Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2947 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2947 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 31/01/2024
Registro Invim Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23549/2022 R.G. proposto da NOME COGNOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ avvocato NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO, ope legis domicilia;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 253/2022, depositata il 3 marzo 2022, della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 26 settembre 2023, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
1. -sulla base di due motivi, illustrati con memoria, il AVV_NOTAIO ricorre per la cassazione della sentenza n. 253/2022, depositata il 3 marzo 2022, con la quale la RAGIONE_SOCIALE -pronunciando sull’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di un avviso di liquidazione (n. NUMERO_DOCUMENTO ) dell’imposta di registro relativa alla registrazione di atto costitutivo di una servitù di metanodotto su terreno agricolo – ha dichiarato « l’estinzione della causa, ai sensi dell’art. 46 D.lgs. n.546/1992, per intervenuta cessata materia del contendere»;
-l’ RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Considerato che:
1. -col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 15, comma 1, 44 e 46, comma 3, deducendo che:
– siccome la statuizione del giudice del gravame fondata sulla rinuncia al gravame de ll’RAGIONE_SOCIALE che, così operando, aveva inteso conformarsi alla sopravvenuta risoluzione (n. 4/E del 15 gennaio 2021) con la quale si era preso atto dell’indirizzo giurisprudenziale, favorevole al contribuente, in ordine alla interpretazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, tariffa allegata, parte prima, art. 1, ed alla nozione di «trasferimento» di terreni agricoli, ivi contenuta, qual inapplicabile agli atti «costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento» – nella fattispecie avrebbe dovuto trovare applicazione la diversa ipotesi della rinuncia al ricorso (art. 44, comma 1, cit.), con la conseguente disciplina RAGIONE_SOCIALE spese di causa, da porre a carico del rinunciante in difetto di diverso accordo, e posto che esso esponente, se aveva accettato la rinuncia, al contempo aveva « insistito perché l’RAGIONE_SOCIALE
venisse condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese legali di entrambi i gradi di giudizio ed al risarcimento dei danni ex art. 96 commi 1 e 3 c.p.c.»;
soggiunge il ricorrente che, ad ogni modo, illegittimamente il giudice del gravame aveva disposto la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese in difetto di ogni verifica -così come statuito dalla Corte di legittimità -sulla manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, illegittimità che esso esponente aveva dedotto con riferimento al dictum della giurisprudenza di legittimità secondo la quale l’applicazione della (più gravosa) aliquota del 15% – a fronte di quella in concreto utilizzata alla registrazione dell’atto (8%) non poteva essere riferita agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù (Cass., 4 novembre 2003, n. 16495);
il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., espone la denuncia di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, con riferimento al l’atto (depositato in data 20 settembre 2021) con il quale il ricorrente «aveva accettato l’avversa rinuncia al giudizio e … chiesto che l’Ufficio venisse condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese legali di entrambi i gradi di giudizio ed al risarcimento dei danni ex art. 96 commi 1 e 3 c.p.c.»;
atto, questo, dal quale poteva desumersi (anche) che era stato contestato l’annullamento in autotutela dell’atto impositivo, così che la rinuncia al gravame avrebbe dovuto ricondursi alla disciplina del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 44, cit.;
-il primo motivo di ricorso -dal cui esame consegue l’assorbimento del secondo motivo – è fondato, e va accolto, nei limiti in appresso precisati;
2.1 – come la Corte ha già avuto modo di rilevare in tema di contenzioso tributario, la distinzione fra rinuncia al ricorso e rinuncia alla pretesa sostanziale, consacrata nel combinato disposto degli artt.
