Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19491 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19491 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
Oggetto: Società cancellata dal registro delle imprese in data successiva al 13 dicembre 2014 Applicabilità dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. 175/2014 -Responsabilità dei soci – Condizioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20468/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE quali soci delle dette società estinte, rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, n. 903/06/2022, depositata in data 3 febbraio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
A seguito di indagini finanziarie eseguite nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE (cancellata dal REA di Catania il 4.10.2016 per il trasferimento della sede legale a Londra) l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Catania, notificava, in data 11.12.2017, l’avviso di accertamento n. TYS03CA03188/2017, con il quale recuperava a tassazione maggior reddito, ai fini IRES, IRAP e IVA, nei confronti della società, in relazione all’anno 2012 .
L’avviso era consegnato a NOME COGNOME quale legale rappresentante della società.
La RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE (incorporante la prima), i soci NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnavano l’avviso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Catania, deducendone la nullità in quanto a) emesso nei confronti di un soggetto estinto, b) sottoscritto da funzionario privo di delega, c) non era allegato il provvedimento di autorizzazione delle indagini finanziarie.
La CTP accoglieva il ricorso, rilevando che la società era stata estinta in data antecedente alla notifica dell’avviso di accertamento.
L’Ufficio proponeva gravame innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, deducendo la violazione dell’art. 28 del d.lgs. n. 175/2014. In particolare, distingueva tra attività di accertamento (oggetto del presente giudizio) ed attività di riscossione: la prima poteva avere come destinataria la società estinta, nel rispetto del citato art. 28, ed i soci; la seconda, invece, doveva avere come destinatari, sulla base di un valido titolo emesso nei confronti della società, esclusivamente i soci quali ‘successori’ ex lege dell’ente ; la questione dell’effettiva percezione di somme, da parte dei soci, in sede di liquidazione si poneva, all’evidenza, solo nella fase della riscossione.
Nella contumacia degli appellati la CTR accoglieva il gravame; preliminarmente rilevava che dall’estinzione della società non era no trascorsi, alla data dell’accertamento, cinque anni. Evidenziava, poi, che in virtù dell’art. 2495 cod. civ. era irrilevante, ai fini dell’insorgenza dell’obbligazione in capo ai soci quali successori dell’ente per i crediti (anche tributari) non soddisfatti, l’eventuale ripartizione in sede di liquidazione; richiamava, al riguardo, la giurisprudenza più recente di questa Corte e concludeva nel senso che ‘la circostanza che i soci abbiano percepito una qualche utilità all’esito della liquidazione, infatti, lungi dall’incidere sulla legittimazione passiva dei convenuti, rappresenta tuttalpiù uno degli elementi che possono andare a costituire l’interesse ad agire del creditore’ (ultima pagina della sentenza).
Avverso la decisione della CTR hanno proposto ricorso per cassazione le società, in persona del l’ultimo legale rappresentante pro tempore , i soci NOME COGNOME e NOME COGNOME affidandosi a due motivi. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 18/06/2025.
I ricorrenti hanno depositato, in data 12/06/2025, memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Va, preliminarmente, rilevata la tardività della memoria depositata dai ricorrenti solo in data 12/06/2025, ben oltre il termine (non oltre dieci giorni prima dell’adunanza) previsto dall’art. 380bis1 cod. proc. civ..
Con il primo motivo i contribuenti lamentano la «violazione e/o falsa applicazione de ll’ articolo 2495 c.c. , in relazione all’art. 360 c. 1, n. 3 c.p.c.». In punto di fatto, premettono che l’avviso di accertamento impugnato riguarda solo la società RAGIONE_SOCIALE (cancellata il 4 ottobre 2016). Ciò posto, sostengono, da un lato, che l’art. 2495 cod. civ. non può trovare applicazione nella specie, avendo l’Ufficio considerato, ai fini della notifica dell’avviso (nelle
mani del legale rappresentante della società), l’ente ancora in vita; la detta norma, infatti, è ‘contemplata solo per i casi di estinzione dell’ente’ (pag. 8 del ricorso). Dall’altro, opinano che la responsabilità dei soci sarebbe invocabile solo a seguito di un avviso di accertamento spiccato nei loro confronti. Infine, in ogni caso l’art. 2495 cod. civ. àncora la responsabilità dei soci alla distribuzione della quota di partecipazione in sede di liquidazione.
2.1. Il motivo è infondato atteso che nella specie l’avviso di accertamento, pur notificato dopo l’estinzione della società, risulta legittimo ai sensi dell’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175/2014, in quanto notificato nel quinquennio successivo all’estinzione.
