Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33386 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33386 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 19143/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Vincenzo e COGNOME RAGIONE_SOCIALE Società agricola in nome collettivo, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo Studio Legale dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, alla INDIRIZZO giusta mandato su foglio in calce al ricorso per cassazione.
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
–
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della PUGLIA n. 2918/2019, depositata in data 7 novembre 2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE e COGNOME RAGIONE_SOCIALE Società agricola in nome collettivo avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso avente ad oggetto il provvedimento di rigetto prot. n. 38093 del 29 settembre 2015 dell’istanza di interpello disapplicativo n. 140 del 2015, presentata ai sensi dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973.
I giudici di secondo grado, per quel che rileva in questa sede, hanno ritenuto atto impugnabile la comunicazione di rigetto all’istanza di interpello ed hanno affermato che:
-) la motivazione riportata aveva richiamato un precedente giudizio con il medesimo oggetto, intervenuto tra l’A.F . e la società appellante, relativo all’anno d’imposta 2012 definito dalla Commissione tributaria provinciale, con sentenza n. 1689/15/2015, nella quale era stato correttamente sostenuto che « sotto il profilo del merito, comunque, il rigetto ha il suo fondamento perché stipulare un contratto di locazione con gli stessi soggetti economici, anche se rivestiti da forme giuridiche diverse, costituisce ontologicamente un esempio del tentativo di allontanamento dello spettro della elusione con un contratto di per sé elusivo, perché posto in essere tra i medesimi soggetti economici »;
-) non era, poi, stato assolto l’onere probatorio a carico della società, in relazione alla sussistenza di oggettive situazioni idonee a giustificare il mancato conseguimento del reddito minimo, non considerando sufficiente, in tal senso, « la causa dell’attuale congiuntura economica »;
-) il diniego dell’istanza di disapplicazione della disciplina delle società in perdita sistematica doveva ritenersi legittimo, assorbite tutte le altre questioni proposte dalle parti, perché ininfluenti ai fini della decisione.
La società RAGIONE_SOCIALE di Pastore Vincenzo e COGNOME RAGIONE_SOCIALE Società agricola in nome collettivo ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
L ‘Agenzia delle Entrate si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza pubblica ex art. 370, primo comma, cod. proc. civ..
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 30, commi 1 e 4 bis , della legge n. 724 del 1994, attesa l’omessa verifica, sulla base degli atti di causa, dell’operatività imprenditoriale della società ricorrente per l’anno d’imposta 2014. La sentenza impugnata si era limitata a riportare il testo della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari n. 1689/15/2015, relativa all’annualità d’imposta 2012, omettendo di verificare, sulla base degli atti di causa, se la società contribuente avesse svolto in concreto nell’anno d’imposta 2014, attività imprenditoriale e, quindi, potesse considerarsi o meno operativa. Il riferimento dei Giudici dell’appello alla sentenza n. 1689/15/2015 della Commissione tributaria provinciale di Bari era ultroneo e inconferente, sia perché la predetta decisione si riferiva ad un anno d’imposta (2012) differente da quello in esame (2014), sia poiché la disciplina sulle società di comodo non conteneva alcuna specifica disposizione, né tanto meno limitazione o presunzione legale in merito ai rapporti con le società collegate. I giudici di secondo grado non avevano considerato quanto dedotto e documentato sin dall’istanza di interpello nonché nel corso del giudizio di merito, con riferimento agli immobili di proprietà (« 1. il
