Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5881 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5881 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 835/2017 R.G. proposto da :
COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOMEricorrente- contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura Generale dello Stato
-resistente- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n. 1382/2016 depositata il 26/05/2016;
e sul ricorso iscritto al n. 838/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOMEricorrente- contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-resistente- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n. 1383/2016 depositata il 26/05/2016;
nonché sul ricorso iscritto al n. 840/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-resistente- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia -Romagna n. 1384/2016 depositata il 26/05/2016; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel procedimento R.G. n. 835/2017 NOME COGNOME ricorre, con unico motivo, avverso la sentenza della CTR dell’Emilia -Romagna n. 1382/2016 depositata il 26/05/2016 che, rigettando l’appello del contribuente, ha confermato la decisione di primo grado, in controversia avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nei confronti del ricorrente per il maggior reddito di partecipazione nella società RAGIONE_SOCIALE
1.1. L’avviso di accertamento in questione discendeva dall’ avviso di accertamento parziale ex art. 41-bis del DPR n. 600/1973 n. THB03CC04492/2011, notificato in data 27 dicembre 2011, con cui si imputava un maggior reddito di impresa in capo a RAGIONE_SOCIALE società di cui il sig. COGNOME era socio nella quota del 90%. Trattandosi di società a ristretta base partecipativa, l’Ufficio ha presunto che i maggiori utili non iscritti in bilancio siano stati ripartiti ai soci proporzionalmente alla partecipazione societaria nel periodo di competenza, per cui ha imputato al Sig. COGNOME il 90% degli utili occulti.
1 .2. L’Agenzia delle entrate ha depositato foglio di costituzione per l’eventuale discussione in pubblica udienza.
Nel procedimento R.G. N. 838/2017 la RAGIONE_SOCIALE ricorre, con sei motivi, avverso la sentenza della CTR dell’Emilia -Romagna n. 1383/2016 depositata il 26/05/2016 che, rigettando gli appelli della società contribuente e dell’Amministrazione, ha confermato la decisione di primo grado di parziale rigetto del ricorso della società avverso l’avviso di accertamento parziale ex art. 41 bis del DPR n. 600/1973 n. THB03CC04492/2011, relativo ad Ires, Iva e Irap 2006.
2.1. L’Agenzia delle entrate ha depositato foglio di costituzione per l’eventuale discussione in pubblica udienza.
Nel procedimento R.G. N. 340/2017 RAGIONE_SOCIALE ricorre, con due motivi, avverso la sentenza della CTR dell’Emilia -Romagna n. 1384/2016 depositata il 26/05/2016 che, rigettando l’appello del contribuente, ha confermato la decisione di primo grado, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento n. THB07CC05972/2011, emesso nei confronti della società, per l’anno di imposta 2006.
3.1. L’avviso di accertamento in questione discendeva dall’ avviso di accertamento parziale ex art. 41-bis del DPR n. 600/1973 n. THB03CC04492/2011, notificato in data 27 dicembre 2011 a RAGIONE_SOCIALE
3.2. Trattandosi di società a ristretta base partecipativa, l’Ufficio ha presunto che i maggiori utili non iscritti in bilancio siano stati ripartiti ai soci extra – contabilmente e proporzionalmente alla partecipazione societaria nel periodo di competenza, per cui ha assoggettato ad imposta sostitutiva del 12,5% la quota di utili occulti imputata alla socia NOME COGNOME
3.3. L’Agenzia delle entrate ha depositato foglio di costituzione per l’eventuale discussione in pubblica udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, stante la connessione delle cause, relative: i) all’accertamento nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, società a ristretta base partecipativa, del maggior reddito per l’anno di imposta 2006, ii) all’accertamento del maggior reddito del s ocio NOME COGNOME derivante dalla imputazione pro quota dei relativi maggiori utili non iscritti in bilancio, ed infine iii) all’accertamento dell’omesso versamento, da parte della società, delle ritenute sui maggiori utili imputati, pro quota, alla socia NOME COGNOME si dispone la riunione dei procedimenti rubricati agli R.G. N. 838/2017 e N. 840/2017 al presente, iscritto al N. 835/2017.
1.1. A tale riguardo si ricorda che questa Corte ha affermato che «l’istituto della riunione di procedimenti relativi a cause connesse, previsto dall’art. 274 cod. proc. civ., in quanto volto a garantire l’economia ed il minor costo dei giudizi, oltre alla certezza del diritto, risulta applicabile anche in sede di legittimità, in relazione a ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in separati giudizi, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, cui è funzionale ogni opzione semplificatoria ed acceleratoria delle situazioni processuali che conducono alla risposta finale sulla domanda di giustizia, ed in conformità dal ruolo istituzionale della Corte di cassazione, che, quale organo supremo di giustizia, è preposta proprio ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché l’unità del diritto oggettivo nazionale» (v. Cass. Sez. U, n. 18125 del 13/09/2005 e successive conformi).
