LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Società cancellata: l’avviso di accertamento è nullo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34549/2024, ha stabilito che la norma che estende per cinque anni la vita di una società ai soli fini fiscali (art. 28, d.lgs. 175/2014) non è retroattiva. Di conseguenza, un avviso di accertamento notificato a una società cancellata dal registro delle imprese prima del 13 dicembre 2014 è illegittimo, in quanto rivolto a un soggetto giuridicamente inesistente. Tuttavia, la Corte ha precisato che tale nullità, essendo di natura procedurale, non si estende automaticamente agli avvisi notificati ai soci, i quali restano responsabili per gli utili extracontabili presuntivamente distribuiti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Società cancellata: l’avviso di accertamento è valido? La Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 34549 del 2024, affronta una questione cruciale per il diritto tributario: la validità di un avviso di accertamento notificato a una società cancellata dal registro delle imprese. La decisione offre importanti chiarimenti sulla non retroattività delle norme che estendono la sopravvivenza fiscale delle società estinte e sulla distinta responsabilità dei soci. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti di Causa

Una società a responsabilità limitata veniva cancellata dal registro delle imprese il 22 ottobre 2014. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava diversi avvisi di accertamento sia alla società, nelle mani del suo ex legale rappresentante, sia ai soci (alcuni dei quali considerati ‘di fatto’), per maggiori imposte relative agli anni 2012 e 2013. Gli accertamenti si basavano sulla presunta esistenza di utili extracontabili distribuiti ai soci.

I contribuenti impugnavano gli atti, sostenendo la loro nullità. In particolare, evidenziavano che l’accertamento era stato notificato a una società cancellata e quindi non più esistente. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso, ma la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, ritenendo applicabile l’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175/2014, che estende a cinque anni la vita della società ai fini fiscali. I contribuenti proponevano quindi ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, cassando la sentenza impugnata senza rinvio per quanto riguarda la posizione della società, ma rigettando il ricorso per quanto concerne i soci. La decisione si fonda su due principi cardine, attentamente analizzati dai giudici.

L’avviso di accertamento per la società cancellata e la non retroattività della legge

Il punto centrale della controversia riguarda l’applicabilità dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. 175/2014. Questa norma stabilisce che, ai soli fini della liquidazione e accertamento dei tributi, gli effetti dell’estinzione della società si producono solo dopo cinque anni dalla richiesta di cancellazione.

La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: questa norma ha natura sostanziale e non processuale, e non ha efficacia retroattiva. Poiché la legge è entrata in vigore il 13 dicembre 2014, essa non può applicarsi alle società la cui cancellazione è avvenuta prima di tale data. Nel caso di specie, la società era stata cancellata il 22 ottobre 2014. Pertanto, al momento della notifica dell’accertamento, la società era un soggetto giuridicamente inesistente. L’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti è, di conseguenza, nullo.

La responsabilità dei soci di una società cancellata

Se l’accertamento nei confronti della società è nullo, cosa succede ai soci? La Corte ha chiarito che la nullità dell’atto impositivo verso la società non comporta automaticamente l’illegittimità degli accertamenti notificati ai soci.

L’annullamento dell’atto verso la società è avvenuto per un motivo procedurale (l’inesistenza del destinatario), non per una valutazione di merito sull’infondatezza della pretesa fiscale. Questo tipo di annullamento produce un ‘giudicato formale’ che non entra nel vivo della questione. Di conseguenza, non elimina il presupposto dell’accertamento a carico dei soci, ovvero la presunta esistenza di maggiori utili societari non dichiarati.

La Corte ha confermato la validità della presunzione semplice secondo cui, in una società a ristretta base partecipativa, gli utili extracontabili accertati si considerano distribuiti ai soci. Spetta a questi ultimi fornire la prova contraria, dimostrando, ad esempio, che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti nell’azienda.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su una distinzione fondamentale tra la posizione della società estinta e quella dei soci superstiti. Per la società cancellata, vale il principio ‘tempus regit actum’: la legge applicabile è quella in vigore al momento della cancellazione. Non essendo ancora in vigore la ‘sopravvivenza fiscale’ quinquennale, la società non poteva essere destinataria di atti impositivi.

Per i soci, invece, la pretesa fiscale si fonda su un presupposto fattuale (i maggiori ricavi della società) che non viene meno a causa della nullità procedurale dell’atto notificato all’ente estinto. La loro responsabilità patrimoniale per le obbligazioni della società sopravvive all’estinzione di quest’ultima. La ristrettezza della base sociale, inoltre, costituisce un fatto noto sufficiente a fondare la presunzione di distribuzione degli utili, senza necessità di ulteriori elementi indiziari da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Conclusioni

La sentenza n. 34549/2024 offre un’importante lezione: la cancellazione di una società dal registro delle imprese prima del 13 dicembre 2014 la rende un ‘fantasma’ per il Fisco, rendendo nulli gli atti ad essa notificati. Tuttavia, i soci non possono dormire sonni tranquilli. La responsabilità per i debiti tributari della società non si estingue con essa, e la presunzione di distribuzione degli utili in società a base ristretta rimane uno strumento potente nelle mani dell’Agenzia delle Entrate. I soci, per difendersi, dovranno contestare nel merito la pretesa, dimostrando che gli utili non sono mai finiti nelle loro tasche.

Un avviso di accertamento può essere validamente notificato a una società cancellata prima del 13 dicembre 2014?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’art. 28, comma 4, del d.lgs. 175/2014, che estende la vita fiscale della società per cinque anni, non è retroattivo. Pertanto, un avviso notificato a una società cancellata prima di tale data è nullo perché rivolto a un soggetto inesistente.

La nullità dell’accertamento verso la società cancellata libera automaticamente i soci da ogni responsabilità?
No. La nullità dell’atto verso la società per motivi procedurali (come l’inesistenza del destinatario) non estingue la pretesa fiscale nei confronti dei soci. Essi possono essere comunque chiamati a rispondere per gli utili extracontabili che si presumono distribuiti, a meno che non provino il contrario.

Cosa deve provare l’Agenzia delle Entrate per accertare un maggior reddito in capo ai soci di una società a ristretta base?
Secondo la giurisprudenza consolidata, è sufficiente la prova dell’esistenza di maggiori ricavi non contabilizzati dalla società. La ristrettezza della base sociale (pochi soci, spesso legati da vincoli familiari o di collaborazione) costituisce di per sé una presunzione semplice di avvenuta distribuzione di tali utili ai soci. Spetta al socio dimostrare che i ricavi sono stati reinvestiti o accantonati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati