Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12790 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12790 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
Oggetto : IRES -Indagini finanziarie -Società di capitali a ristretta base partecipativa – Presunzione di distribuzione degli utili -Onere della prova
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17974/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ; -ricorrente –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE;
-intimato – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 9364/07/2018, depositata in data 30 ottobre 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate emetteva l’avviso di accertamento n. TEB07T100018/2015, con cui contestava alla società RAGIONE_SOCIALE in relazione all’anno 201 0 , l’omessa effettuazione,
a norma dell’art. 27 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, delle ritenute a titolo d’imposta per Euro 30.553,00.
All’esito delle indagini finanziarie svolte ex art. 32, comma 1 n. 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, venivano contestati movimenti bancari riferiti ai rapporti di conto corrente intestati ai soci, ritenuti non giustificati e relativi ad utili extracontabili.
La società presentava ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, deducendo, in via preliminare, la nullità dell’atto impositivo per violazione della disciplina sulla delega di firma.
In subordine, lamentava che l’Agenzia delle entrate aveva fondato l’avviso di accertamento sul principio di presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati, presunzione non avvalorata da indici rivelatori della effettiva distribuzione degli utili.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle entrate, contestando gli avversi assunti.
La CTP di Napoli, respinta la preliminare eccezione relativa all’assenza di una valida delega di firma, accoglieva il ricorso, disconoscendo l’immediata riferibilità dei movimenti bancari contestati ad un maggior reddito societario presuntivamente distribuito tra i soci.
Interposto gravame dal l’Ufficio , il giudizio fu, prima, interrotto per effetto del fallimento della società e, poi, riassunto; la Commissione tributaria regionale della Campania confermava la sentenza di primo grado, ribadendo l’infondatezza della presunzione formulata in ordine alla riferibilità dei prelevamenti eseguiti dai soci sui loro conti correnti a componenti di maggior reddito d’impresa.
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, affidandosi a d un motivo.
La curatela è rimasta intimata.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 14/04/2025.
Considerato che:
1. Con il primo (ed unico) strumento di impugnazione l’Ufficio deduce la « violazione o falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, n.2, d.P.R. 600/1973 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 c.p.c.», per avere la CTR pronunciato in violazione della disciplina in punto di ripartizione dell’onere della prova in materia di accertamento dei redditi sulla base dei movimenti bancari e, in particolare, nel caso in cui il soggetto sottoposto ad accertamento sia costituito da una società a ristretta base partecipativa.
La CTR avrebbe, altresì, errato nell’attribuire decisiva rilevanza, ai fini dell’annullamento dell’atto impositivo, alla circostanza che l’accertamento avesse ad oggetto prelevamenti e non versamenti operati dai soci sui loro conti correnti.
Il motivo è fondato.
In tema di accertamento dell’imposta sui redditi, l’art. 32 del d.P.R. n. 600/73, e l’art. 51, comma secondo, numero 7, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (nel testo vigente ratione temporis ), prevedono che gli Uffici finanziari, previa autorizzazione degli organi a ciò deputati, possano richiedere copia dei conti intrattenuti con il contribuente.
Secondo la consolidata interpretazione giurisprudenziale (così già Cass. 06/12/2011, n. 26173) la disciplina richiamata non prevede alcuna limitazione all’attività di indagine volta al contrasto dell’evasione fiscale, non limitando l’analisi ai soli conti correnti bancari e postali o ai libretti di deposito intestati esclusivamente al titolare dell’azienda. L’accesso ai conti intestati formalmente a terzi, e le verifiche finalizzate a provare per presunzioni la condotta evasiva e la riferibilità alla società delle somme movimentate sui conti intestati ai soci, ben possono essere giustificati da alcuni elementi sintomatici quali il rapporto di stretta contiguità familiare tra essi, incombendo in ogni caso sulla società contribuente la prova
che le ingenti somme rinvenute sui conti dei soci della società a ristretta base familiare non siano ad essa riferibili.
Solo nel caso in cui il titolare del conto sia formalmente “terzo”, non legato in alcun modo apparente alla società sarà necessario, per l’Amministrazione, provare (anche in forza delle circostanze di cui sopra si è detto), che tale “terzietà” è solo apparente, fungendo il soggetto da mera testa di legno del contribuente.
In altri termini in ipotesi di società a ristretta base familiare, l’Ufficio finanziario può utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuitigli sia dall’art. 32 d.P.R. n. 633/1973, che dall’art. 51, secondo comma, nn. 2 e 7, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, le risultanze dei conti correnti bancari intestati ai soci, imputando alla medesima società le operazioni ivi riscontrate tenuto conto anche della relazione di parentela che lega i singoli partecipanti alla ristretta base sociale, circostanza idonea a far presumere la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari, nonché ad identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli dei soci, rimanendo comunque la possibilità per la società di dare la prova contraria. Tali legami familiari, proprio perché gli stessi hanno agito unitariamente sotto lo schermo sociale, costituiscono elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate (Cass. 10/06/2022, n. 18704).
Nella specie la società per azioni era a ristretta base, per cui, data la presunzione di cui supra , incombeva al socio NOME COGNOME titolare dei conti correnti oggetto di controllo fiscale, dare la prova contraria.
Né è pertinente, come sostiene la CTR, invocare il divieto di doppia presunzione, alla luce del principio che questa Corte ha già affermato (Cass. 16/06/2017, n. 15003) secondo cui «in tema di accertamenti fondati sulle risultanze delle indagini sui conti correnti bancari, ai sensi degli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del
d.P.R. n. 633 del 1972, l’onere del contribuente di giustificare la provenienza e la destinazione degli importi movimentati sui conti correnti intestati a soggetti per i quali è fondatamente ipotizzabile che abbiano messo il loro conto a sua disposizione non viola il principio ” praesumptum de praesumpto non admittitur ” (o il c.d. divieto di doppie presunzioni o divieto di presunzioni di secondo grado o a catena) sia perché tale principio è, in realtà, inesistente, non essendo riconducibile agli artt. 2729 e 2697 c.c. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento, sia perché, anche qualora lo si volesse considerare esistente, esso atterrebbe esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con un’altra presunzione semplice, ma non con una presunzione legale, sicché non ricorrerebbe nel caso di specie».
Nella specie la CTR non poteva addossare alla Agenzia di fornire la prova che i conti intestati al socio erano utilizzati dalla società, ma al contrario spettava ad essa società dimostrare che tali conti erano estranei alla compagine, tenendo conto della presunzione applicabile nel caso in esame. Non essendo stato correttamente applicato l’onere della prova come previsto dalla legge, determinandosi quindi una violazione di legge, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, perché proceda a nuovo giudizio in relazione alla censura accolta, ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 aprile 2025.