Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2590 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2590 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30736/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 1096/2018 depositata il 14/03/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto attività di noleggio di imbarcazioni, ha impugnato l’avviso di accertamento recante maggiori IRES, IVA e IRAP per il 2008, a seguito di determinazione presuntiva del reddito ex artt. 39 comma 1 lett. d) e 40 del d.P.R.
600/1973 : veniva assunto l’esercizio « in modalità antieconomica» dell’attività, in quanto l’unico cespite costituito da una imbarcazione a vela, nel periodo 2006 -2010, era stato noleggiato soltanto ai soci o a società a questi riferibili, qualificandosi la contribuente come ‘ società di comodo ‘ secondo quanto previsto dall’ art. 30 l. n. 724/1994.
La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Milano ha rigettato il ricorso.
La contribuente ha proposto appello che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) della Lombardia ha rigettato ritenendo, ex art. 2729 c.c., che il catamarano, unico bene della società, fosse stato utilizzato dai soci e non per fornire servizi al mercato poiché tutte le cinque fatture emesse nel 2008 erano a carico del RAGIONE_SOCIALE, amministrata da NOME COGNOME socio e amministratore anche dell’appellante.
Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, che si è affidata a tre motivi.
Non ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate .
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 31 e 612 del d.lgs. n. 546/1992 nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per carenza degli elementi essenziali: la CTR aveva del tutto omesso la descrizione dei fatti di causa, non aveva esaminato alcuno dei motivi d’appello proposto e non aveva indicato le ragioni della decisione.
Il motivo è infondato.
1.1. Costituisce ‘diritto vivente’ il principio, applicabile anche al processo tributario stante il rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (e, dunque, anche alle sue disposizioni di attuazione) contenuto nell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 546/1992 (Cass. n. 13990 del 2003), secondo cui la mancata esposizione
dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto, determinano la nullità della sentenza soltanto allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. n. 1944 n. 2001; Cass. n. 9745 del 2017).
1.2. Quanto alla motivazione, va rammentato che non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che «l a motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture » (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016).
1.3. Nonostante la sua estrema sinteticità la sentenza consente l’individuazione del thema decidendum costituito dalla
determinazione presuntiva del reddito (si veda il riferimento all’« art. 2729 c.c. ») e ha una motivazione comprensibile che attinge il cd. ‘minimo costituzionale’ : concludendo, sulla base dell’esame delle fatture emesse, che il catamarano era stato « utilizzato dai soci e non per fornire servizi al mercato », la sentenza ha riconosciuto l’utilizzo non imprenditoriale ma di mero godimento dell’unico cespite societario che giustificava la determinazione del reddito per presunzioni.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame circa fatti decisivi e oggetto di discussione tra le parti, poiché la RAGIONE_SOCIALE aveva un oggetto sociale costituito da noleggio, locazione e sublocazione di unità da diporto, cosicché non vi era ragione di ritenere che il rapporto tra le due società non fosse effettivo.
Il motivo è inammissibile.
2.1. Ricorre una ipotesi di c.d. ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348 -ter, comma 5, c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), per cui il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774 del 2016). La disposizione di cui all’art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c., in base alla quale non sono impugnabili per omesso esame di fatti storici le sentenze di secondo grado in ipotesi di c.d. doppia conforme, presuppone che nei due gradi di merito le “questioni di fatto” siano state decise in base alle “stesse ragioni” (Cass. n.
29222 del 2019), e incombe sulla parte ricorrente l’onere di precisare e dimostrare che le ragioni di fatto poste rispettivamente a fondamento della decisione di primo e di secondo grado sono tra loro diverse (Cass. n. 26774 del 2016; Cass. n. 5947 del 2023). Nel caso di specie tale onere non è stato assolto.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 della l. n. 724/1994 e dell’art. 2729 c.c., laddove la CTR afferma che « Il caso in esame si riferisce solo ed esclusivamente all’anno 2008 e, di conseguenza vengono esaminati solo gli atti e i documenti inerenti tale annualità », perché, ai fini della determinazione del valore degli asset patrimoniali rilevanti ai fini del test di operatività, l’art. 30 comma 2 cit. prevede che si tenga conto delle medie delle risultanze dell’esercizio e dei due precedenti.
3.1. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi in quanto la CTR non ha considerato le fatture del 2008 al fine di scrutinare il test di operatività di cui all’art. 30 l. n. 724/1994 ma per confermare gli elementi su cui si è fondata la determinazione presuntiva del reddito da parte dell’Agenzia.
Non vi è da provvedere sulle spese stante l’assenza di attività difensionale da parte dell’Agenzia.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; nulla sulle spese; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 23/10/2024.