Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21163 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21163 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2024
SENTENZA
Sul ricorso n. 27669-2017, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , c.f. CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante p.t., COGNOME NOME , c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME , c.f. CODICE_FISCALE, tutti elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO –
Ricorrenti e resistenti incidentali
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf CODICE_FISCALE, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, che la rappresenta e difende –
Controricorrente RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore AVV_NOTAIO p.t., elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO –
Controricorrente e ricorrente incidentale
Accertamento
–
società
a ristretta base
partecipativa
–
Notifiche
Avverso la sentenza n. 4307/16/2016 della Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE, sez. staccata di Siracusa, depositata il 12.12.2016; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO, sentite le conclusioni della Procura AVV_NOTAIO, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale, nonché dei difensori presenti,
FATTI DI CAUSA
I ricorrenti hanno impugnato la sentenza n. 4307/16/2016, con cui la Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE, sez. staccata di Siracusa, ha rigettato l’appello proposto dai medesimi contribuenti avverso la pronuncia n. 707/04/2012, della Commissione tributaria provinciale di Siracusa, che a sua volta aveva rigettato il ricorso proposto dalla società avverso la cartella di pagamento , dell’importo di € 1.814.004,80, anno 2011, e dai soci, avverso gli avvisi d’accertamento per Irpef e addizionali, relativi all’anno 2005.
Dalla sentenza si evince che la cartella esattoriale era stata emessa in riferimento ad avvisi d’accertamento, notificati alla società per gli anni d’imposta 2004 , 2005 e 2006, mai impugnati e divenuti pertanto definitivi, con cui era stato rideterminato l’imponibile della RAGIONE_SOCIALE; gli avvisi d’accertamento, relativi al solo anno d’imposta 2005, avevano invece attinto i due COGNOME, in qualità di soci e in ragione del maggior reddito sociale occultato, ad essi attribuito per trattarsi di società a ristretta base partecipativa.
I contribuenti adirono separatamente la Commissione tributaria provinciale di Siracusa, che, previa riunione dei ricorsi, li respinse. L’appello proposto dai soccombenti fu parimenti rigettato, con la sentenza ora al vaglio della Corte, dalla Commissione tributaria regionale della RAGIONE_SOCIALE.
Il giudice d’appello ha rigettato l’eccepita nullità della cartella di pagamento, per illegittima notifica a mezzo del servizio postale e non mediante ufficiale giudiziario, ai sensi degli artt. 137 e segg. cod. proc. civ., sia perché questione nuova rispetto alle censure introduttive, sia perché in ogni caso rituale la modalità di notifica; ha rigettato anche la censura
afferente il vizio di notifica del prodromico avviso d’accertamento relativo al 2006, per omessa affissione alla porta d’abitazione o dell’ufficio; quanto poi agli atti impositivi indirizzati ai singoli soci, ha rigettato la censura relativa ali vizi di notifica dell’avviso d’accertamento afferente la società, perché, come già appurato, quell’avviso era risultato ritualmente notificato e mai impugnato; ha rigettato inoltre l’eccepita nullità degli atti impositivi per mancata allegazione dei documenti relati vi all’accertamento prodromico , eseguito nei riguardi della società; ha infine respinto le difese con cui i soci hanno lamentat o l’assenza di prova del maggior reddito da partecipazione ad essi distribuito, così come della diversa tassazione da cui esso doveva comunque essere regolato.
Con otto motivi i ricorrenti hanno chiesto la cassazione della sentenza, cui ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE e con controricorso , ulteriormente illustrato da memorie, la RAGIONE_SOCIALE, che a sua volta ha anche spiegato domanda riconvenzionale.
All’esito dell a pubblica udienza del 13 marzo 2024, dopo la discussione, la Procura generale e i difensori presenti hanno precisato le proprie conclusioni. La causa è stata riservata e decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Per quanto comprensibile, i ricorrenti contestano la corretta notifica degli avvisi di accertamento indirizzati alla società per gli anni d’imposta 2004 e 2005, prodromici alla cartella di pagamento. Ciò fanno sotto il profilo della irritualità della notifica dell’atto d’accertamento a mezzo servizio postale, sostenendo che occorreva procedere a mezzo del messo comunale o dell’ufficiale giudiziario, ex art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; sostengono inoltre che in ogni caso anche la notifica a mezzo raccomandata era nulla, per inosservanza RAGIONE_SOCIALE regole della irreperibilità, ex art. 143 cod. proc. civ. Rappresentano che, a differenza di quanto si affermi in sentenza, entrambe le censure erano state sollevate anche in sede d’appello.