Nel procedimento R.G. N. 838/2017, da trattarsi con precedenza avendo ad oggetto l’accertamento nei confronti della società, con il primo motivo di ricorso RAGIONE_SOCIALE lamenta, in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., l’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione al dedotto vizio di motivazione dell’atto impugnato, per
non aver riportato e contraddetto le osservazioni mosse dalla contribuente in sede di contraddittorio preventivo.
Con il quarto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente al precedente in ragione della sostanziale identità del vizio del provvedimento impositivo censurato, si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., in quanto i giudici dei gradi di merito non hanno tenuto in considerazione la circostanza che l’Amministrazione avrebbe dovuto rappresentare nell’atto impositivo le osservazioni del contribuente, valutandole anche criticamente, con motivazione ‘rafforzata’ .
3.1. La censura in esame è inammissibile in relazione al vizio di omesso esame dedotto con il primo motivo di ricorso, operando il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 6/10/2015, e non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse ( ex multis , Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018).
3.1.1. La censura è comunque infondata, anche laddove proposta, con il quarto motivo di ricorso, in relazione al vizio di violazione di legge.
3.1.2. Va rilevato a tale riguardo che, anche nelle ipotesi di obbligo del contraddittorio preventivo, questa Corte ha affermato che «In tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, è valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, atteso che, da un lato, la nullit à̀ consegue solo alle irregolarit à̀ per le quali sia
espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo» ( ex plurimis , Cass. 03/05/2022, n. 1398, in motivazione; Cass. 10/05/2021, n. 12268, in motivazione; Cass. 31/03/2017, n. 8378; Cass. 24/02/2016, n. 3583).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione o falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 lett. d) DPR 600/73, in relazione all’art. 2727 e all’art. 2729 c.c.
4.1. Lamenta la ricorrente che i giudici di appello abbiano ritenuto sussistenti i presupposti per l’accertamento analitico -induttivo ex art. 39, comma 1, lett. d) c.p.c., ravvisati dalla CTR, come analogamente aveva fatto la CTP, nella esistenza di movimentazioni in contanti collegate a pagamenti irregolari, senza considerare le osservazioni che la società contribuente, a seguito della notifica del PVC, aveva sollevato nella fase del contraddittorio preventivo a confutazione della ricostruzione dell’Uffici o, in relazione a possibili e plausibili spiegazioni alternative rispetto a quelle prospettate dall’Ufficio.
4.2. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, c.p.c. in quanto fondata su motivazione apparente.
4.3. Il secondo e terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto con entrambi si formulano censure che attengono, seppure sotto differenti profili, a difetti motivazionali della sentenza impugnata, sono fondati, nei termini che seguono.
4.3.1. Va precisato, in particolare, che costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre
allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata ; invero, l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti”. Pertanto, la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass.
n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata; Cass. 22949 del 2018; n. 19215 del 15 giugno 2022). Come precisato da questa Corte, “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018; n. 26766 del 2020).
4.3.2. Peraltro, in tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la Commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 15884 del 2017).
4.3.3. Ancora, deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei
motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. n. 22022 del 2017; Cass. n. 28113 del 2013).
4.4. Il giudice di appello non ha fatto buon governo dei principi richiamati.
4.4.1. In particolare, la CTR, senza in alcun modo esaminare le allegazioni difensive della società contribuente, di cui si dà diffusamente atto nel ricorso, con compiuta trascrizione ed indicazione topografica delle relative deduzioni negli atti di merito, si è limitata ad affermare che «la Commissione nota innanzitutto che l’accertamento ricostruisce il reddito d’impresa in modalità analitico induttiva avendo documentato l’esistenza di movimentazioni in contanti collegati a pagamenti irregolari come correttamente rilevato dai giudici di prime cure. La procedura è quindi legittima ai sensi dell’art. 39 del DP R n. 600/1973», e ancora, con argomentazioni prive di riferimenti alla fattispecie concreta, che «La censura riguardante l’inammissibilità del ricorso a presunzioni nell’accertamento parziale ex art. 41 bis del DPR 600/1973 non ha pregio in quanto il testo della norma vigente ratione temporis prevede la possibilità di accertamenti parziali quando risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in società … Al successivo comma la norma precisa che le disposizioni del comma 1 possono applicarsi anche all’accertamento induttivo dei ricavi e dei compensi e, nel caso in esame, tali elementi presuntivi hanno i caratteri richiesti per fondare l’accertamento di maggior reddito, come chiarito sopra. La ricostruzione del reddito in base a tali presunzioni è quindi legittimo e l’eccezione di aver utilizzato doppie presunzioni è priva di fondamento».
4.5. Pertanto, inammissibile il primo motivo di ricorso, rigettato il quarto, accolti il secondo e terzo ed assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Nel procedimento R.G. N. 835/2017, co n l’unico motivo di ricorso NOME COGNOME, socio della RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 44 e 72 del Tuir, 38 del DPR 600/73, 101 c.p.c., 1 del d.lgs. 546/92 e 295 c.p.c.
5.1. Il ricorrente lamenta che i giudici di appello abbiano ritenuto applicabile, in relazione a società di capitali pur a ristretta base partecipativa, il criterio di attribuzione automatica del reddito ai soci che l’art. 5 del Tuir prevede per la diversa ipotesi della società di persone.
5.1.1. Inoltre, osserva, in presenza di sentenza di secondo grado sfavorevole alla società, ma non definitiva, la CTR avrebbe dovuto sospendere il processo, ravvisandosi una ipotesi di pregiudizialità ex art. 295 c.p.c.
5.2. Rilevandosi, limitatamente alla censura di violazione dell’art. 295 c.p.c., la sopravvenuta carenza di interesse a seguito della disposta riunione dei procedimenti che si assumono in rapporto di pregiudizialità e dipendenza, il motivo è fondato in relazione alla ulteriore censura formulata, nei termini che seguono.
5.2.1. La Commissione territoriale ha errato nel determinare il maggior reddito del contribuente, socio di una società di capitali, mediante automatica attribuzione pro quota , per trasparenza, del maggior reddito accertato in applicazione del richiamato art. 5 del Tuir, che dispone che «I redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello
Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili».
5.2.2. Nella specie, non essendo contestata dal ricorrente la qualificazione della RAGIONE_SOCIALE come società di capitali a ristretta base partecipativa, con conseguente presunzione di distribuzione degli utili extracontabili, la CTR avrebbe dovuto fare corretta applicazione dei principi dettati da questa Suprema Corte in merito alla prova contraria in tale ipotesi incombente sul contribuente.
5.2.3. A tale riguardo, ad esito di un percorso interpretativo di recente affinato, con orientamento da ultimo confermato da Cass. n. 18764 del 09/07/2024 e Cass. n. 26473 del 10/10/2024, è stata affermata l’ammissibilità come prova contraria alla presunzione di distribuzione degli utili extra bilancio in società di capitali a ristretta base partecipativa, della dimostrazione, anche con prova presuntiva, che i maggiori ricavi non sono stati effettivamente realizzati dalla società e che quest’ultima non li ha distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne è appropriato altro soggetto o, comunque, della dimostrazione dell’assoluta estraneità del socio alla gestione e conduzione societaria.
5.2.4. Sotto questo profilo, le critiche mosse alla sentenza impugnata si rivelano fondate.
5.3. Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Nel procedimento R.G. N. 840/1017 la società RAGIONE_SOCIALE denuncia, in relazione all’art. art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 44 e 72 del Tuir, 38 del DPR 600/73, 101 c.p.c., 1 del d.lgs. 546/92 e 295 c.p.c.
La ricorrente afferma che i giudici di appello avrebbero dovuto sospendere il processo, ravvisandosi una ipotesi di pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. con il procedimento pendente relativo all’impugnazione dell’accertamento societario.
6.1. Il motivo è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, a seguito della disposta riunione dei procedimenti che si assumono in rapporto di pregiudizialità e dipendenza.
6.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, c.p.c. in quanto fondata su motivazione apparente.
6.2.1. Il motivo è fondato.
6.2.2. Richiamandosi quanto già osservato ai superiori § 4.3.1., 4.3.2. e 4.3.3., il giudice di appello non ha fatto buon governo dei principi richiamati.
6.2.3. In particolare, la CTR, senza in alcun modo esaminare le allegazioni difensive della società contribuente, di cui si dà diffusamente atto nel ricorso, con compiuta trascrizione ed indicazione topografica della relativa deduzione negli atti di merito, si è limitata ad affermare che «la Commissione nota innanzitutto che l’accertamento ricostruisce il reddito d’impresa in modalità analitico induttiva avendo documentato l’esistenza di movimentazioni in contanti collegati a pagamenti irregolari come correttamente rilevato dai giudici di prime cure. La procedura è quindi legittima ai sensi dell’art. 39 del DP R n. 600/1973», e ancora, con argomentazioni prive di riferimenti alla fattispecie concreta, che «La censura riguardante l’inammissibilità del ricorso a presunzioni nell’accertamento parziale ex art. 41 bis del DPR 600/1973 non ha pregio in quanto il testo della norma vigente ratione temporis prevede la possibilità di accertamenti parziali quando risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggiore ammontare di un reddito parzialmente
dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazioni in società … Al successivo comma la norma precisa che le disposizioni del comma l possono applicarsi anche all’accertamento induttivo dei ricavi e dei compensi e, nel caso in esame, tali elementi presuntivi hanno i caratteri richiesti per fondare l’accertamento di maggior reddito, come chiarito sopra. La ricostruzione del reddito in base a tali presunzioni è quindi legittimo e l’eccezione di aver utilizzato doppie presunzioni è priva di fondamento».
6.3. Pertanto, dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso ed accolto il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
In conclusione, le sentenze impugnate vanno cassate in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Emilia-Romagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i ricorsi riuniti nei termini di cui in motivazione, cassa le sentenze impugnate in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della EmiliaRomagna affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 18/02/2025.