Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4603 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4603  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
Oggetto: tributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23043/2017 R.G. proposto da NOME  e  RAGIONE_SOCIALE  in  RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del liquidatore p.t. NOME COGNOME, corrente in Pistoia (PT), entrambi con  l’AVV_NOTAIO  e  con  domicilio  eletto  presso  lo  studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, alla INDIRIZZO ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  p.t., rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-resistente-
avverso  la  sentenza  della  Commissione  Tributaria  regionale  della Toscana, Firenze, n. 737/35/2017 pronunciata il 31 gennaio 2017 e depositata il 20 marzo 2017, non notificata.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  24  gennaio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
La società contribuente e la sig.a NOME, socia al 99%, erano oggetto di verifica fiscale per l’anno d’imposta 2010. Segnatamente l’Ufficio, a seguito di indagini a tavolino eseguite sui conti  correnti  dell’impresa,  accertava  maggiori  utili in  capo  alla società con conseguente ripresa a tassazione ai fini Ires, Irap e IVA, cui faceva seguito un ulteriore atto impositivo a carico della socia per la sua partecipazione al 99% RAGIONE_SOCIALE quote sociali.
I due avvisi di accertamento venivano impugnati dalle due contribuenti con distinti ricorsi che, riuniti, venivano respinti dalla CTP con decisione poi integralmente confermata dalla CTR adita. In sintesi, veniva respinta la censura di violazione del contraddittorio nella fase amministrativa, trattandosi di avvisi di accertamento emessi a seguito di indagini a tavolino, così come veniva respinta la doglianza relativa alla ripresa a tassazione in capo alla socia, vertendosi in ipotesi di società a ristretta base sociale.
Ricorrono per la cassazione della sentenza la società RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e sig.a NOME, che si affidano a cinque motivi di ricorso. L’Amministrazione finanziaria si è costituita ai sensi dell’art.  370,  co.  1,  c.p.c.  onde  poter  partecipare  all’eventuale udienza di discussione.
CONSIDERATO
Occorre premettere che alcune censure sono svolte nell’interesse della sola socia ed altre nell’interesse della sola società.
Va premesso altresì che le censure sono state svolte ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. anche laddove la parte ricorrente ha svolto censura di violazione di legge. Orbene, l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. n. 4036/2014; Cass. n. 26310/2017; Cass. n. 10862/2018).
Con il primo motivo la ricorrente COGNOME NOME lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, co. 7, L. n. 212/2000 e artt. 52 d.P.R. n. 633/1972 e 33 d.P.R. n. 600/1973 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., l’illegittimità ed erroneità della sentenza impugnata in ordine al difetto del contraddittorio preventivo, omessa redazione del p.v.c. prima dell’avviso di accertamento, la violazione degli artt. 52 d.P.R. n. 633/1972 e 33 d.P.R. n. 600/1973, art. 12 L. n. 212/2000 e art. 24 L. n. 4/1929, la nullità dell’avviso di accertamento impugnato e la violazione del divieto di presunzione di secondo grado.
3.1 In sintesi critica la sentenza per non aver la CTR accertato l’illegittimità  degli  atti  impositivi  impugnati, emessi in assenza del processo verbale di constatazione e del necessario contraddittorio preventivo. Parimenti sarebbe stato violato l’art. 12 del lo Statuto del contribuente,  che  non  ammetterebbe  l’emissione  dell’avviso di accertamento prima della scadenza del termine di sessanta giorni.
Il motivo è infondato e va respinto tenuto conto «dei principi consolidati in materia, secondo cui il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 opera soltanto in caso di controllo eseguito presso la sede del contribuente e non anche alla diversa ipotesi, non assimilabile alla precedente, di accertamenti cd. a tavolino, atteso che la naturale ” vis expansiva ” dell’istituto del contraddittorio procedimentale nei rapporti tra fisco e contribuente non giunge fino al punto di imporre termini dilatori all’azione di
accertamento derivanti da controlli eseguiti nella sede dell’Amministrazione sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente o acquisiti documentalmente Cass. n. 24793 del 05/11/2020). Vanno sul punto richiamati i principi di cui a SU n. 24823 del 09/12/2015 (seguita da numerose sentenze RAGIONE_SOCIALE sezioni semplici: ex multis Cass. n. 11560 del 11/05/2018), secondo cui in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg e Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”» (Cfr. Cass., V, n. 10568/2023).