306 e 310 cod. proc. civ., ancorché non riprodotta integralmente negli art. 44, 45 e 46 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, deve considerarsi regola di carattere generale applicabile anche al suddetto processo, in virtù del generale rinvio contenuto nell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, cit. (Cass., 29 dicembre 2010, n. 26292; Cass., 2 aprile 2007, n. 8182);
– come, poi, reso esplicito dagli stessi contenuti del ricorso, oltreché dalla gravata sentenza, la rinuncia all’impugnazione è conseguita, nella fattispecie, ad un atto di prassi (la risoluzione n. 4/E del 15 gennaio 2021) che -prendendo atto dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità consolidatosi (in corso di giudizio) in punto di interpretazione del d.P.R. n. 131 del 1986, art. 1 della tariffa, parte prima, ed alla cui stregua «Il termine “trasferimento” contenuto nell’art. 1, della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 è stato adoperato dal legislatore per indicare tutti quegli atti che prevedono il passaggio da un soggetto ad un altro della proprietà di beni immobili o della titolarità di diritti reali immobiliari di godimento e non può essere riferito agli atti che costituiscono diritti reali di godimento come la servitù, la quale non comporta trasferimento di diritti o facoltà del proprietario del fondo servente ma compressione del diritto di proprietà di questi a vantaggio di un determinato fondo (dominante)» (Cass., 5 settembre 2019, n. 22198; v., altresì, Cass., 11 febbraio 2021, n. 3461) -invitava «le strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la tassazione degli atti costitutivi di servitù su terreni agricoli e, ove la tassazione sia stata operata secondo criteri non conformi a quelli sopra indicati, ad abbandonare -con le modalità di rito, tenendo conto RAGIONE_SOCIALE stato e del grado di giudizio -la pretesa RAGIONE_SOCIALE, sempre che non siano sostenibili altre questioni.»;
è, dunque, corretta la qualificazione operata dal giudice del gravame in punto di causa estintiva del giudizio di appello essendo
questo effetto conseguito -piuttosto che alla mera rinuncia all’atto di appello -all’abbandono della pretesa impositiva qual correlata a l (pur rilevato) contesto extraprocessuale che aveva portato ad un provvedimento di sgravio ed al rimborso del tributo;
2.2 -come, poi, la Corte ha già rilevato, nel rito tributario trova applicazione -perché con lo stesso compatibile -la disposizione di cui all’art. 338 cod. proc. civ. (oggetto di richiamo ad opera del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 49) alla cui stregua l’estinzione del procedimento d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza impugnata (v. Cass., 18 novembre 2016, n. 23487; Cass., 2 novembre 2015, n. 22368; Cass., 18 giugno 2014, n. 13808);
e la pronuncia di cessazione della materia del contendere, diversamente da quanto avviene per il processo civile ordinario (v., già, Cass. Sez. U., 28 settembre 2000, n. 1048), è, com’è noto, codificata all’interno del processo tributario la cui disciplina (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 46) ne individua l’effetto processuale nell’estinzione del giudizio;
2.3 -del pari destituita di fondamento deve riguardarsi la pretesa al risarcimento dei danni da lite temeraria (art. 96 cod. proc. civ.) considerato, per un verso, che della proposizione di detta domanda si dà conto (solo) per il giudizio di appello -così che i fatti costitutivi della responsabilità aggravata potrebbe (al più) correlarsi alla condotta processuale tenuta in detto grado di giudizio (v., ex plurimis , Cass., 21 gennaio 2016, n. 1115; Cass., 20 ottobre 2014, n. 22226; Cass., 25 luglio 2006, n. 16975; Cass., 21 aprile 1999, n. 3967), e non anche, così come in ricorso si prospetta, a pregressi comportamenti dell’Ente impositore -e, per il restante, che, in ragione della sua natura accessoria, l’esame della domanda non poteva residuare alla pronuncia di estinzione del giudizio (preclusiva dell’esame del merito);
2.4 -il giudice del gravame ha rilevato che poteva dichiararsi cessata la materia del contendere, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese processuali, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE nel rinunciare al gravame – «anche se in extremis, ha riconosciuto, in buona sostanza, la validità RAGIONE_SOCIALE argomentazioni, così esposte dalla difesa del soggetto contribuente» e considerato che, «nelle more del giudizio», l’imposta versata dal contribuente gli era stata rimborsata dall’agente della riscossione in esito alle determinazioni assunte d all’RAGIONE_SOCIALE che, a seguito della pronuncia di prime cure, aveva disposto «lo sgravio, convalidato il dì 04.02.2016…»;
come, però, la Corte ha già in più occasioni statuito, in esito alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere le spese del giudizio vanno regolate secondo soccombenza virtuale, verifica, questa, che, con riferimento alle spese del giudizio di appello, il giudice del gravame ha completamente pretermesso correlando la disposta compensazione al mero riscontro della cessazione della materia del contendere;
la Corte -come ben deduce il ricorrente -ha avuto modo di statuire che, nel processo tributario, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell’atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale annullamento non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, stante, invece, l’obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell’art. 88 cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese (v. Cass., 13 aprile 2016, n. 7273; Cass., 26 ottobre 2011, n. 22231);
ed ha rimarcato altresì che, nell’ipotesi di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere, la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite può essere disposta, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 1, all’esito di una valutazione complessiva della lite da parte del giudice tributario, trattandosi di una ipotesi diversa dalla compensazione ope legis prevista dal comma 3 dell’articolo citato, quale conseguenza automatica di qualsiasi estinzione del giudizio, dichiarata costituzionalmente illegittima dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 274 del 2005 (v. Cass., 14 febbraio 2017, n. 3950; Cass., 21 settembre 2010, n. 19947);
-l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione all’accoglimento del profilo di censura del primo motivo di ricorso di cui sopra s’è detto (sub 2.4 che precede), con rinvio della causa, anche per la disciplina RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE di secondo grado RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, in diversa composizione, riesaminerà la controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti.
P.Q.M.
La Corte, accoglie, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE di secondo grado RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 settembre 2023.