NUMERO_DOCUMENTO AVV_NOTAIO est. COGNOME Pur prescindendo dalla verifica sulla reiterazione in appello di tutte le censure sollevate in primo grado, esse sono comunque prive di pregio. Quanto alla ritualità della notifica degli avvisi d’accertamento a mezzo del
servizio postale, questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha affermato la piena legittimità e regolarità RAGIONE_SOCIALE notifiche a mezzo posta con raccomandata, senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario o del messo comunale (cfr. Cass., 19 dicembre 2019, n. 34007; 28 maggio 2020, n. 10131; 18 marzo 2022, n. 8895).
Quanto ai vizi della notifica, perché erroneamente non eseguite le formalità descritte per la ‘irreperibilità’ del destinatario, deve innanzitutto rilevarsi che dalla mera lettura, descrittiva dello svolgimento dei fatti, risulta evidente che ci si trovi dinanzi ad una fattispecie di ‘irreperibilità relativa’, ossia di una temporanea assenza del destinatario, sicché del tutto correttamente l’ufficiale postale ha immesso l’avviso nella cassetta postale, spedendo la CAD . E’ in ogni caso assorbente la circostanza che il plico sia stato ritirato dall’ufficio postale ‘con timbro postale e firma dell’impieg ato operante’. Le ulteriori doglianze sollevate dai ricorrenti, sulla assenza di identificazione del soggetto che aveva ritirato il plico, così come dell’ufficiale postale che a ciò aveva provveduto, sono prive di rilevanza, perché ogni contestazione sul punto andava sollevata a mezzo di querela di falso.
Il rigetto del primo motivo assorbe il secondo, con il quale i ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, l. n. 890 del 1982, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ, e l’omesso esame di un fatto decis ivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., che in sintesi reitera le critiche alla sentenza sulla riconosciuta ritualità del la notifica degli atti prodromici e l’assenza di identificazione del soggetto che avrebbe r itirato il plico dall’ufficio postale.
Con il terzo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione al l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Lamentano i contribuenti che la notifica dell’avviso d’accertamento relativo al reddito della società per l’anno d’imposta 2006 non si sarebbe compiuta correttamente perché, in assenza di consegna presso il domicilio sociale, né presso il suo legale rappresentante, il messo comunale avrebbe omesso gli adempimenti prescritti dall’art. 140 cod. proc. civ ( mancata indicazione del deposito della copia dell’atto presso la casa comunale e mancata indicazione
dell’affissione dell’avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio).
Il motivo è infondato, sebbene la motivazione della sentenza impugnata vada in parte corretta. In questa il giudice d’appello afferma che l’impugnazione della conseguente cartella di pagamento avrebbe sanato gli eventuali vizi della notifica dell’avviso d’accertamento . L’affermazione è in sé inesatta, ma, come premesso, la censura resta infondata.
La difesa dei ricorrenti ha dedotto la carenza dell’attività notificatoria relativamente alla relata di notifica, datata 28.12.2010, sulla quale il messo ha riportato la seguente dicitura: «essendomi recato all’indirizzo della società in Siracusa in INDIRIZZO e non avendovi trovato nessuno, mi sono recato nell’abitazione del rappr. COGNOME NOME che da ricerche anagrafiche risulta residente in INDIRIZZO e non rinvenendovi lo stesso procedo alla notifica ai sensi dell’art. 140 C.P.C.».
Emerge dunque per tabulas che il messo ha proceduto alla notifica mediante compimento degli adempimenti prescritti nell’art. 140 cod. proc. civ., espressamente richiamato nella relata medesima. Con il richiamo espresso della norma, ne è stato incontrovertibilmente richiamato l’intero contenuto, i cui adempimenti risultano pertanto sinteticamente riportati come eseguiti dal messo notificatore. È infatti errato ritenere che essi risultino provati solo quando dettagliatamente descritti, essendo invece sufficiente il rinvio alla norma che dettagliatamente gli elenca.
Di contro, l a negazione dell’attività del messo comunale, al fine dell’esatta attività di notificazione, doveva essere oggetto di querela di falso, che nel caso di specie è mancata.
Anche il terzo motivo, con le rettifiche alla motivazione resa dal giudice regionale, va dunque rigettato.
