Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13862 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13862 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9586/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOMECOGNOME quale ex liquidatore e legale rappresentante della cooperativa RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
avverso la SENTENZA della CORTE di GIUSTIZIA TRIBUTARIA di SECONDO GRADO della PUGLIA n. 2916/2022 depositata il 08/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia ( hinc: CGT2), con sentenza n. 2916/2022 depositata in data 08/11/2022, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 3165/2017 con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Bari aveva accolto il ricorso contro l’avviso di accertamento avente per oggetto le riprese a titolo di IRES, IVA e IRAP per l’anno 2011 proposto dal « ricorrente in qualità di rappresentante legale della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione », ritenendo che « la cancellazione della società dal Registro delle imprese ne causa l’estinzione, per cui l’accertamento o altro atto impositivo notificato e intestato alla società è da considerarsi inesistente, in quanto privo del soggetto nei cui confronti avanzare la pretesa ».
La CGT2 ha rilevato che la società contribuente era stata cancellata dal registro delle imprese in data 28/11/2013, con la conseguenza che non può trovare applicazione l’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014, entrato in vigore in data 13/12/2014. Era pertanto corretta la decisione del giudice di primo grado, trattandosi di avviso di accertamento emesso nei confronti della società estinta. Ha poi ritenuto assorbito il secondo motivo di appello.
Contro la sentenza della CGT2 l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
La parte intimata non si è costituita.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la nullità della sentenza per omessa e/o apparente motivazione, la violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
1.1. La ricorrente rileva che la CGT2 ha omesso del tutto di motivare sull’argomentazione centrale dedotta dall’ufficio nelle proprie difese: in entrambi i gradi di giudizio l’amministrazione finanziaria aveva rappresentato che l’avviso di accertamento ogg etto di impugnazione era stato notificato non alla società, ma bensì al liquidatore, nonché amministratore della stessa. Il destinatario dell’atto impugnato era COGNOME, nei confronti del quale veniva emesso, contestualmente, un « atto di accertamento di responsabilità », come da pag. 10-12 dell’avviso parzialmente riprodotto analogicamente a pag. 9 del ricorso in cassazione. La ricorrente richiama, poi, la pag. 2 dell’atto impugnato, nonché le controdeduzioni dell’ufficio in primo grado e le censure svolte nell’atto di a ppello (v. pag. 10 del ricorso in cassazione), evidenziando di aver richiamato l’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973. Il collegio ha, quindi, travisato il reale destinatario dell’avviso, dichiarando che quest’ultimo era stato emesso nei confronti della società estinta. La mancata esplicitazione del percorso logico-giuridico seguito dalla CTR su tale profilo fondamentale rende nulla la decisione.
Con il secondo motivo di ricorso è stato denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
2.1. La ricorrente ha rilevato che in entrambi i gradi di giudizio aveva evidenziato che l’avviso era stato notificato non alla società (considerati i limiti imposti dalla legge prima dell’entrata in vigore
dell’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014), ma al liquidatore, nonché amministratore della stessa. Il destinatario dell’avviso era, infatti, il liquidatore nei confronti del quale veniva contestualmente emesso l’atto di accertamento di responsabilità ( come da pag. 1012 dell’avviso). Ha poi richiamato la pag. 2 dell’atto impugnato e i contenuti dell’atto di appello, per evidenziare come la CGT2 non avesse inteso quale fosse il reale destinatario dell’avviso di accertamento, dichiarando che era stato emesso nei confronti della società estinta, con ciò travisando la circostanza che il contenuto dell’atto impugnato, acquisito al fascicolo di causa fosse differente. Ha poi richiamato l’ordinanza n. 9404 emessa da questa Corte in data 21/05/2020.
Con il terzo motivo è stata censurata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 43, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, dell’articolo 57, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’articolo 28 del d. lgs. n. 175 del 2014, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3) , c.p.c.
3.1. Con tale motivo la ricorrente censura l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo la quale: « l’Avviso di Accertamento, opposto con il ricorso introduttivo della controversia, è risultato inequivocabilmente tardivo perché emesso dall’Amministrazione finanziaria in data successiva al 13 dicembre 2014, giorno in cui è entrato in vigore l’articolo 28 del d.lgs. n.
175/2014 ».
Tale affermazione contrasta con gli artt. 43, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto la tardività o tempestività dell’avviso di accertamento non poteva essere valutata ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 175 del 2014, trovando riferimento nelle prime due norme richiamate.