4.1 Vertendo l’accertamento anche sull’IVA, e alla luce della citata Cass. SU 24823/15, non risulta essere stata offerta dalla contribuente la c.d. prova di resistenza, per cui anche sotto questo profilo il motivo va respinto. Invero in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria per i tributi armonizzati è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente, per i tributi armonizzati, abbia assolto alla “prova di resistenza” ovvero abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa (Cfr. Cass. n. 13033 del 2021; Cass. n. 2875 del 2017; Cass. n. 10030 del 2017; Cass. n. 20799 del 2017; Cass. n. 21071 del 2017; Cass. n. 26943 del 2017; Cass. n. 27421/2018).
4.2 Il motivo è dunque infondato, non risultando assolto dalle contribuenti  il  dovuto  onere  della  prova  per  non  essere  stato riportato in atti il contenuto RAGIONE_SOCIALE eccezioni e RAGIONE_SOCIALE difese svolte nei precedenti gradi di merito.
 In  un  distinto  paragrafo  privo  di  intitolazione  specifica,  ma richiamante al suo interno la doglianza di presunzione di
distribuzione, la parte ricorrente lamenta, sempre nel solo interesse della socia, la circostanza che un accertamento eseguito nei confronti di una società di capitali a base sociale ristretta possa interessare personalmente anche i soci e il loro patrimonio, in ragione del principio di perfetta autonomia patrimoniale e della necessità che la distribuzione degli utili sia preceduta da una delibera assembleare. Lamenta quindi l’applicazione, nel caso di specie, di una mera presunzione semplice ex art. 2729 c.c., non vertendosi in ipotesi di presunzione legale.
5.1 Il motivo è infondato giacché, come già affermato da questa Corte «in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base azionaria, ove siano accertati utili non contabilizzati, opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti”, (Cass. sez. V, 18.10.2017, n. 24534). La decisione riprende l’orientamento ……secondo cui “in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi e con riguardo a quelli di capitale, nel caso di società a ristretta base sociale è legittima la presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili, la quale non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale» (Cfr. Cass., V, n. 16913/2020). Il motivo merita, pertanto, di essere respinto tenuto conto che è incontroverso tra le parte la ristretta base partecipativa della società RAGIONE_SOCIALE, di cui la socia ricorrente deteneva il 99% RAGIONE_SOCIALE quote.
6. In ordine alla ulteriore censura svolta all’interno RAGIONE_SOCIALE stesso paragrafo  e  con  cui  la parte ricorrente  lamenta  l’intervenuta ‘decadenza’  dell’avviso  di  accertamento  ex  art.  43  d.P.R.  n. 600/1973 perché notificato oltre al quarto anno successivo a quello
in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi ovvero al quinto anno  in  caso  di  sua  omessa  dichiarazione,  essa  è  inammissibile perché motivo nuovo.
6.1 La questione sollevata risulta infatti essere «posta per la prima volta davanti questa Corte, non facendone menzione la sentenza impugnata (nella esposizione RAGIONE_SOCIALE censure svolte dai ricorrenti ovvero nella trattazione dei medesimi) e non specificando d’altro canto i ricorrenti nel ricorso di averla fatta valere nei precedenti gradi di giudizio (v. al riguardo Cass. 32804/2019, per cui ‘qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa’)» (Cfr. Cass., V, n. 26147/2021).
 Con  il  secondo  motivo,  articolato  sotto  plurime  censure,  la parte  ricorrente  NOME  denunzia  la  violazione  e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme  di diritto dell’art. 53, co. 1, Costituzione, l’estraneità della contribuente alla gestione societari e l’omessa sospensione del processo tributario.
