrario, «il diritto alla detrazione dell’IVA è garantito, purché ricorrano le condizioni richieste … indipendentemente dai risultati RAGIONE_SOCIALE attività economiche del soggetto passivo interessato » (par. 31), fatta salva l’ipotesi in cui ricorra una frode o un abuso del diritto (come delineati dai par. da 33 a 36 della sentenza); 3) l’art. 30 della legge n. 724/1994 assolve alla funzione di disincentivare le evasioni e, a tal fine, si basa sulla presunzione per cui, quando l’importo RAGIONE_SOCIALE operazioni effettuate a valle da una società in un determinato periodo d’imposta non raggiunge una
soglia (calcolata applicando i criteri previsti dalla norma), la società non è operativa salvo che essa « non riesca a dimostrare che elementi oggettivi giustificano l’impossibilità di raggiungere la soglia » (par. 38), da cui l’impossibilità di esercitare il diritto di detrazione; 4) tuttavia, tale presunzione, si fonda « su un criterio, quello di una soglia di ricavi, che è estraneo a quelli richiesti ai fini della dimostrazione di un’evasione o di un abuso » poiché prescinde da una valutazione « della realtà effettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti ai fini IVA » ed è ancorata solo al parametro della « valutazione del volume » degli affari (par. 39), sicché essa « eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di prevenire le evasioni e gli abusi » (par. 42).
Se l’art. 30 l. n. 724 del 1994 va disapplicato, non potendosi far derivare la privazione del diritto di detrazione dall’entità RAGIONE_SOCIALE operazioni realizzate dalla contribuente ma solo ove la situazione sia riconducibile ad una frode o ad un abuso, alla luce degli stessi principi affermati dalla Corte unionale, il motivo deve essere accolto con rinvio per le ulteriori verifiche imposte in attuazione della citata decisione, rimesse al giudice nazionale che dovrà altresì considerare tutte le circostanze che, secondo l’Ufficio, hanno giustificato il diniego del rimborso.
Invero, il diritto di detrazione va riconosciuto se: a) nel corso del periodo d’imposta controverso, in relazione al quale l’autorità tributaria ha reputato la società non operativa, la stessa abbia effettivamente esercitato un’attività economica (indipendentemente dallo scopo o dai risultati), intesa come comprensiva di ogni attività di produzione, commercializzazione o prestazione di servizi, per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità; b) la società medesima abbia impiegato i beni e servizi acquistati per le sue operazioni soggette ad imposta, e ciò indipendentemente dai risultati RAGIONE_SOCIALE attività economiche; c) le operazioni non si inseriscano in una frode (connotata anche
soggettivamente secondo il consolidato principio per cui la parte sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare ad una evasione) o non integrino, ai fini unionali, un abuso, inteso anche, come si esprime la sentenza della CGUE (v. par. 33 -36), quale ‘realizzazione di una costruzione artificiosa’. Con riguardo ai punti a) e b), inoltre, va sottolineato che la detrazione dell’imposta può spettare anche in assenza di operazioni attive, ossia con riguardo alle attività di carattere preparatorio, purché esse siano finalizzate alla costituzione RAGIONE_SOCIALE condizioni d’inizio effettivo dell’attività tipica (v. Cass. n. 25635 del 2022; Cass. n. 23994 del 2018).
Va precisato, sul punto, che non viene introdotto un nuovo ambito o tema di prova ma viene assolta l’esigenza del necessario accertamento della realtà concreta, la cui doverosità è diretta conseguenza ed applicazione della disciplina unionale e della sentenza della Corte di giustizia, accertamento che la disposizione in rilievo -e qui disapplicata -mirava, con una modalità incoerente e lesiva dei principi unionali, a far ritenere presunto. Né, del resto, si poneva, a monte dell’originaria contestazione, la necessità di una ulteriore e specifica contestazione di carenza di effettività dell’attività economica ovvero di una frode e/o di un abuso posto che la ricorrenza degli indici contemplati dall’art. 30 l. n. 724/1994 era idonea a fondare (sia pure illegittimamente) una presunzione in sé esaustiva dell’inconsistenza dell’attività economica perché apparente, in frode od artificiosa (v. Cass. n. 24416 del 2024; Cass. n. 24442 del 2024; Cass. n. 22249 del 2024).
 Conclusivamente,  accolto  il  primo  motivo,  assorbiti  gli altri,  la  sentenza  deve  essere  cassata  con  rinvio  al  giudizio  del merito per gli accertamenti indicati.
P.Q.M.
accoglie  il  primo  motivo  di  ricorso,  assorbiti  gli  altri,  cassa  di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa
composizione,  cui  demanda  di  provvedere  anche  sulle  spese  del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 06/11/2024.