Rileva, poi, come, in base a quanto previsto negli artt. 43, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972 l’avviso di accertamento avrebbe dovuto essere emesso entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, che scadeva, nel caso in esame, in data 31/12/2016. 3.2. La notifica al liquidatore era, inoltre, legittima, in quanto eseguita ai sensi degli artt. 2495 c.c. e 36 d.P.R. n. 602 del 1973. La responsabilità del liquidatore trova fonte in un’obbligazione legale, ai sensi degli artt. 1176 e 1218 c.c. e richiede -così come contestato nell’avviso di accertamento impugnato la sussistenza di attività nel patrimonio della società in liquidazione. Peraltro, il liquidatore avrebbe ben potuto esimersi da responsabilità patrimoniale, fornendo la prova che i pagamenti e le attribuzioni non avevano violato l’ordine di priorità previsto dagli artt. 2777 c.c. Nei precedenti gradi di giudizio era stato, tuttavia, dimostrato dall’amministrazione finanziaria come COGNOME non avesse fornito tale prova. Peraltro, tale prova è rafforzata dalla circostanza che il liquidatore della società fosse amministratore nell’anno d’imposta interessato dall’accertamento dell’amministrazione finanziaria.
L’Agenzia delle Entrate ha, poi, richiamato, a pag. 16 -17 del ricorso gli atti di mala gestio compiuti da COGNOME dapprima quale amministratore e, successivamente, quale liquidatore della società.
4. In via preliminare e assorbente occorre rilevare che nel caso di specie, come risulta dalla lettura del ricorso introduttivo davanti al giudice di prime cure allegato al ricorso per cassazione, COGNOME ha agito quale legale rappresentante della società estinta RAGIONE_SOCIALE al fine di far dichiarare la nullità dell’atto impugnato, perché notificato e intestato a società da considerare inesistente: a.il ricorso è intestato ‘RAGIONE_SOCIALE (società estinta) contro Agenzia delle entrate -Direzione provinciale di Bari;
b.l’intero ricorso è calibrato sulla « nullità assoluta degli avvisi di accertamento a società estinte »;
c.la stessa sentenza impugnata qualifica la società come « ricorrente ed odierna appellata».
In effetti, la società risulta cancellata dal registro delle imprese in data 28/11/2013, con la conseguenza che non può trovare applicazione l’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014. La retroattività di questa norma è stata, infatti, esclusa da questa Corte, rilevando che l’art. 28, comma 4, del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa, neppure implicita, e non ha, quindi, alcuna efficacia retroattiva. Ne consegue che il differimento quinquennale (operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495, secondo comma, cod. civ., si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto d.lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente (Cass., 02/04/2015, n. 6743; Cass. 21/02/2020, n. 4536; Cass., 27/12/2024, n. 34549).
4.1. Ne consegue che, anteriormente al 13/12/2014, la cancellazione della società dal registro delle imprese determinandone l’estinzione ne comportava anche la cessazione della capacità processuale ad agire e a essere convenuta in giudizio in persona del liquidatore. Sul punto occorre, infatti, dare continuità all’orientamento di questa Corte, secondo il quale: « La cancellazione di una società di capitali dal registro delle imprese determina l’estinzione dell’ente e, quindi, la cessazione della sua capacità processuale, il cui difetto originario
è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità e comporta, in quest’ultimo caso, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per cassazione. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza con cui il giudice di merito aveva accolto l’impugnazione proposta del liquidatore della società estinta nei confronti di avvisi di accertamento notificati successivamente alla cancellazione della società dal registro delle imprese e relativi a tributi sorti in epoca anteriore) » (Cass., 08/10/2014, n. 21188).
Nessuna persistente legittimazione può dunque ravvisarsi in capo al liquidatore in relazione alla pretesa attinente al debito sociale (Cass., 31/03/2022, n. 10354).
In conclusione, poiché il giudizio non poteva essere iniziato, in quanto proposto da un soggetto non più esistente, la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, comma 3, c.p.c.
5.1. Il particolare andamento processuale comporta l’integrale compensazione delle spese concernenti le fasi di merito e l’irripetibilità di quelle inerenti al giudizio di legittimità.
…
P.Q.M.
cassa la sentenza impugnata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382, comma 3, c.p.c. perché il giudizio non poteva essere iniziato, in quanto proposto da soggetto non più esistente. Compensa le spese concernenti le fasi di merito e dichiara irripetibili quelle inerenti al giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 11/03/2025.