Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21360 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21360 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 190/2023 R.G. proposto da
COGNOME col proprio ministero ex art. 86 c.p.c. si rappresenta e difende ricorrente
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AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE I DI ROMA UFF. TERR. DI ROMA 2 AURELIO rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
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avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.LAZIO n. 3348/2022 depositata il 18/07/2022 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava l’avviso n. 2015/003/M/000027600/0/001 con cui l’Agenzia delle Entrate richiedeva il pagamento dell’imposta di registro per la registrazione di un’ordinanza di assegnazione emessa in un giudizio di esecuzione mobiliare, eccependo la genericità dell’atto, invocando l’esenzione fiscale e denunciando la violazione dello Statuto del contribuente.
Dopo la costituzione dell’Agenzia delle Entrate, il contribuente rinunciava agli atti a seguito del pagamento dell’imposta da parte di Poste Italiane, chiedendo l’estinzione del giudizio. L’Agenzia, pur non opponendosi all’estinzione, chiedeva la condanna alle spese del contribuente.
La CTP di Roma, con sentenza n. 5723/2020, dichiarava l’estinzione del giudizio estinto per cessata materia del contendere e condannava il ricorrente alle spese (€150), rilevando che il pagamento dell’imposta era avvenuto dopo l’instaurazione della causa e la costituzione dell’Agenzia.
La Commissione Tributaria Regionale adita dal contribuente, con sentenza n. 3348 del 2022, respingeva l’appello, condannando l’impugnante alla refusione delle spese (€300), così motivando .
Avverso detta sentenza, l’avv. COGNOME propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
L’amministrazione finanziaria è rimasta intimata.
Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis1 c.p.c., in prossimità dell’udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si deduce .
Si assume che la Commissione Giudicante doveva procedere ad un accertamento della soccombenza cd. virtuale ai fini della regolamentazione delle spese, quale corollario della pronuncia giudiziale dichiarativa della cessata materia del contendere.
Per precisazione, secondo il ricorrente, la soccombenza virtuale detta un principio secondo il quale il decidente, secondo una valutazione prognostica dovrebbe stimare la domanda sarebbe
stata accolta o respinta, sostenendo che la stessa giurisprudenza di legittimità è ferma nell’affermare che il Giudice con la dichiarazione della cessazione della materia del contendere, deve, comunque, pronunciarsi sulla conflittualità in ordine alle spese secondo il summenzionato principio, ‘ laddove tale soccombenza dovrà 4 di essere individuata in base ad una ricognizione della ‘normale’ probabilità di accoglimento della pretesa della parte su criteri di verosimiglianza o su indagine sommaria di delibazione del merito’. 2.Il motivo non ha pregio.
2.1.L’art. 44 del d.lgs. n. 546/92 al primo comma sancisce che il processo si estingue per rinuncia al ricorso, ed al secondo comma prevede che il ricorrente che rinuncia deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo diverso accordo tra loro. Il successivo art. 46 contempla l’ipotesi dell’estinzione del giudizio (in tutto o in parte), nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere, precisando al successivo terzo comma, che le spese del giudizio estinto a norma del comma primo restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diversa disposizione di legge (la Corte Cost. ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, con sentenza n. 274/2005, nelle ipotesi in cui si riferisce alla cessazione della materia del contendere diverse dai casi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge).
Nella presente fattispecie, emerge dalla decisione impugnata che la Corte distrettuale ha confermato la sentenza di primo grado in virtù della formulata rinuncia al ricorso da parte del contribuente. La circostanza che i giudici di prossimità abbiano fatto riferimento alla cessazione della materia del contendere – riconducendola alla intervenuta rinuncia al ricorso in corso di giudizio – non consente di affermare la sussistenza delle altre ipotesi previste dall’art. 46 del summenzionato d.lgs., tenuto conto che, come affermato dal
decidente, la rinuncia al ricorso provoca la sopravvenuta perdita di interesse alla decisione e prevale dunque sulla declaratoria di dedotta cessazione della materia del contendere.
3.1 . In particolare, l’evento prospettato, vale a dire il versamento della somma dovuta, non giustifica l’applicazione del criterio della soccombenza virtuale, non essendo state rappresentate nell’atto abdicativo le ragioni della fondatezza dell’impugnazione e del suo verosimile accoglimento, essendosi il contribuente limitato a formulare istanza di rinuncia al ricorso e conseguente richiesta di estinzione del giudizio, in ragione del predetto versamento della somma, circostanza questa che, in assenza di diverse allegazioni, di certo non accredita l’ipotesi della non debenza della pretesa fiscale, unico rilievo questo, non dedotto, che, se accolto, avrebbe giustificato l’applicazione del principio della soccombenza virtuale.
3.2.Non è possibile sostenere, dunque, che, nel caso di specie, sia sopravvenuta una cessazione della materia del contendere, la quale presuppone la sopravvenuta carenza d’interesse della parte alla definizione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l’effettivo venir meno dell’interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito (Cass. Sez. 2, n. 30251/2023).
3.3 . La rinuncia all’azione non richiede formule sacramentali, può essere anche tacita e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta, peraltro, essa presuppone il riconoscimento dell’infondatezza dell’azione, accompagnato dalla dichiarazione di non voler insistere nella medesima; a queste condizioni la rinuncia all’azione determina, indipendentemente dall’accettazione della controparte, l’estinzione dell’azione e la cessazione della materia del contendere. Deve, viceversa, essere dichiarata, anche d’ufficio, cessata la materia del contendere in
ogni caso in cui risulti acquisito agli atti del giudizio che non sussiste più contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e che conseguentemente non vi è più la necessità di affermare la volontà della legge nel caso concreto (Cass. 23/07/2019, n. 19845; Cass. n. 979/2023). In special modo, la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale. Allorquando, invece, la sopravvenienza di un fatto, che si assume suscettibile di determinare la cessazione della materia del contendere, sia allegato da una sola parte e l’altra non aderisca a tale prospettazione, il suo apprezzamento, ove esso sia dimostrato, non può concretarsi in una pronuncia di cessazione della materia del contendere, ma, ove abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dell’attore, in una valutazione dell’interesse ad agire, con la conseguenza che il suo rilievo potrà dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell’esistenza del diritto azionato (e, quindi, per tale aspetto, di accoglimento della domanda) e di sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell’attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale dichiarazione, in ragione dell’avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa (Cass. n. 21757 del 29/07/2021; Cass. n. 1043/2024; Cass. n. 11962/2005). In ogni caso, la cessazione della materia del contendere, comporta la necessità della valutazione del giudice, a cui spetta l’eventuale dichiarazione dell’avvenuto soddisfacimento del diritto azionato ovvero la pronuncia sul merito dell’azione, atteso che la declaratoria della cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano atto reciprocamente del sopravvenuto mutamento della
situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conclusioni conformi in tal senso (Cass. n. 1855/2015; Cass. n. 19845 del 23/07/2019; Cass. n. 25625/2020).
3.4. In conclusione, correttamente, la Corte distrettuale ha confermato la decisione di primo grado.
4.Segue il rigetto del ricorso per cassazione.
Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’intimato poiché il medesimo non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012; – dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della