7.1 In sintesi lamenta la violazione del principio di capacità contributiva, la quale deve essere accertata in modo concreto ed effettivo, sicché l’attribuzione degli utili extracontabili ai soci in ragione della solo mera partecipazione societaria contrasterebbe con detto principio. Rinnova poi la censura di presunzione di distribuzione, che non potrebbe trovare applicazione sic et simpliciter ma dovendo trovare fondamento anche in altri elementi, quali l’acquisto di beni di particolare valore da parte del socio e che
costituiscano  indici  di  reddito.  Afferma  che  l’estraneità  del  socio all’esercizio dell’attività d’impresa costituirebbe un valido elemento indiziario a sostegno del superamento della presunzione di distribuzione degli utili ai soci.
7.2 Soggiunge, in ogni caso, l’illegittimità dell’accertamento perché effettuato su presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza e perché basato sulla doppia presunzione di primo e secondo grado, tenuto conto che le indagini bancarie avrebbero riguardato un solo conto corrente senza partecipazione alcuna all’attività societaria da parte della socia ricorrente, alla quale non sarebbe riconducibile alcun aumento del patrimonio mobiliare, immobiliare o finanziario. Inoltre alcun accertamento sarebbe seguito da parte dell’Ufficio a seguito dell’invio del questionario e l’invito al contradditorio della società in relazione all’anno d’imposta 2010. Infine lamenta che la CTP non avrebbe disposto la sospensione del processo tributario a carico della socia fintanto che non fosse definito, con sentenza passata in giudicato, quello promosso dalla società.
8. Con il terzo motivo la società ricorrente RAGIONE_SOCIALE denunzia la violazione e/o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto dell’art. 12, co. 7, L. n. 212/2000 e artt. 52 d.P.R. n. 633/1972, 33 d.P.R. n. 600/1973 e 53, co. 1, Cost. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., l’illegittimità ed erroneità della sentenza impugnata in ordine al difetto del contraddittorio preventivo, la violazione dell’art. 53, co. 1, Cost., la presunzione semplice in ordine ai prelievi e ai versamenti operati dalla società e l’omessa considerazione dei costi societari presunti a fronte della ricostruzione del reddito d’impresa.
8.1 La società ricorrente ripropone sostanzialmente le medesime censure  svolte  dalla  socia  ricorrente ossia, nello specifico, la violazione del principio di capacità contributiva, la quale deve essere accertata  in  modo  concreto  ed  effettivo  anche  in  rapporto  alla
società. Lamenta poi l’illegittimità dell’accertamento perché effettuato sulla scorta della presunzione semplice sui prelievi e versamenti, per la quale doveva comunque essere attivato il contradditorio preliminare all’adozione dell’avviso di accertamento. Prospetta poi l’illegittimità dell’accertamento condotto a carico della società giacché, in assenza di documentazione, l’Ufficio non poteva non decurtare dei costi almeno presunto dal reddito accertato in via presuntiva, costi che nel caso di specie l’Uff icio avrebbe computato con una percentuale molto bassa, in contrasto con i costi medi sostenuti da imprese simili nel settore di riferimento
 Il  secondo  ed  il  terzo  motivo  possono  essere  esaminati congiuntamente e sono in parte infondati e in parte inammissibili.
9.1 Sono infondati nella parte in cui le ricorrenti rinnovano la censura di violazione del divieto di presunzione di primo e secondo grado per i motivi già detti innanzi, così come nella parte in cui si lamenta l’omessa sospensione del procedimento a carico de l socio in attesa della definizione del giudizio a carico della società.
9.2 Sul punto vale invero la pena di rammentare che «Con orientamento ormai consolidato questa Corte ha affermato che la sospensione necessaria del processo ex art. 295 cod. proc. civ. è applicabile anche al processo tributario qualora risultino pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità tale che la definizione dell’uno costituisce indispensabile presupposto logicogiuridico dell’altro…… La sospensione, pertanto, s’impone ogni qual volta vi sia pendenza separata di procedimenti relativi all’accertamento del maggior reddito contestato ad una società di capitali e di quello di partecipazione conseguentemente contestato al singolo socio, in attesa del passaggio in giudicato della sentenza emessa nei confronti della società» (Cfr. Cass., V, n. 5060/2020).