fabbricato sito in Acquaviva delle Fonti (BA) alla C.da S. Paolo – Prov. Le per Santeramo INDIRIZZO è stato locato alla RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE) ad un canone di € 2.000,00 mensili, oltre I.V.A., valore almeno pari a quello di mercato rilevando che (cfr. pag. da 7 a 9 del ricorso introduttivo), “il canone percepito pari ad € 2.000,00 al mese oltre IVA per un immobile adibito a sala ricevimenti ristorante – pizzeria, di circa mq. 600,00, oltre alla pertinenziale area scoperta di mq. 300 (cfr. contratto di locazione in atti) situato sulla Strada Provinciale per Santeramo in Colle ad alcuni chilometri di distanza dal centro abitato di Acquaviva delle Fonti (BA), rispecchia le attuali condizioni di mercato. Ed invero, in assenza di parametri di riferimento nella banca delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia del Territorio, per la zona ove è ubicato l’immobile de quo e la tipologia del medesimo, al ricorso introduttivo è stata allegata l’interrogazione alla banca dati riferita a locali commerciali ubicati nella zona periferica del Comune di Acquaviva delle Fonti, sulla Strada Provinciale per Santeramo in Colle, a ridosso della INDIRIZZO e quindi, di maggior valore, che riporta un canone di locazione minimo di € 2.400,00 al mese (€ 4 al mq x 600 mq), di poco superiore rispetto a quello relativo all’immobile de quo, che dista alcuni chilometri dal centro abitato (cfr. all. n. 12 del ricorso introduttivo quotazioni OMI). Si evidenzia altresì che la congruità del predetto canone di locazione rispetto alle condizioni di mercato del triennio preso in considerazione dalla normativa sulle società di comodo (2012 – 2013 – 2014), deriva dalla circostanza che il predetto immobile ultimato nel 1992, era stato locato originariamente a partire dall’anno 2002, per l’utilizzo di sala ricevimenti. La predetta struttura ricettiva, tuttavia, non è mai stata rinnovata negli ambienti sia interni che esterni, di conseguenza la medesima, poiché priva di attrattiva in un mercato estremamente concorrenziale come quello dei banchetti nuziali, è stata difatti utilizzata solo in parte dalla locataria (RAGIONE_SOCIALE codice fiscale CODICE_FISCALE, limitatamente ai locali adibiti a cucina, per effettuare l’attività di somministrazione pasti per il Comune di Acquaviva delle Fonti (BA) a seguito di contratto stipulato con la RAGIONE_SOCIALE (cfr. all. Modello IVA/2015 anno 2014 della RAGIONE_SOCIALE e prospetto di composizione del fatturato della RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2014). 2. per il fabbricato sito in Acquaviva delle Fonti (BA) alla INDIRIZZO non locato, è stato evidenziato che la parte deducente ha acquistato il predetto fabbricato nell’anno 1991 (cfr. atto di compravendita rep. n. 104277 allegato al ricorso introduttivo), molto tempo prima quindi, della crisi immobiliare degli anni d’imposta 2012, 2013 e 2014, che ne ha ridotto il valore e, di conseguenza, anche i canoni di locazione ottenibili dal medesimo, definito nell’atto di compravendita (cfr. documento contenuto nel fascicolo di primo grado) “casa di abitazione di vecchia costruzione” “costruita anteriormente al 1 settembre 1967”. Di
conseguenza la Società deducente ha dovuto subire le condizioni del mercato immobiliare che ha di fatto reso estremamente difficile poter locare il predetto immobile a canoni accettabili ». La disciplina sulle società di comodo prevedeva che la società fosse operativa e svolgesse un’attività secondo le logiche economiche e che, quindi, non abusasse della persona giuridica e tanto si riteneva era stato giustificato e provato dalla società contribuente.
2. Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso l’esame (e l’analisi) su fatti decisivi del giudizio, inerenti la valutazione della situazione oggettiva descritta dalla società ricorrente, ai fini della disapplicazione dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994. La sentenza impugnata aveva omesso di esaminare i fatti decisivi del giudizio inerenti la richiesta di disapplicazione della normativa sulle società di comodo, senza alcuna valutazione di quanto evidenziato dalla parte deducente nell’atto di appello, su tali fatti decisivi e controversi del giudizio e, in particolare, la congruità del canone di locazione percepito, rispetto alle condizioni di mercato con riferimento all’immobile sito in Acquaviva delle Fonti (BA) alla C.da INDIRIZZO – INDIRIZZO per Santeramo INDIRIZZO, locato alla RAGIONE_SOCIALE ad un canone di euro 2.000,00 mensili, oltre I.V.A.. In particolare, era stato evidenziato che, in assenza di parametri di riferimento nella banca delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia del Territorio, (OMI) per la zona ove era ubicato l’immobile principale della deducente e la tipologia del medesimo, già con l’istanza di disapplicazione della normativa sulle società di comodo era stata prodotta « Copia della stampa della banca dati delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia del Territorio », riferita a locali commerciali ubicati nella zona periferica del Comune di Acquaviva delle Fonti, sulla Strada Provinciale per Santeramo in Colle, a ridosso della Circonvallazione e quindi, di maggior valore, che riportava un canone di locazione minimo di euro 2.400,00 al mese, di poco superiore
rispetto a quello relativo all’immobile de quo , differenza, comunque, giustificabile dalla maggior distanza dell’immobile dal centro abitato e dall’ubicazione del medesimo in zona a destinazione prevalentemente agricola.
3 . I motivi, che devono essere trattati unitariamente perché connessi, sono fondati.
3.1 Deve premettersi che, a seguito dell’ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 16091 del 19 maggio 2022 (che qui interamente si richiama), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza 7 marzo 2024, n. 341, ha stabilito in sede pregiudiziale che: 1) L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone; 2) L’articolo 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle.
3.2 A questa conclusione la Corte di Giustizia è pervenuta sulla base delle seguenti principali considerazioni relative all ‘ interpretazione degli artt. 9, paragrafo 1, 63, 167, 168, lettera a), 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006.
3.3 Sulla prima questione («Se l’articolo 9, paragrafo 1, della può essere interpretato nel senso di negare la qualità di soggetto passivo e,
conseguentemente, il diritto di detrazione o rimborso dell’IVA di rivalsa assolta al soggetto che esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative) :
-) «soggetto passivo» è chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività e la nozione di «attività economica» comprende ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate e deve considerarsi tale «lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità»;
-) la nozione di «attività economica» ha un carattere oggettivo nel senso che l’attività viene considerata di per sé stessa, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati;
-) la qualità di soggetto passivo IVA non è subordinata alla condizione che una persona effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico superi una soglia di reddito previamente fissata, la quale corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone, in quanto ciò che rileva è esclusivamente il fatto che detta persona eserciti effettivamente un’attività economica e che sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità.
3.4 Sulla seconda questione (« nel caso in cui alla prima domanda sia data risposta negativa, se l’articolo 167 della e i principi generali della neutralità dell’IVA e di proporzionalità della limitazione del diritto alla detrazione dell’IVA ostano ad una disciplina nazionale che con l’articolo 30 nega il diritto di detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti, di rimborso della stessa o di utilizzazione della stessa in un successivo periodo di imposta al soggetto passivo di imposta che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in
quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative »):
-) il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni;
-) detto diritto si esercita immediatamente per l’intero importo dell’IVA che ha gravato sulle operazioni effettuate a monte, in quanto il regime delle detrazioni mira a sgravare interamente il soggetto passivo dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche;
-) il sistema comune dell’IVA garantisce la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA;
-) il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’IVA dovuta o assolta per i beni o servizi acquistati quando questi, agendo in quanto tale nel momento dell’acquisto di detti beni o servizi, li impieghi ai fini di sue operazioni soggette ad imposta;
-) per poter beneficiare del diritto a detrazione, devono essere soddisfatte due condizioni: 1) l’interessato deve essere un «soggetto passivo» ai sensi della direttiva Iva; 2) i beni o i servizi invocati a fondamento di tale diritto devono essere utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e, a monte, detti beni devono essere ceduti o tali servizi devono essere forniti da un altro soggetto passivo;
-) affinché il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte sia riconosciuto al soggetto passivo, è, in linea di principio, necessaria la sussistenza di un nesso diretto e immediato tra una specifica
operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione;
-) il diritto a detrarre l’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione;
-) il diritto a detrazione è tuttavia parimenti ammesso a beneficio del soggetto passivo, anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei beni e dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce, i quanto costi di tal genere presentano, un nesso diretto e immediato con il complesso dell’attività economica del soggetto passivo;
-) nessuna disposizione della direttiva IVA subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia e che, di contro, il diritto alla detrazione dell’IVA è garantito, purché ricorrano le condizioni richieste.
