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Società di comodo: Diritto alla detrazione IVA

Una società turistica si è vista negare la compensazione di crediti IVA perché considerata “società di comodo” a causa dei bassi ricavi. La Corte di Cassazione, applicando una fondamentale sentenza della Corte di Giustizia UE, ha ribaltato la logica della normativa nazionale. Ha stabilito che il diritto alla detrazione IVA non può essere negato solo per il mancato raggiungimento di una soglia di reddito presunta, purché l’impresa svolga un’effettiva attività economica e non vi siano prove di frode o abuso del diritto. La normativa italiana in contrasto con i principi europei deve essere disapplicata.

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Pubblicato il 6 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di Comodo e Detrazione IVA: La Svolta Europea

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione segna un punto di svolta fondamentale per la disciplina delle cosiddette “società di comodo” e il loro diritto alla detrazione IVA. Sulla scia di una decisiva sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, i giudici supremi hanno stabilito che la normativa italiana, la quale nega la detrazione a società con ricavi troppo bassi, deve essere disapplicata se contrasta con i principi cardine dell’IVA a livello comunitario.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore turistico si era vista recapitare un atto di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’amministrazione finanziaria contestava l’indebita compensazione di crediti IVA relativi agli anni 2007 e 2008, sostenendo che la società fosse da considerarsi “non operativa” ai sensi della normativa nazionale (art. 30 della L. 724/1994). Questa qualifica scatta quando un’impresa non supera un determinato “test di operatività”, ovvero quando i suoi ricavi sono inferiori a una soglia minima presunta calcolata sul valore dei suoi beni. La conseguenza diretta di tale classificazione è la perdita del diritto a utilizzare in compensazione o a chiedere a rimborso il credito IVA.

Nei primi due gradi di giudizio, i giudici tributari avevano dato ragione alla società. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto che la normativa sulle società di comodo non fosse applicabile a un’impresa in oggettivo stato di crisi, come quella in esame, a causa delle difficoltà del settore turistico in cui operava. L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, ha presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: L’Impatto del Diritto Europeo sulla detrazione IVA

La Corte di Cassazione, pur respingendo i motivi procedurali sollevati dall’Agenzia, ha affrontato il cuore della questione in una prospettiva completamente rinnovata. L’analisi non si è più concentrata sull’eccezione della “crisi aziendale”, bensì sull’incompatibilità della norma italiana con il diritto dell’Unione Europea.

I giudici hanno richiamato una recente e fondamentale sentenza della Corte di Giustizia UE (causa C-341/22 del 7 marzo 2024), la quale ha chiarito due punti essenziali:

1. Qualità di Soggetto Passivo IVA: Non si può negare a un’impresa la qualità di soggetto passivo IVA (e quindi il diritto a operare nel sistema IVA) solo perché i suoi ricavi non raggiungono una soglia minima fissata a livello nazionale. Ciò che conta è che l’impresa eserciti effettivamente un’attività economica, anche se i risultati non sono positivi.
2. Diritto alla Detrazione IVA: Negare il diritto alla detrazione IVA a monte per il solo fatto che le operazioni a valle sono considerate insufficienti viola i principi europei di neutralità dell’imposta e di proporzionalità.

Il diritto alla detrazione, secondo i giudici europei e ora anche italiani, può essere negato solo in presenza di frode o abuso, la cui prova spetta all’amministrazione finanziaria.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha concluso che l’articolo 30 della legge 724/1994, nella parte in cui presume il carattere non operativo di una società sulla base di ricavi insufficienti e per questo ne esclude il diritto alla detrazione IVA, si pone in diretto conflitto con gli articoli 9 e 167 della Direttiva IVA europea. Di conseguenza, il giudice nazionale ha l’obbligo di disapplicare la norma interna contrastante.

La questione, quindi, non è più dimostrare l’esistenza di “situazioni oggettive” che hanno impedito di raggiungere i ricavi presunti. È sufficiente che la società dimostri di aver svolto un’effettiva attività economica e che i beni e servizi, per i quali chiede la detrazione, siano stati impiegati nell’ambito di tale attività. La prova contraria, ovvero la sussistenza di un’operazione fraudolenta o abusiva, è a carico del Fisco.

Nel caso specifico, poiché non era contestato che la società turistica esercitasse un’attività economica reale e che il credito IVA derivasse da acquisti inerenti a tale attività, la decisione dei giudici di merito è stata confermata, sebbene con una motivazione giuridica diversa e più solida, fondata sul primato del diritto europeo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta una vittoria per il principio di neutralità dell’IVA e per le imprese che, pur essendo operative, attraversano periodi di difficoltà economica. La presunzione di “comodo” basata su parametri meramente quantitativi non può più essere un ostacolo automatico al diritto fondamentale alla detrazione IVA. L’attenzione si sposta dalla presunzione di inoperatività alla prova concreta di eventuali frodi. Le imprese che svolgono una reale attività economica, anche se con scarsi risultati, vedono rafforzata la loro posizione nei confronti del Fisco per quanto riguarda il recupero dell’IVA assolta sugli acquisti.

Una società considerata ‘non operativa’ o ‘di comodo’ perde automaticamente il diritto alla detrazione IVA?
No. Secondo la Corte di Cassazione, alla luce del diritto dell’Unione Europea, il diritto alla detrazione IVA non può essere negato unicamente sulla base di una presunzione legale legata a ricavi insufficienti. Ciò che conta è che la società svolga un’effettiva attività economica e che non vi sia prova di frode o abuso.

Qual è l’impatto della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE sulla normativa italiana delle società di comodo?
La giurisprudenza europea ha un impatto determinante: impone al giudice nazionale di disapplicare la normativa italiana (in questo caso l’art. 30 della L. 724/1994) quando questa si pone in contrasto con i principi fondamentali della Direttiva IVA, come il principio di neutralità e proporzionalità.

In quali casi può essere negato il diritto alla detrazione IVA a una società?
Il diritto alla detrazione dell’IVA può essere negato solo qualora l’amministrazione finanziaria dimostri, sulla base di elementi oggettivi, che tale diritto è invocato in modo fraudolento o abusivo. La semplice mancanza di ricavi adeguati non è, di per sé, una causa sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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