Con il quarto motivo ci si duole dell’ omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod . proc. civ. I ricorrenti -specificatamente i soci, considerato che questo motivo, come i successivi, afferiscono a difese predisposte avverso la parte della sentenza, che si occupa degli avvisi d’accertamento relativi ai redditi da partecipazione dei soci per l’anno d’imposta 2005 -si dolgono della nullità dell’avviso d’accertamento prodromico, notificato alla società, perché viziato dall’assenza di sottoscrizione e perché non provato il suo ritiro presso
l’ufficio. Il motivo è assorbito per quanto già deciso, sulla medesima questione, con l’esame del primo motivo , e dalla circostanza che comunque quell’atto fosse ormai divenuto definitivo .
Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 42, comma 3, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 7, l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Il giudice d’appello erroneamente avrebbe ritenuto rispettati i diritti della difesa e del contraddittorio, nonostante agli avvisi d’accertamento notificati ai soci non fosse stata allegata tutta la documentazione posta a fondamento dell’accertamento eseguito nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE.
A parte la sovrapposizione di censure elevate tanto per error in iudicando, quanto per vizio di motivazione, senza distinguere le critiche e le ragioni per le quali esse siano state formulate, il motivo è destituito di fondamento.
La sentenza ha applicato correttamente la disciplina positiva e i principi di diritto che presidiano la notifica di atti impositivi ai soci, quando abbiano per presupposti prodromici atti impositivi nei riguardi dalla società.
È infatti lo stesso art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 che, nell’ultima parte del comma 2, prevede come ‘se la motivazione fa riferimento a un altro atto, non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale’. Stesso principio è riprodotto nell’ art. 7, comma 1, ultima parte, della l. 212 del 2000. Nel caso di specie il giudice regionale ha evidenziato che negli avvisi d’accertamento notificati ai soci il processo verbale di constatazione del 5.12.2006 (indirizzato alla società) era stato riprodotto nel suo ‘contenuto essenziale’. Priva di pregio poi è la doglianza secondo cui era necessario allegare tutta la documentazione sulla quale era stata fondata la verifica e l’atto impositivo nei confronti della società.
La tutela della difesa e del contraddittorio, che con le richiamate prescrizioni normative il legislatore ha inteso assicurare, non sono tese a informare di tutto il materiale probatorio il contribuente attinto da atto impositivo, ma a metterlo in condizioni di comprendere agevolmente quale sia l’oggetto RAGIONE_SOCIALE contestazioni e RAGIONE_SOCIALE pretese erarial i, ove fondate su
accertamenti prodromici, che abbiano riguardato altro soggetto giuridico, così da apprestare pienamente le sue difese.
Peraltro, proprio in riferimento a fattispecie come quella ora in esame, ossia di maggiori redditi personali, derivanti dall’a ccertato maggior reddito della società, di cui il contribuente sia, oppure sia stato, socio per l’anno di imposta in contestazione, è proprio la posizione giuridica corrente tra socio e società ad assicurare la pienezza della garanzia difensiva.
A tal proposito questa Corte ha affermato che in materia di accertamento tributario di un maggior reddito nei confronti di una società di capitali, organizzata nella forma della società a responsabilità limitata ed avente ristretta base partecipativa -come quella che occupa il caso in esame- e di conseguenziale accertamento nei confronti dei soci, l’obbligo di motivazione degli atti impositivi notificati a questi ultimi è soddisfatto anche mediante rinvio per relationem alla motivazione dell’avviso di accertamento riguardante i maggiori redditi percepiti dalla società, ancorché solo a quest’ultima notificato. Ciò perché il socio, ex art. 2476 cod. civ., ha il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell’accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi (Cass., 2 ottobre 2020, n. 21126; cfr. anche 28 novembre 2014, n. 25296; 4 giugno 2018, n. 14275; 18 febbraio 2020, n. 3980, queste ultime richiamano il diritto di controllo della documentazione sociale da parte dei soci, previsto dall’art. 2261 cod. civ. ; sulla perimetrazione del principio, cfr. anche 10 febbraio 2022, n. 4239).
In conclusione, il giudice d’appello ha deciso tenendo conto RAGIONE_SOCIALE regole di diritto e dei principi somministrati da questa Corte.
Il motivo va pertanto rigettato.
Con il sesto motivo si fa denuncia della violazione e falsa applicazione degli artt. 47 e 59 del d.P.R. n. 917 del 1986 e dell’art. 27 del d.P.R. n. 600 del 1973. La pronuncia sarebbe erronea laddove non ha tenuto conto che l’ufficio aveva assoggettato ad Irpef i redditi di p artecipazione dei soci, nella misura del 40% di quanto accertato in capo alla società, senza considerare che questi, soci non titolari di quote di partecipazione qualificate (ciascuno del 16,67% e dunque inferiore al 20%), doveva essere assoggettato a ritenuta alla fonte, e, quale reddito assoggettato a ritenuta alla fonte,
escluso dalla base imponibile dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. a, del d.P.R. n. 917 cit.
