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Società di comodo: Cassazione su IVA e sanzioni

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della società di comodo, stabilendo un’importante distinzione tra imposte dirette e IVA. La Corte ha confermato la legittimità dell’accertamento per IRES e IRAP, ritenendo non sufficientemente provata l’impossibilità oggettiva di produrre reddito. Tuttavia, ha accolto il ricorso riguardo all’IVA, affermando che la normativa nazionale che nega la detrazione è in contrasto con il diritto dell’Unione Europea e va disapplicata. Infine, ha ordinato la rideterminazione delle sanzioni in base al principio del favor rei.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società di comodo: legittima per IRES e IRAP, ma l’IVA si può detrarre

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sulla disciplina della società di comodo, tracciando una netta linea di demarcazione tra la sua validità ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP) e l’illegittimità del diniego alla detrazione IVA. Questa decisione, basata sul primato del diritto europeo, ha conseguenze significative per le imprese che, pur essendo operative, non raggiungono le soglie di ricavi previste dalla legge.

Il caso in esame

Una società a responsabilità limitata, costituita nel 2006, aveva ricevuto un avviso di accertamento per il periodo d’imposta 2009. L’Agenzia delle Entrate contestava alla società lo status di società di comodo ai sensi dell’art. 30 della Legge n. 724/1994, poiché non aveva superato il cosiddetto “test di operatività”, che confronta i ricavi dichiarati con un ricavo minimo presunto calcolato sul valore del patrimonio aziendale.

La società si era difesa sostenendo di trovarsi in una situazione di “oggettiva impossibilità” a produrre reddito, a causa di lungaggini burocratiche che avevano ritardato l’avvio di un importante progetto imprenditoriale. Nonostante le sue argomentazioni, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano confermato la legittimità dell’accertamento. La questione è quindi approdata dinanzi alla Corte di Cassazione.

La disciplina della società di comodo per IRES e IRAP

Per quanto riguarda le imposte sui redditi (IRES) e l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), la Corte ha rigettato il ricorso della società. I giudici hanno chiarito che, per superare la presunzione di non operatività, il contribuente deve fornire una prova rigorosa delle cause oggettive, a lui non imputabili, che hanno impedito il conseguimento dei ricavi minimi.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la documentazione prodotta dalla società (richieste di autorizzazioni e avvio di lavori di manutenzione ordinaria) non fosse sufficiente a dimostrare un’impossibilità assoluta, ma rappresentasse piuttosto attività “minimali” e non pienamente coerenti con il grandioso progetto dichiarato. La valutazione dei giudici di merito è stata quindi considerata corretta e l’accertamento per IRES e IRAP confermato.

La svolta sull’IVA: il Diritto Europeo prevale sulla normativa nazionale

La decisione ha avuto un esito completamente diverso per quanto riguarda l’Imposta sul Valore Aggiunto (IVA). La Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso della società, basandosi su una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-341/22) e su consolidata giurisprudenza nazionale.

I giudici hanno stabilito che l’articolo 30 della Legge n. 724/1994, nella parte in cui nega il diritto alla detrazione dell’IVA a una società di comodo, si pone in contrasto con gli articoli 9 e 167 della Direttiva europea 2006/112/CE. Secondo il diritto unionale, il diritto alla detrazione IVA spetta a qualsiasi soggetto passivo che effettua operazioni imponibili, indipendentemente dal raggiungimento di una soglia minima di ricavi.

Di conseguenza, la norma nazionale deve essere disapplicata dal giudice, garantendo alla società il diritto di detrarre l’IVA assolta sugli acquisti.

Il Principio del Favor Rei e la riduzione delle sanzioni

Infine, la Cassazione ha accolto anche il motivo relativo alle sanzioni. La società aveva richiesto la riduzione delle sanzioni alla luce delle modifiche più favorevoli introdotte dal D.Lgs. n. 158 del 2015, successivo alla violazione contestata.

La Corte ha ribadito l’applicazione del principio del favor rei, secondo cui il contribuente ha diritto all’applicazione del trattamento sanzionatorio più mite, anche se introdotto da una legge successiva. Poiché la società aveva correttamente indicato la normativa più favorevole e il relativo importo (sanzione al 90% della maggior imposta dovuta), i giudici hanno cassato la sentenza anche su questo punto, rinviando al giudice del merito il compito di ricalcolare le sanzioni.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una duplice analisi. Per le imposte dirette, la logica è prettamente nazionale e probatoria: la presunzione legale di non operatività può essere vinta solo con prove concrete, oggettive e non imputabili all’imprenditore che dimostrino l’impossibilità di produrre reddito. La Corte ha ritenuto che le normali difficoltà burocratiche, se non adeguatamente circostanziate come ostacoli insormontabili, non integrano tale prova.

Per l’IVA, invece, la motivazione si radica nel principio del primato del diritto dell’Unione Europea. La neutralità dell’IVA è un cardine del sistema comune e non può essere compromessa da norme nazionali che introducono presunzioni di non operatività basate su soglie di ricavi. Il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta diventa esigibile e non può essere subordinato a requisiti quantitativi non previsti dalla Direttiva.

Per le sanzioni, la motivazione risiede nel principio fondamentale del favor rei, che impone di applicare la legge successiva più favorevole al reo, un principio di civiltà giuridica che trova piena applicazione anche nel diritto tributario amministrativo.

Le conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione delinea un quadro chiaro per le imprese qualificate come società di comodo. Se da un lato la presunzione per IRES e IRAP rimane difficile da superare senza prove stringenti di impedimenti oggettivi, dall’altro viene definitivamente affermato il diritto alla detrazione IVA, in linea con i principi europei. La decisione rafforza la tutela del contribuente anche sul fronte sanzionatorio, confermando l’obbligo per i giudici di applicare la normativa più mite sopravvenuta. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, che dovrà ora decidere nuovamente sulla base dei principi espressi dalla Suprema Corte.

Una società può essere considerata ‘di comodo’ anche se l’impossibilità di generare ricavi dipende da ritardi burocratici?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, a meno che la società non fornisca una prova rigorosa che i ritardi burocratici abbiano costituito una situazione oggettiva di impossibilità, non imputabile alla propria volontà, che ha reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi. Semplici difficoltà o attività preparatorie minimali non sono ritenute sufficienti a superare la presunzione di non operatività ai fini delle imposte dirette (IRES e IRAP).

È legittimo negare la detrazione dell’IVA a una società di comodo?
No. La Corte di Cassazione, applicando i principi della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha stabilito che la normativa nazionale che nega il diritto alla detrazione dell’IVA per le società non operative è in contrasto con la Direttiva europea sull’IVA. Tale normativa deve essere disapplicata, riconoscendo quindi alla società il diritto di detrarre l’IVA pagata sugli acquisti.

In caso di modifica delle sanzioni tributarie, si applica sempre la legge più favorevole al contribuente?
Sì. La Corte ha confermato l’applicazione del principio del favor rei, secondo il quale, se la legge in vigore al momento della commissione della violazione e le leggi successive prevedono sanzioni diverse, si deve applicare la disposizione più favorevole al contribuente, a meno che il provvedimento di irrogazione della sanzione sia già definitivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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