3.5 Sulla terza questione (« nel caso in cui alla seconda domanda sia data risposta negativa, se i principi dell’Unione europea della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento ostano ad una disciplina nazionale che, con l’articolo 30 nega il diritto di detrazione dell’IVA di rivalsa assolta sugli acquisti, di rimborso della stessa o di utilizzazione della stessa in un successivo periodo di imposta al soggetto passivo di imposta che, per tre periodi di imposta consecutivi, esegua operazioni attive rilevanti ai fini dell’IVA in misura ritenuta non coerente – in quanto eccessivamente bassa – rispetto a quanto può ragionevolmente attendersi dagli asset patrimoniali di cui dispone per tre anni consecutivi secondo criteri predeterminati dalla legge e non sia in grado di dimostrare, a giustificazione di tale circostanza, l’esistenza di oggettive situazioni ostative »):
-) non era necessario rispondere, tenuto conto della risposta fornita alla seconda questione, essendo stata la terza questione sollevata solo nell’ipotesi di una risposta negativa alla seconda questione.
3.6 La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha , pure, specificato che se è vero che il diritto alla detrazione dell’IVA può essere negato al soggetto passivo qualora sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che esso è invocato fraudolentemente o abusivamente, dato che la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, tuttavia, il diniego del diritto a detrazione è un’eccezione all’applicazione del principio fondamentale che tale diritto costituisce, per cui incombe alle autorità tributarie dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una tale evasione. Inoltre, l’accertamento di un comportamento abusivo in materia di IVA richiede, da un lato, che le operazioni di cui trattasi, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di recepimento, debbano avere come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da tali disposizioni. Dall’altro, deve risultare da un insieme di elementi oggettivi che lo scopo essenziale di tali operazioni si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale. Dunque, le misure che gli Stati membri possono adottare, ai sensi dell’articolo 273 della direttiva IVA, per assicurare l’esatta riscossione dell’IVA ed evitare le evasioni non devono eccedere quanto necessario per conseguire tali obiettivi. Esse non possono, quindi, essere utilizzate in maniera tale da mettere sistematicamente in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA e, pertanto, la neutralità dell’IVA.
3.7 Ciò posto, i giudici unionali hanno demandato al giudice del rinvio di stabilire:
-) se, nel corso dei periodi d’imposta controversi, in relazione ai quali l’autorità tributaria ritiene che la società non abbia carattere operativo, tale società abbia esercitato un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività, intesa come attività comprendente ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate, ivi comprese lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità;
-) se spetta il diritto di detrazione dell’Iva, sulla premessa che nessuna disposizione della direttiva IVA subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia e che il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’IVA dovuta o assolta per i beni o servizi acquistati quando questi, agendo in quanto tale nel momento dell’acquisto di detti beni o servizi, li impieghi ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, indipendentemente dai risultati delle attività economiche del soggetto passivo interessato;
-) sussistono elementi oggettivi che consentono di concludere che il soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una tale evasione e se l’op erazione realizzata, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva IVA e della normativa nazionale di recepimento, abbia come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da tali disposizioni.