È noto che l’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175/2014 si applica ad atti compiuti dall’A.F. nei confronti di società cancellate dal registro delle imprese in data successiva alla sua entrata in vigore (o, recte , quando la relativa richiesta sia proposta in data successiva alla sua entrata in vigore), come nella specie (cfr. Cass. 27/12/2024, n. 34549).
In base all’art. 28, comma 4, cit. l’effetto estintivo della società (di persone o di capitali), qualora derivi da una cancellazione dal registro disposta su richiesta, come nel presente caso, è differito per cinque anni, decorrenti dalla richiesta di cancellazione, con differimento limitato al settore tributario e contributivo (‘ai soli fini’), nel senso che l’estinzione intervenuta durante tale periodo non fa venir meno la ‘validità’ e l”efficacia’ sia degli atti di liquidazione, di accertamento, di riscossione relativi a tributi e contributi, sanzioni e interessi, sia degli atti processuali afferenti a giudizi concernenti detti tributi e contributi, sanzioni e interessi, dovendo evidenziarsi che il differimento degli effetti dell’estinzione non opera nec essariamente per un quinquennio, ma per l’eventuale minor periodo che risulta al netto dello scarto temporale tra la richiesta di cancellazione e l’estinzione.
La ratio della norma consiste nel limitare (per il periodo da essa previsto) gli effetti dell’estinzione societaria previsti dal codice civile,
mantenendo parzialmente per la società una capacità e una soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al ‘solo’ fine di garantire (per il medesimo periodo) l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi, con sanzioni ed interessi.
2.2 . In definitiva l’avviso di accertamento impugnato nel presente giudizio, relativo -si ripete -solo alla posizione della società, potrà costituire, una volta divenuto definitivo, il titolo sulla base del quale spiccare gli avvisi ‘personali’ nei confront i dei soci.
In questa sede alcuna rilevanza ha l’eventuale percezione, in sede di liquidazione, da parte dei soci, di somme e/o beni. Come affermato di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte (12/02/2025, n. 3625), infatti:
-nella fattispecie di responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese, il presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, di cui al 3^ (già 2^) co. dell’art. 2495 cod.civ., integra, oltre alla misura massima dell’esposizione debitoria personale dei soci, una condizione dell’azione attinente all’interesse ad agire e non alla legittimazione ad causam dei soci stessi ;
-questo presupposto, se contestato, deve conseguentemente essere provato dal Fisco che faccia valere, con la notificazione ai soci ex artt. 36 co. 5^ d.P.R. n. 602/73 e 60 d.P.R. 600/73 di apposito avviso di accertamento, la responsabilità in questione, fermo restando che l’interesse ad agire dell’Amministrazione finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l’escussione di garanzie ;
-la verifica del presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento
che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei confronti dei soci ex art. 36 co. 5^ d.P.R. n. 602/73, non può avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l’avviso di accertamento ad essa originariamente notificato, quand’anche questo giudizio venga poi proseguito, a causa dell’estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese, da o nei confronti dei soci quali successori della società stessa.
Con il secondo motivo i contribuenti denunciano la «nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4, c.p.c.». Deducono che la CTR non si sarebbe pronunciata sulla validità dell’avviso di accertamento, emesso e notificato a società ormai estinta, e sulla normativa applicabile. Il giudice del gravame avrebbe, invece, affrontato la diversa questione della responsabilità dei soci, quali successori, per i debiti della società.
Il motivo è infondato.
3.1. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso la CTR, sebbene con motivazione scarna, ha ritenuto applicabile nella fattispecie l’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175/2014 , come richiesto dall’Ufficio nell’atto di appello; in tali termini milita, senza ombra di dubbio, l’incipit della motivazione della decisione, ove la CTR afferma, dopo aver ritenuto fondato l’appello dell’Agenzia: ‘in primo luogo non erano trascorsi 5 ann i dalla data dell’accertamento del 2018 dal trasferimento del 2016 e dalla cancel lazione del 2017’; il riferimento al quinquennio è, evidentemente, funzionale alla verifica (poi positiva) dell’applicabilità nella specie della novella del 2014, ai fini della validità dell’avviso di accertamento, notificato alla società estinta entro il quinquennio.
Di contro, la responsabilità dei soci, quali successori ex lege dell’ente estinto, è affermata nella sentenza gravata in un obiter dictum , non rilevando essa in alcun modo nel presente giudizio,
avente ad oggetto esclusivamente l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 5.900,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 giugno 2025.