Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4224 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4224 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRES-IRAP 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
Contro
TENUTA RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituita, -intimata – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 753/06/2017, depositata il 10 maggio 2017; udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 13 novembre 2024 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Alessandria notificava, in data 17 dicembre 2014, alla società agricola RAGIONE_SOCIALE, avviso di accertamento n. T7J037A02688/2014, con il quale, in applicazione della disciplina delle società di comodo di cui all’art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, determinava accertava un maggior reddito d’impresa, per l’anno 2009, di € 258.107,00, con conseguente applicazione di maggiori IRES, IRAP e relative addizionali e sanzioni.
La società contribuente impugnava il suddetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria la quale, con sentenza n. 262/06/2015, depositata il 26 ottobre 2015, rigettava il ricorso,
Interposto gravame dalla società contribuente, la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, con sentenza n. 753/06/2017, pronunciata il 14 marzo 2017 e depositata in segreteria il 10 maggio 2017, accoglieva l’appello ed annullava l’avviso di accertamento in oggetto, com pensando le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate , sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 18 dicembre 2017).
Non si è costituita in giudizio la società agricola RAGIONE_SOCIALE, rimasta intimata.
Con decreto del 10 luglio 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 13 novembre 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 30 della l. n. 724/1994, nel testo applicabile ratione temporis , nonché del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate dell’11 giugno 2012 (relativo al regime delle società di comodo esercenti attività agricole), nonché, ancora, dell’art. 2, commi 36decies , 36undecies e 36duodecies , del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, degli artt. 10 e 11 delle disposizioni sulla legge in generale e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, l’Ufficio che, in base alla normativa sulle cc.dd. società di comodo, vi erano dei precisi coefficienti e requisiti di legge che non consentivano interpretazioni differenti, e che, nel caso di specie, con riferimento all’anno d’im posta 2009, i ricavi presunti in capo alla società contribuente, sulla base dell’applicazione delle previsioni contenute nella normativa in questione, erano risultati superiori a quelli dichiarati, e pertanto la società era ritenuta non operativa ex lege .
2. Il motivo è fondato.
2.1. La sentenza impugnata ha ritenuto non applicabile, nel caso di specie, la normativa in tema di società di comodo, sulla base delle seguenti ragioni: 1) il risultato di antieconomicità, basato sull’applicazione dei coefficienti nel settore delle imprese agricole (al quale la contribuente appartiene) non giustificherebbe la collocazione della società tra quelle ‘di comodo’, in quanto, trattandosi di impresa agricola, non sarebbe possibile applicare parametri che possono essere validi
per altre attività; inoltre, lo svolgimento effettivo dell’attività sarebbe desumibile dall’esposizione nel bilancio di costi per il personale; 2) il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate nell’11 giugno 2012, operante dal 26 giugno 2012, può ritenersi applicabile a periodi precedenti quale norma di natura procedimentale, e non sostanziale, vigente al momento dell’accertamento del 17 dicembre 2014.
2.2. Orbene, con riferimento al punto sub 1), va rilevato che la normativa sulle cc.dd. società di comodo fissa dei parametri ben definiti, sulla base dei quali, per l’anno d’imposta 2009, i ricavi presunti in capo alla RAGIONE_SOCIALE sono risultati superiori a quelli dichiarati, con la conseguenza che la società è risultata non operativa ex lege .
Questa Corte ha più volte precisato che il legislatore, con l’art. 30 della legge n. 724/1994, ha inteso disincentivare la costituzione di società “di comodo”, ovvero il ricorso all’utilizzo dello schema societario per il raggiungimento di scopi eterogenei rispetto alla normale dinamica degli enti collettivi commerciali (come quello, proprio delle società c.d. di mero godimento, dell’amministrazione dei patrimoni personali dei soci con risparmio fiscale) ( ex multis , Cass. 27 gennaio 2023, n. 2636; Cass. 13 maggio 2021, n. 12862; Cass. 24 febbraio 2021, n. 4946; in questo senso cfr. la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 5/E del 2 febbraio 2007).
Si è detto, quindi, che «il disfavore dell’ordinamento per tale incoerente impiego del modulo societario – ricavabile, oltre che dalla disciplina fiscale antielusiva, dal più generale divieto, desumibile dall’art. 2248 c.c., di regolare la comunione dei diritti reali con le norme in materia societaria -trova
spiegazione nella distonia tra l’interesse che la società di mero godimento è diretta a soddisfare e lo scopo produttivo al quale il contratto di società è preordinato» (Cass. 4 febbraio 2021, n. 4946, cit.).
La legge n. 724/1994, art. 30, ha, dunque, la finalità di contrastare la diffusione di società anomale, utilizzate quale involucro per il perseguimento di finalità estranee alla causa contrattuale, spesso prive di un vero e proprio scopo lucrativo e talvolta strutturalmente in perdita, al fine di eludere la disciplina tributaria (Cass. 23 novembre 2021, n. 36365, richiamata e citata anche da Cass. 18 gennaio 2022, n. 1506). L’effetto deterrente perseguito muove dalla determinazione di standard minimi di ricavi e proventi, correlati al valore di determinati beni aziendali. In particolare, secondo la legge n. 724/1994, art. 30, comma 1, una società si considera non operativa se la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) imputati nel conto economico è inferiore a un determinato ricavo figurativo, calcolato, attraverso il test di operatività, applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli assets patrimoniali intestati alla società. Il mancato raggiungimento di tale soglia – considerato dal legislatore sintomatico della non operatività della società (cfr., ex multis , Cass. 24 febbraio 2020, n. 4850) – fonda quindi una presunzione legale relativa di non operatività, basata sulla massima di esperienza secondo cui, di regola, non vi è effettività di impresa senza una continuità minima nei ricavi (da ultimo, Cass. 16 maggio 2023, n. 13328).
Come è stato già chiarito da questa Corte, «il mancato raggiungimento degli standard minimi di ricavi di cui al ridetto art. 30, comma 1, riconducibili agli assetti patrimoniali della struttura societaria, funge da elemento sintomatico di selezione ed individuazione degli enti non operativi» (Cass. 24 febbraio 2020, n. 4850). Il mancato superamento della “soglia di operatività” costituisce dunque presunzione legale, relativa, della natura non operativa della società contribuente e comporta, pertanto, l’applicazione della disciplina antielusiva.
In tale contesto, il contribuente può vincere la presunzione dimostrando all’Amministrazione -attraverso l’interpello finalizzato alla disapplicazione delle disposizioni antielusive, ovvero in giudizio, nel caso di contrasto – le oggettive situazioni che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito determinato secondo i predetti parametri normativi (Cass. 14 giugno 2024, n. 16600; Cass. 23 maggio 2022, n. 16472).
L’onere della prova contraria deve essere inteso «non in termini assoluti quanto piuttosto in termini economici, aventi riguardo alle effettive condizioni di mercato» (Cass. 28 maggio 2020, n. 10158; Cass. 12 febbraio 2019, n. 4019; Cass. 20 giugno 2018, n. 16204). E’ stato peraltro escluso che, attraverso il meccanismo della presunzione relativa e dell’onere della prova contraria gravante sul contribuente, si pervenga ad un mero sindacato di merito del giudice sulle scelte imprenditoriali, rilevando che «in tema di società di comodo, non sussistono le oggettive situazioni di carattere straordinario, che rendono impossibile il superamento del test di operatività, l. n. 724 del 1994, ex art. 30, comma 4bis , nella
versione all’epoca vigente, nell’ipotesi di totale assenza di pianificazione aziendale da parte degli organi gestori della società o di completa “inettitudine produttiva”, gravando sull’imprenditore, anche collettivo, ai sensi dell’art. 2086, comma 2, c.c., come modificato dall’art. 375 c.c.i.i., in coerenza con l’art. 41 Cost. – l’obbligo di predisporre i mezzi di produzione nella prospettiva del raggiungimento del lucro obiettivo e della continuità aziendale. Sicché in tal caso, il sindacato del giudice non coinvolge le scelte di merito dell’imprenditore, attenendo alla verifica del corretto adempimento degli obblighi degli amministratori e dei sindaci, con riduzione dell’operatività della business judgement rule , sempre valutabile, sotto il profilo tributario, per condotte platealmente antieconomiche» (Cass. 23 novembre 2021, n. 36365).
