Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13598 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13598 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
Oggetto: società di comodo
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27300/2020 R.G. proposto da
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del direttore pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna n. 283/08/2019 depositata in data 28/01/2020;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società RAGIONE_SOCIALE impugnava, per quanto qui interessa, l’ atto di recupero notificatole per i periodi di imposta dal 2008 al 2012 – con il quale era disconosciuto il credito iva in applicazione della disciplina sulle c.d. ‘società di comodo’ di cui all’art. 30 della L. n. 724 del 1994, stante il mancato superamento del cosiddetto ‘test di operatività’ a seguito dell’invio di questionari;
-i giudici di primo grado accoglievano il ricorso;
-appellava l’Ufficio;
-con la sentenza qui impugnata la Commissione tributaria regionale ha dichiarato la nullità della sentenza impugnata e accolto nel merito il ricorso, annullando tutti gli atti di recupero del credito iva impugnati;
-ricorre a questa Corte l’Amministrazione finanziaria con atto affidato a tre motivi di doglianza;
-resiste con controricorso la società contribuente.
Considerato che:
-il primo motivo si incentra, con riferimento agli immobili di INDIRIZZO, sulla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 della L. n. 724 del 1994 e dell’art. 2697 c.c. oltre che dell’art. 110 TUIR in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere il giudice del merito erroneamente ritenuto che per gli immobili collocati in INDIRIZZO l’Ufficio non avrebbe potuto prendere a riferimento il valore civilistico – poiché non era stata effettuata la rivalutazione ai fini fiscali ma solo quella ai fini civilistici -mentre avrebbe dovuto utilizzare il valore fiscale determinato ai sensi dell’art. 110 TUIR come richiamato dall’art. 30 c. 2 L. n. 724 del 1994;
Cons. Est. NOME COGNOMEil secondo motivo di ricorso censura la pronuncia gravata, con riguardo all’immobile di Santa Sofia, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30 c. 4 bis della L. n. 724 del 1994 in
relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la sentenza di merito erroneamente ritenuto irrilevante ai fini della valutazione della società quale società ‘di comodo’ l’immobile in argomento in quanto contabilizzato tra le rimanenze perché inagibile sin dall’acquisto e come tale non suscettibile di locazione in assenza di interventi di recupero del bene;
-infine, il terzo motivo, con riferimento all’immobile di Lido di Spina – Comacchio, deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 35 c. 3 del d. Lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 112 e 115 oltre che 277 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere la sentenza di merito da un lato ha accolto la tesi dell’Ufficio avendo ritenuto che l ‘ unità immobiliare di Lido Spina ‘può reputarsi nella disponibilità dei soci’, dall’altro erroneamente -reso una statuizione decisoria non consequenziale a tale affermazione, mancando di provvedere di propria iniziativa alla rinnovazione del c.d. ‘ test di operatività ‘ per verificare se la società potesse comunque considerarsi ‘di comodo’ o limitarsi a un annullamento solo parziale e non integrale dell’atto impugnato;
-i motivi sono suscettibili di trattazioni congiunta e vanno tutti rigettati in quanto infondati;
-poiché si verte in materia di iva e dato che l’Ufficio disconosce il credito iva maturato per ciascuna annualità in oggetto in forza dell’applicazione alla fattispecie concreta della disciplina sopra identificata, va semplicemente fatta applicazione della giurisprudenza della Corte unionale e di questa Corte di legittimità secondo le quali (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24442 del 11/09/2024) in materia di società non operative, la qualità di soggetto passivo ai fini della detrazione IVA, è riconosciuta, ai sensi dell’art. 9, par. 1, della direttiva 2006/112/CE ed in conformità ai principi espressi dalla CGUE nella sentenza n. 341 del 7 marzo 2024 in causa C-
341/22, anche a colui che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettua operazioni soggette a detta imposta, il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata dalla normativa nazionale corrispondente ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui dispone;