9.3 Nella fattispecie in esame non sussistevano i presupposti per la sospensione stante la trattazione congiunta dei due giudizi innanzi
alla  C.T.R.  né  la  parte  ricorrente  ha  dimostrato,  in  ossequio  al principio di autosufficienza, di aver richiesto la predetta sospensione, poi respinta, già innanzi alla CTP.
9.4 Per ogni altro profilo di censura esse non superano invece il vaglio di inammissibilità, concretando una nuova censura per i motivi già sopra espressi, non facendone menzione la sentenza impugnata né avendo controparte adempiuto all’onere non solo di alleg are l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione.
9.5 In ogni caso le suesposte doglienze sono inammissibili anche sotto il diverso profilo della irresolubile farraginosità dei fatti processuali e RAGIONE_SOCIALE censure (cfr. Cass., V, n. 9996/2020). Il ricorso appare, invero, oscuro nella forma prima ancora che nei contenuti, non essendo nemmeno chiare quali siano le statuizioni della sentenza di secondo grado che i ricorrenti hanno inteso censurare innanzi a questa Corte, così risolvendosi le doglianze nel tentativo di sottoporre (alcune de) le valutazioni operate dal giudice di merito ad un inammissibile loro riesame in sede di legittimità.
 Con  il  quarto  motivo  la  società  ricorrente  lamenta  la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 d.lgs. n. 546/1992 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. per difetto di integrazione del contraddittorio sin dal primo grado, del litisconsorzio necessario e la nullità della sentenza.
10.1 In sintesi lamenta la nullità della sentenza per essere stati l’accertamento ed il conseguente giudizio promossi solo nei confronti della società e della socia COGNOME NOME, senza l’intervento dell’ulteriore socio COGNOME NOME, anche alla luce della contestazione  della  sussistenza,  in  capo  alla  contribuente  NOME, della qualità di socia di fatto (cfr. pag. 33 del ricorso).
 Il  motivo  è  inammissibile  perché  nuovo  per  le  ragioni  già espresse  oltre  che  la  sua  illogicità  nella  parte  in  cui  individua  la ricorrente NOME come socia di fatto, allorquando è incontroverso in atti che costei detenesse il 99% della partecipazione sociali.
11.1 In ogni caso il motivo è infondato giacché « secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali, avente ad oggetto il maggior reddito da partecipazione derivante dalla presunzione di distribuzione dei maggiori utili accertati a carico della società partecipata, non sussiste litisconsorzio necessario tra società e soci, sussistendo unicamente il nesso di pregiudizialitàdipendenza tra l’accertamento sociale e quello dei soci (Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2020, n. 21649; Cass., Sez. VI, 28 agosto 2017, n. 20507; Cass., Sez. V, 10 gennaio 2013, n. 426; Cass., Sez. V, 31 gennaio 2011, n. 2214). Il mancato intervento (in astratto) di uno dei soci della società di cui è stata predicata la ristretta base non com porta violazione dell’art. 14 d.lgs. n. 546/1992» (Cfr. Cass., V, n. 94/2022).
Con  l’ultima doglianza  la  parte  ricorrente  prospetta  la violazione  e/o  falsa  applicazione  dell’art.  132,  co.  4,  in  relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., per inesistenza o insufficienza della motivazione  della  sentenza  e  vizio  della stessa, criticando la laconicità  della  motivazione  e  financo  la  sua  apparenza,  perché insuscettibile di esporre il ragionamento seguito alla CTR.
12.1 Occorre ricordare «il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo – quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie,
ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv.  641526-01;  conf.  Cass.,  Sez.  6-5,  Ordinanza  n.  14927  del 2017).» (Cfr. Cass., V, 20414/2018).
12.2 Nella fattispecie in esame la motivazione della sentenza, benché  succinta,  rende  meritatamente  conto  del  ragionamento logico  seguito  dalla  CTR  sia  per  quanto  concerne  la  presunta violazione del difetto di contraddittorio preventivo, sia della attribuzione ai soci degli utili extracontabili, peraltro in conformità ai principi rassegnati da questa Corte e all’assenza di prova contraria ad opera della ricorrente.
 In  conclusione  il  ricorso  va  rigettato.  Non  vi  è  luogo  a pronuncia sulle spese in assenza di attività difensiva sostanziale della parte pubblica.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024