Inoltre, con riferimento alla presunzione legale relativa di non operatività, l’onere probatorio può essere assolto non solo dimostrando che, nel caso concreto, l’esito quantitativo del test di operatività è erroneo o non ha la valenza sintomatica che gli ha attribuito il legislatore, giacché il livello inferiore dei ricavi è dipeso invece da situazioni oggettive che ne hanno impedito una maggior realizzazione; ma anche dando direttamente la prova proprio di quella circostanza che, nella sostanza, dal livello dei ricavi si dovrebbe presumere inesistente, ovvero dimostrando la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale, e dunque l’operatività reale della società (Cass. 24 febbraio 2021, n. 4946, in motivazione; Cass. 28 settembre 2021, n. 26219, in motivazione).
Orbene, ciò posto, va rilevato che la prova contraria, da parte del contribuente, deve risolversi nell’offerta di elementi di fatto consistenti in “situazioni oggettive di carattere straordinario”, indipendenti dalla volontà del contribuente, che rendano impossibile conseguire il reddito presunto avuto riguardo alle effettive condizioni del mercato (Cass. 3 marzo 2023, n. 6459; Cass. 23 novembre 2021, n. 36365; Cass. 12 febbraio 2019, n. 4019), e che, pertanto, facciano desumere «l’erroneità dell’esito quantitativo del test di operatività, ovvero la sussistenza di un’attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale e, dunque, l’operatività reale della società» (Cass. 23 maggio 2022, n. 16472).
Nella fattispecie in esame, è pacifico, da un lato, che la società contribuente non abbia presentato interpello disapplicativo della normativa sulla società di comodo, e, dall’altro, si sia limitata ad eccepire la propria natura di impresa agricola come elemento di per sé idoneo a superare la presunzione di non operatività.
Quest’ultima circostanza, tuttavia, non può essere considerata, di per sé sola, sufficiente ad escludere l’applicazione della normativa in tema di società di comodo, e quindi a superare la presunzione di non operatività, come invece ritenuto dalla Corte regionale, non potendosi fare riferimento a variabili legate a fattori climatici, parassitari e di mercato che, per la loro genericità, non sono idonei a superare in concreto la presunzione legale di non operatività prevista dalla normativa in oggetto.
Inoltre, la società contribuente ha eccepito la presenza di alcuni dipendenti, ma anche con riferimento a tale elemento la C.T.R. ha errato nel ritenere il costo del personale, ‘oscillante tra le nove e le dieci unità’, un elemento idoneo a valutare l’effettività dell’attività svolta. Tale costo, infatti, risulta relativo ad un numero di lavoratori inferiore a quello minimo previsto dalla legge per l’esclusione automatica dal regime delle società di comodo, non essendo stato accertato, dalla stessa sentenza, un numero di dipendenti almeno pari alle 10 unità ‘per tutti i giorni compresi nell’arco temporale oggetto di osservazione’ .
2.3. Con riferimento al punto sub 2) rilevato in precedenza, invece, va rilevato che, come già affermato da questa Corte (Cass. 17 marzo 2023, n. 7756), il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 87956 dell’11 giugno 2012, emesso ai sensi dell’art. 1, comma 128, della l. 24 dicembre 2007, n. 244, con cui le società agricole sono state escluse dalle disposizioni di cui all’art. 30 l. n. 724 del 1994 (c.d. disapplicazione automatica), ha efficacia a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di adozione del provvedimento (anno di imposta 2012) senza che lo stesso possa applicarsi retroattivamente (v. anche Cass. 14 luglio 2021, n. 20027).
Consegue l’accoglimento del ricorso.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, la quale
provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 13 novembre 2024.