La censura è infondata poiché il principio non trova applicazione per l’ipotesi di attribuzione ai soci di eventuali utili extracontabili accertati in capo alla società, rimanendo solo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati distribuiti ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti.
Con il settimo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ. Si sostiene che gli avvisi d’accertamento erano nulli nella parte in cui avevano assoggettato a tassazione l’intero maggior reddito accertato in cap o alla società, anziché il reddito al netto di quanto già tassato (sempre in capo alla società).
Il motivo è inammissibile per una pluralità di ragioni. Intanto è stato invocato il vizio di motivazione, nel cui perimetro, così come ridefinito con la formulazione del n. 5 del primo comma dell’art. 360 , introdotta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modificazioni in l. 7 agosto 2012, n. 134, esso non rientra. In assenza poi di ogni riferimento alla questione nella pronuncia, prospettandosi una novità della censura, occorreva che i ricorrenti indicassero in quale atto la censura fosse stata tempestivamente elevata. In ogni caso, per mera completezza, e nel merito, la stessa riduzione al 40% dell’imponibile occultato e distribuito, di cui ha tenuto conto l’Amministrazione finanziaria, ricorrendo alla disciplina prevista dall’art. 59 del TUIR, tiene conto proprio RAGIONE_SOCIALE imposte già applicate alla società, risultando altrimenti irragionevole.
Con l’ottavo motivo i ricorrenti hanno denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 97 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., avendo erroneamente la sentenza liquidato con condanna solidale le spese del giudizio. Lamentano nello specifico che nelle cause riunite non deve escludersi che la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese debba tener conto della posizione di ciascun soggetto e della controversia giuridica a cui la stessa abbia concretamente partecipato. Nel caso di specie i soci non avevano mai chiamato in giudizio, né le loro contestazioni erano mai state rivolte, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, così che la loro controversia afferiva solo all’avviso d’accertamento nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, per l’importo, ciascuno, di € 64.861,38, laddove distinta e diversa era la lite tra la società e la RAGIONE_SOCIALE, la cui controversia ammontava ad € 1.644.839,04.
Il motivo, pur richiamando principi astrattamente corretti, è infondato nel caso concreto, laddove, riuniti i ricorsi già in primo grado, con costituzione di un litisconsorzio necessario processuale, le difese RAGIONE_SOCIALE parti non si sono più distinte, tant’è che anche le critiche rivolte alla legittimità della cartella di pagamento, e soprattutto agli avvisi di accertamento prodromici alla cartella, hanno chiaramente evidenziato la comunanza degli interessi tra tutti i contribuenti, appellanti prima e poi ricorrenti dinanzi a questa Corte.
In conclusione, deve rigettarsi il ricorso principale.
Con ricorso incidentale la RAGIONE_SOCIALE ha criticato la sentenza della commissione regionale per aver liquidato le spese in misura inferiore ai minimi.
Il motivo è fondato.
Si è infatti affermato che in tema di liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso (tra le più recenti, cfr. Cass., 5 maggio 2022, n. 14198).
Tenendo conto che, anche volendo applicare i minimi, in rapporto alle tariffe all’epoca vigenti (2016), la Commissione Regionale ha liquidato alla RAGIONE_SOCIALE l’importo di € 10.000,00 (inferiore al minimo, pari ad € 14.836,00, per il valore della c ausa posto tra € 1.000.000,00 e 2.000.000,00), senza motivare la determinazione così riconosciuta, il giudice non si è attenuto al principio di diritto enunciato in materia dalla giurisprudenza di legittimità.
NUMERO_DOCUMENTO AVV_NOTAIO est. COGNOME La sentenza va pertanto cassata sul punto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di II grado della RAGIONE_SOCIALE, che in diversa composizione, oltre che a liquidare le spese del giudizio di legittimità, tenendo conto della
integrale soccombenza della ricorrente quanto al ricorso principale, provvederà alla nuova liquidazione della sentenza d’appello, o a confermarla motivandone la liquidazione al di sotto dei limiti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale. Accoglie quello incidentale. Cassa la sentenza nei limiti dell’accoglimento, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado della RAGIONE_SOCIALE, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali del giudizio di legittimità.
Tenendo conto della integrale soccombenza della società quanto al ricorso principale da essa introdotto, a i sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il giorno 13 marzo 2024