-infatti, nessuna disposizione della direttiva subordina il diritto a detrazione a detto requisito, per cui, ai sensi dell’art. 30 della L. n. 724 del 1994, rileva esclusivamente l’esercizio effettivo di un’attività economica in un determinato periodo d’imposta, ponendosi quindi detta disposizione di diritto interno in contrasto con l’art. 167 della citata direttiva nella parte in cui, invece, prevede la perdita del diritto a detrazione al mancato raggiungimento di determinate soglie di ricavi;
-ciò in quanto, come ancora puntualizzato da questa Corte, (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22249 del 06/08/2024) l’art. 30 della L. n. 724 del 1994, nell’escludere il diritto alla detrazione dell’iva assolta a monte per le società i cui introiti siano inferiori ad una determinata soglia (presumendone il carattere non operativo), si pone in contrasto con gli artt. 9, par. 1, e 167 della dir. 2006/112/CE e va, quindi, disapplicato da parte del giudice nazionale, in conformità ai principi espressi dalla sentenza della Corte di giustizia UE n. 341 del 7 marzo 2024, secondo cui le misure adottate dagli Stati membri per la lotta contro frodi, evasione fiscale ed abusi non devono eccedere quanto necessario per raggiungere tale obiettivo ed essere utilizzate in modo da mettere in discussione il principio di neutralità del tributo iva;
-pertanto, al cospetto dell’applicazione di una normativa interna risultata contrastante con il diritto dell’Unione, va corretta la motivazione della pronuncia di appello;
-nel caso in esame, difatti, il giudice d’appello mostra di non dubitare dello svolgimento di attività economica nell ‘accezione della disciplina iva (v. art. 9 della direttiva iva: « Si considera ‘soggetto passivo’ chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. Si considera ‘attività economica’ ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità »), in quanto, come evidenziato, ha fatto leva su ‘scelte strategiche dell’imprenditore’, sia pure ai fini dell’applicazione della normativa che va, invece, disapplicata;
-l’impianto del ricorso dell’Agenzia delle entrate non comporta in sé l’esclusione del lo svolgimento di attività economica nella suddetta accezione posto che è calibrato a) sulla determinazione del valore degli immobili di INDIRIZZO in coerenza col disposto dell’art. 2550 -ter c.c.; b) sulla irrilevanza della scelta imprenditoriale concernente l’immobile di Santa Sofia, non oggetto di locazione perché inagibile sin dall’acquisto, perché soggettiva, e non correlata a situazione oggettiva; c) sulla necessità di rinnovare il test di operatività con riguardo all’immobile di Lido di Spina -Comacchio, in quanto ritenuto nella disponibilità dei soci (nel senso, peraltro, che la locazione di beni immobili è attività economica ai fini iva, benché di norma relativamente passiva, che non produce un valore aggiunto significativo, vedi Corte giust., causa C-215/19, Veronsaajien oikeudenvalvontayksikkö, punto 41);
Cons. Est. NOME COGNOME -l’Agenzia, in definitiva, fa proprio leva sul criterio, quello di una soglia di ricavi, ritenuto estraneo a quelli richiesti ai fini della dimostrazione di un’evasione o di un abuso: questa
presunzione, ha stabilito la CGUE con la citata sentenza in causa C-341/22, non si basa sulla valutazione della realtà effettiva delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate nel corso di un determinato periodo d’imposta, né su quella del loro effettivo utilizzo al fine di realizzare operazioni a valle, bensì soltanto sulla valutazione del loro volume;
-quella Corte ha con l’occasione ribadito che una presunzione generale di evasione e di abuso non può giustificare un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva. Allo stesso modo, non si può ammettere che una siffatta presunzione, benché confutabile, conduca a negare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte e il conseguente diritto al rimborso per motivi estranei alla constatazione di un’invocazione fraudolenta o abusiva di tale diritto;
-ne deriva comunque, all’esito, il rigetto del ricorso dell’Agenzia delle Entrate;
-con riferimento alle spese processuali, alla luce della recente pronuncia del Giudice del Lussemburgo sul punto le stesse debbono compensarsi tra le parti;
p.q.m.
rigetta il ricorso e compensa le spese. Così deciso in Roma, il 12 marzo 2025.