Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19314 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19314 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5651/2020 R.G. proposto da :
COGNOME COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della TOSCANA n. 1922/2018, depositata il 30/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I contribuenti NOME NOME e NOME ricorrono per la cassazione della sentenza n. 1922/03/2018 resa dalla CTR per la Toscana con cui il Collegio di secondo grado, rigettando il loro ricorso in appello, ha confermato la decisione della CTP di Lucca che aveva sancito la legittimità degli atti impositivi emessi nei loro confronti in relazione agli anni d’imposta relativi al triennio 2010-2012. Segnatamente gli avvisi di accertamento promanavano da una verifica fiscale eseguita nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di cui gli odierni contribuenti erano soci e cancellata prima della loro emissione e notifica.
La CTR riteneva comunque legittimo l’accertamento operato dall’Ufficio a carico dei due ex soci trovando applicazione, nel caso di specie, il fenomeno successorio affermato da questa Corte con la sentenza resa a Sezioni Unite n. 6070/2013. Di contro, affermava come non potesse esplicare effetto preclusivo alcuno, sugli avvisi oggetto di impugnazione, il passaggio in giudicato della sentenza resa dalla CTP di Lucca n. 629/2015 in relazione all’anno d’imposta 2009, con la quale era stata dichiarata la nullità del PVC e di tutti gli atti emessi a seguire.
Insorgono con ricorso i contribuenti che si affidano a due motivi di ricorso, cui resiste l’Avvocatura generale dello Stato con tempestivo controricorso. In prossimità dell’adunanza la parte privata ha depositato memoria, indicando altri giudizi collegati.
In prossimità dell’adunanza, il Pubblico Ministero, in persona del sost. Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria in forma di memoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
Con il primo motivo i contribuenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli art. 324 c.p.c. e 2909 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. per aver la CTR inopinatamente ignorato il giudicato formatosi sulla sentenza n. 629/2015 relati va all’anno
d’imposta 2009. A detta di parte ricorrente essa esplicherebbe i suoi effetti anche sugli avvisi di accertamento emessi in relazione agli anni d’imposta successivi, tenuto conto che con essa era stato dichiarato nullo non soltanto il PVC, notificato alla società già estinta e da cui erano promanati tutti gli avvisi, ma anche la verifica fiscale sottesa a tutti gli atti impositivi.
Con il secondo motivo la parte ricorrente censura l’omesso esame di un fatto decisivo in violazione degli artt. 2909 e 2495 c.c., 36, co. 5, d.P.R. n. 602/1973 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 e 3 c.p.c.. In sostanza lamenta l’illegittima applicazion e del fenomeno successorio sancito da questa Corte con la sentenza a Sez. Unite n. 6070/2013, tenuto conto che prima della data di cancellazione della società l’Ufficio non aveva condotto a conclusione alcun accertamento valido nei suoi confronti sicché non esisteva alcuna ‘obbligazione tributaria’ imputabile agli ex soci in virtù del predetto fenomeno successorio.
Quanto al primo motivo attinente all’estensione del giudicato, questa Corte ha affermato che se è ben vero che quando «l’atto presupposto è unico, venuto meno lo stesso, l’effetto del giudicato formatosi sulla sentenza che ha determinato tale caducazione si estende a tutti gli anni coinvolti dalla stessa verifica in cui è avvenuto l’accesso» (Cfr. Cass., V, n. 10456/2021), non è men vero che «occorre evidenziare in relazione all’eccezione di giudicato esterno sostanziale, che la preclusione del giudicato opera nel caso di giudizi identici – per soggetti, causa petendi e petitum – ma nei soli limiti dell’accertamento delle questioni di fatto e non anche in relazione alle conseguenze giuridiche (v. Cass. n. 20029/11; n.5727/18; n.26457/17, n.14303/17; n.20257/15; 21395/17)» (Cfr. Cass., V, n. 11328/2022, in motivazione e Cass.n.6405/2025 resa nei confronti dello stesso COGNOME, parte in questo giudizio).
Orbene, risulta dallo stralcio della sentenza n. 629/2015 riportata in ricorso (cfr. pagg. 11 e 12 del ricorso) che la questione
su cui si era pronunciata la CTP, e di cui parte ricorrente invoca l’estensione e l’efficacia estensiva del giudicato, non fosse una questione di fatto bensì di diritto, attenendo alla possibilità che la società estinta RAGIONE_SOCIALE potesse o meno subire accertamenti fiscali, sì da non potersi ritenere coperta da giudicato, tanto meno con effetto estensivo a periodi d’imposta diversi da quello oggetto di quello in scrutinio.
Il primo motivo è quindi infondato e non può essere accolto.
In ordine al secondo motivo, attinente al fenomeno successorio dell’obbligazione tributaria, è stato affermato che «con riguardo al meccanismo successorio, questa Corte ha precisato che non può essere condiviso l’orientamento secondo cui i soci subentrano dal lato passivo nel rapporto d’imposta solo se e nei limiti in cui abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione. Queste conclusioni, invero, non sono in linea con i principi affermati dalle Sezioni unite (Cass. 6070/2013), che individuano sempre nei soci coloro che sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, indipendentemente, peraltro, dalla circostanza che essi abbiano goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione (Cass. 07 aprile 2017, n. 9094, Cass. 16 giugno 2017, n. 15035)» (Cfr. Cass., V, n. 17243/2018).
4.1. Sul punto è poi intervenuta di recente questa Corte, ancora a Sezioni unite, quale giudice regolatore delle giurisdizione, riconoscendo la responsabilità dei soci per i debiti tributari, affermando che la controversia sorta dall’impugnazione di un avviso di accertamento fiscale notificato agli ex soci di una società cancellata dal registro delle imprese, con cui sia stata dedotta l’insussistenza, nel caso concreto, della responsabilità dei soci per i debiti tributari della società, sul presupposto, da un lato, dell’operatività del meccanismo introdotto dall’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014 (circa il differimento per cinque anni
dell’effetto estintivo della società cancellata nel settore tributario e contributivo) e, dall’altro lato, della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, ai sensi dell’art. 2495 c.c., è devoluta alla giurisdizione tributaria, atteso che entrambi i motivi di impugnativa ruotano intorno alla postulata illegittimità o inesistenza della pretesa fiscale azionata dall’Ufficio nei confronti dei soci della società estinta, che deve formare oggetto di esame da parte del giudice naturale di quel rapporto, costituito dal giudice tributario. (Cfr. Cass. S.U. n. 619/2021).
Nella fattispecie in esame la CTR ha invece fatto buon governo dei suestesi principi giacché, oltre a non aver ritenuto il proprio scrutinio inibito dalla decisione di primo grado n. 629/2015, ha altresì applicato il fenomeno successorio di cui alla pronuncia S.U. n. 6070/2013 anche in assenza di un accertamento definitivo.
Peraltro, prima ancora che infondato, il motivo è inammissibile, sia perché parte ricorrente non lo struttura dimostrando che il PVC (annullato con sentenza) posto alla base dell’accertamento per l’anno di imposta 2009 sia il medesimo che regge gli atti im positivi per il 2010, 2011 e 2012; sia perché il motivo non contesta l’omessa valutazione di un fatto, bensì una valutazione di profilo giuridico, consistente nell’ampiezza (estensibilità) del giudicato favorevole alla parte privata (cfr. Cass. V, n.16655/2011)
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
5. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente, che liquida in €.cinquemilaseicento/00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 02/07/2025.