3.8 Così individuate le ragioni poste a fondamento della sentenza, deve, dunque, concludersi che la norma dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994 si pone effettivamente in conflitto con l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, e con l’articolo 167 della direttiva Iva, con la conseguente necessità della sua disapplicazione da parte del giudice nazionale. Ed invero, per quanto diffusamente esposto, la normativa italiana (diretta a disincentivare la costituzione di società di comodo e, quindi, a impedire che persone giuridiche che svolgono formalmente un’attività economica, senza tuttavia essere, in realtà, operative, beneficino di vantaggi fiscali), che va disapplicata, prevede un meccanismo deterrente che si fonda sulla presunzione secondo cui il carattere non operativo di una società può essere dedotto dal fatto che gli introiti che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui essa dispone sono inferiori rispetto alla soglia di reddito determinata da detta disposizione (presunzione che la società può superare dimostrando che, a causa di situazioni oggettive, in un determinato periodo non è stato possibile raggiungere tale soglia di reddito); in forza di questo meccanismo, le società non operative non possono ottenere il rimborso del credito IVA che figura nella loro dichiarazione e che risulta segnatamente da un importo di IVA detraibile superiore a quello dell’IVA riscossa, né tale credito può costituire oggetto di compensazione o di cessione; inoltre, pur potendo detto credito essere riportato a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi, qualora per tre periodi d’imposta consecutivi una società non operativa non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA non inferiore all’importo che risulta da detta soglia di reddito, il credito in discussione non può più essere riportato, con il conseguente corollario che la società perderebbe il diritto alla detrazione dell’Iva. Ed invero, la qualità di soggetto passivo deriva dall’esercizio, da parte del soggetto che si avvale di tale qualità, di un’attività economica e, di conseguenza, il diritto alla detrazione
dell’IVA assolta a monte non può essere negato a una società che effettua operazioni rilevanti ai fini dell’IVA senza tuttavia raggiungere la soglia di reddito prevista dalla normativa italiana di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994 e ciò a prescindere dalla prova fornita dalla società contrib uente sull’esistenza di situazioni oggettive che rendano impossibile il conseguimento di redditi superiori a detta soglia. Ancora, le misure adottate dagli Stati membri per la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi, obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, non devono tuttavia eccedere quanto necessario per raggiungere tale obiettivo e, in particolare, non possono essere utilizzate in modo tale da mettere sistematicamente in discussione il principio di neutralità dell’IVA (cfr. Cass., 6 agosto 2024, n. 22249, Cass., 11 settembre 2024, n. 24416).
3.9 Di recente, questa Corte ha statuito, sul punto, il seguente principio di diritto: « In materia di società non operative, alla stregua della pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE, sent. 7 marzo 2024 in causa C-341/22, RAGIONE_SOCIALE), l’art. 9, par. 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, va interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini di tale imposta il cui valore economico non raggiunga la soglia fissata da una normativa nazionale, che corrisponda ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale soggetto dispone, in quanto nessuna disposizione della direttiva subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia. Pertanto, ciò che rileva ai sensi dell’art. 30 della leg ge n. 724 del 1994 è esclusivamente il fatto che detto soggetto, in un determinato periodo d’imposta, abbia esercitato effettivamente
un’attività economica, ponendosi detta disposizione in contrasto con l’art. 167 della direttiva IVA nella parte in cui, invece, prevede la perdita del diritto a detrazione al mancato raggiungimento di determinate soglie di ricavi » (Cass., 11 settembre 2024, n. 24442).
3.10 Ciò posto, la sentenza impugnata non è conforme ai principi suesposti, non avendo accertato, con specifico riferimento all’anno 2014, tenuto conto degli elementi indicati già in sede di istanza di interpello, se l’attività svolta dalla società contribuente f osse un’attività economica e se la società fosse un soggetto passivo Iva. Sono, poi, del tutto inconferenti, in applicazione dei principi statuiti dalla Corte di Giustizia, con la sentenza 7 marzo 2024, n. 341, le considerazioni spese dai giudici di secondo grado sull’onere della prova, posto a carico della società contribuente, in relazione alla sussistenza di situazioni oggettive che non consentivano il conseguimento di redditi superiori alla soglia prevista dalla legge e all’insufficienza della « causa dell’attuale congiuntura economica ».
4 . Per quanto esposto, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 23 ottobre 2024.