Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6745 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6745 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 5570/2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME
-intimato – avverso la sentenza n. 1005/2021 della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna, depositata il 23 luglio 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Amministrazione finanziaria accertò a carico di NOME COGNOME un maggior reddito ai fini Irpef per l’anno 2012, in conseguenza del rilievo di utili occulti in capo alla società a ristretta base partecipativa RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘), emerso all’esito di un procedimento penale radicato innanzi alla Procura della Repubblica di Ferrara.
Dalle verifiche svolte era infatti emerso che la società in questione era partecipata da quattro soggetti -uno dei quali titolare del 51% delle quote -ma sostanzialmente gestita in modo paritario dal COGNOME e da altro socio.
Conseguì la notifica al contribuente di un avviso di accertamento, che questi impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Ferrara; il giudizio si concluse con il riconoscimento delle sue ragioni, sul rilievo dell’erronea esclusione degli altri due partecipi e della conseguente, ritenuta insussistenza di una ristretta base sociale.
Il successivo appello erariale fu respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali, dopo aver premesso che il principio di imputazione ai soci degli utili percetti da società a ristretta base partecipativa impone l’accertamento dell’esistenza «di un vincolo fra loro ed una sorta di complicità volta a distribuire, fra i medesimi, ricavi occulti», rilevarono che tali circostanze non erano state adeguatamente dimostrate dall’Ufficio , le cui difese si erano imperniate su argomenti irrilevanti.
La sentenza d’appello è stata impugnata dall’Agenzia delle entrate con ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente è rimasto intimato.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denunzia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma secondo, num. 4), cod. proc. civ. e dell’art. 36, numm. 3) e 4), del d.lgs. n. 546/1992.
La sentenza impugnata sarebbe priva di motivazione nella parte in cui ha affermato che l’Ufficio non aveva dimostrato «alcun vincolo o colleganza né presunzione volta alla distribuzione fra i soci di ricavi e utili in nero».
Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 2727, 2729 e 2697 cod. civ. e degli artt. 38, 41 e 47 del d.P.R. 31 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), l ‘Agenzi a ricorrente censura, in ogni caso, il merito della decisione, assumendo che la C.T.R., una volta appurato il conseguimento di utili extracontabili da parte della società, avrebbe errato nell’applicare la conseguente presunzione di distribuzione di cui all’art. 38, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973, e nell’addossarle l’onere di dimostrare l’effe ttiva sussistenza di un vincolo fra i partecipi.
I due motivi – che appaiono connessi e possono, per tale ragione, essere esaminati congiuntamente -sono fondati.
3.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di accertamento delle imposte sui redditi nel caso di società di capitali che presenti una ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione semplice di attribuzione ai soci partecipanti alla società degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova contraria e senza che ciò integri applicazione di una doppia presunzione (così, più di recente e fra le numerose altre, Cass. n. 26473/2024; Cass. n. 10679/2022).
In un primo tempo, questa Corte ha individuato il contenuto della prova contraria a carico dei soci nella (sola) dimostrazione che i maggiori ricavi dell’ente siano stati accantonati o reinvestiti ( ex plurimis , Cass. n. 32959/2018, Cass. n. 29412/2017, Cass. n. 24534/2017), prova che il contribuente può fornire anche nel suo ruolo di titolare meramente formale delle quote, ma estraneo di fatto alla gestione societaria, perché comunque il ruolo formale permetterebbe, se del caso, di accedere ai libri sociali per acquisire elementi a tal fine.
Successivamente, si è riconosciuta la possibilità per il socio di vincere la presunzione di distribuzione la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria per aver egli ricoperto un ruolo meramente formale di semplice intestatario delle quote sociali, senza concretamente svolgere alcuna delle attività di gestione e controllo riservate dalla legge (e dallo statuto) al socio della società a responsabilità limitata ( ex plurimis , Cass. n. 15991/2024; Cass. n. 7170/2022; Cass. n. 24870/2021).
In ogni caso, quindi, è necessario che il socio dia prova della sua estraneità assoluta alla gestione e alla vita della società, prova che «deve essere precisa e rigorosa» (così, in motivazione, Cass. n. 26473/2024).
3.2. Nel fare applicazione del suddetto principio, la sentenza impugnata appare priva di adeguato supporto argomentativo e, in ogni caso, non si rivela conforme alla linea interpretativa percorsa da questa Corte.
La C.T.R., infatti, pur a fronte di un motivo di gravame puntuale e articolato (nei termini riportati in ricorso, da pag. 12 a pag. 15), si è limitata ad osservare che «la prova della gestione societaria da parte di tutti i soci non è sufficiente ad attestare l’esistenza del requisito », in termini che non consentono
di individuare quali prove siano state valorizzate a sostegno dell’affermata estraneità del contribuente alla gestione della società; essa, inoltre, ha evidenziato che gli argomenti dell’Agenzia delle entrate sono «non solo insufficienti ma anche irril evanti, nella parte in cui non dimostrano alcun vincolo o colleganza né presunzione volta alla distribuzione fra i soci di ricavi e utili in nero», con ciò addossando all’Erario un onere probatorio che confligge con il criterio presuntivo applicabile in tema di distribuzione degli utili extrabilancio nelle società a ristretta base partecipativa.
4. In conseguenza di tali rilievi, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice a quo , il quale, decidendo in diversa composizione, provvederà conformandosi a quanto indicato e procederà, altresì, a liquidare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.