Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1893 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1893 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale stesa a margine del ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME del Foro di Napoli, che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente – contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-intimata –
avverso
la sentenza n. 7413, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 7.7.2016, e pubblicata il 2.8.2016; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: Irpef 2009 -Cessione di quote societarie Simulazione -Assegno di mantenimento coniugale -Oneri probatori.
raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha confermato la richiesta di rigetto del ricorso;
ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dall’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnativa, nessuno essendo comparso per l’intimata;
la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notificava a COGNOME NOME l’avviso di accertamento n. TF3011105858/2013 con il quale richiedeva maggiori tributi Irpef, addizionale comunale, accessori e sanzioni, con riferimento all’anno 2009.
L’odierna ricorrente aveva stipulato una cessione di proprie quote societarie della RAGIONE_SOCIALE (50%) in favore della RAGIONE_SOCIALE (sent. CTR, p. 1), partecipata dal coniuge separato della COGNOME, NOME COGNOME, e controllante della RAGIONE_SOCIALE. A garanzia del credito vantato dalla COGNOME era stata costituita ipoteca, per l’importo di Euro 2.566.800,00, su un immobile di pregio sito in Napoli al INDIRIZZO di proprietà della RAGIONE_SOCIALE. La società RAGIONE_SOCIALE cedeva l’immobile ad un terzo, e la transazione era regolata, quanto all’importo di Euro 2.566.800,00, mediante cancellazione dell’ipoteca iscritta sul fabbricato.
L’Agenzia delle Entrate evidenziava però che dagli estratti conto della Boldoni emergeva che, al luglio 2010, la contribuente aveva ricevuto (anche) pagamenti mensili di Euro 10.350,00, protrattisi con costanza dal gennaio 2003 al luglio 2010, con la conseguenza che il suo credito si era ridotto ad Euro 1.108.950,00, sebbene la RAGIONE_SOCIALE contabilizzasse un debito residuo di Euro 1.697.400. Inoltre, la Boldoni riceveva ‘in data 7 dicembre 2010 … 19 assegni circolari per un importo complessivo di euro 1.811.000,00, a fronte dei quali prestava il consenso alla cancellazione dell’ipoteca’ (sent. CTR, p. 1). Alla fine la COGNOME aveva ricevuto l’importo complessivo
di Euro 3.268.850,00, superiore di Euro 702.048,00 rispetto al corrispettivo pattuito per la cessione delle quote societarie.
L’Ufficio motivava l’incongruenza con un protocollo d’intesa intercorso tra i coniugi, acquisito nel corso di indagine penale nei confronti del marito, ove si prevedeva che NOME NOME versasse alla moglie separata la somma di Euro 10.350,00 per venti anni ed otto mesi. Riteneva, in conseguenza, che le somme corrisposte alla ricorrente fossero in parte riconducibili al versamento di un assegno di mantenimento in evasione d’imposta.
NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli contestando che l’Amministrazione finanziaria non avesse assicurato prova della pretesa evasione fiscale. La CTP riteneva fondate le difese proposte dalla contribuente ed annullava l’avviso di accertamento.
L’Ente impositore spiegava appello avverso la pronuncia sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale reputava invece fondate le tesi dell’impugnante Amministrazione finanziaria, e riaffermava la piena validità ed efficacia dell’atto impositivo.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia del giudice del gravame, affidandosi a due motivi di ricorso. L’Agenzia delle Entrate ha ricevuto la notificazione del ricorso in data 28 febbraio 2017 (DP Napoli 1), e 1°.3.2017 (DC Roma), ma non ha svolto difese nel giudizio di legittimità.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del s.Procuratore Generale NOME COGNOME ed ha domandato il rigetto del ricorso, evidenziando anche profili di inammissibilità.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la contribuente contesta la
violazione degli artt. 1414, 1417 e 2697 cod. civ., anche in relazione agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., ed agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente applicato le regole della prova presuntiva, ritenendo accertata una simulazione negoziale rimasta invece contrastata e comunque indimostrata.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente censura l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, con riferimento agli elementi forniti per contraddire la tesi della ricorrenza di un’ipotesi di simulazione negoziale.
I due motivi di ricorso proposti dalla contribuente attengono entrambi, in relazione ai profili della violazione di legge e dell’omesso esame di fatti decisivi, alla contestazione della decisione della CTR per aver ritenuto raggiunta la prova presuntiva dell’accordo simulatorio e della perpetrata evasione fiscale. Gli strumenti d’impugnazione presentano elementi di connessione, e possono essere trattati congiuntamente per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
3.1. Osserva la ricorrente che, nella tesi dell’Amministrazione finanziaria, la cessione delle quote societarie sarebbe stata utilizzata (anche) per ‘occultare la corresponsione (dal 2003 a luglio 2010) di un assegno periodico di mantenimento dell’importo di € 10.350,00 mensili’ (ric., p. 4 ss.). La prospettazione pretende di trovare fondamento in uno scritto contenente un protocollo d’intesa circa le condizioni della separazione dei coniugi; nel fatto che la RAGIONE_SOCIALE continuasse ad indicare un debito con la COGNOME maggiore del credito che la contribuente poteva vantare, in considerazione dei versamenti già ricevuti; nonché nel fatto che i versamenti ricevuti mensilmente dalla COGNOME avevano importo esattamente corrispondente (€ 10.350,00) a quanto previsto del predetto protocollo d’intesa.
3.2. A fronte di questi elementi la ricorrente oppone, innanzitutto, che il protocollo d’intesa era solo una bozza d’accordo, priva di sottoscrizione e sequestrato presso il legale del marito separato, e non vi è nessuna prova che il patto sia stato effettivamente stipulato. Inoltre, proprio nel protocollo si legge che la COGNOME si sarebbe impegnata a cedere al marito separato il 40% della società RAGIONE_SOCIALE ed il 50% della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME Corrado avrebbe corrisposto per la cessione la somma di Euro 2.600.00,00, in un’unica soluzione, ed inoltre si sarebbe impegnato a versare la somma di 10.350,00 mensili per venti anni e otto mesi. In realtà il pagamento delle quote della società RAGIONE_SOCIALE è avvenuta con pagamento di Euro 2.556.800, corrisposta a rate. Sulle plusvalenze conseguite la COGNOME afferma di aver regolarmente versato l’imposta sostitutiva prevista dalla legge.
La ricorrente sostiene quindi che la corretta ricostruzione della vicenda è stata offerta anche documentalmente, assicurando validi indizi di senso contrario rispetto agli scarni elementi allegati dall’Ente impositore, mentre la CTR ha deciso sul fondamento di un unico atto contenente una mera ipotesi d’intesa, liddove l’accertato versamento mensile di Euro 10.350,00 è l’effetto di una ‘(casuale) coincidenza tra l’importo delle rate convenute per il pagamento del prezzo di cessione delle quote e l’importo’ (ric., p. 8 s.) riportato nel protocollo d’intesa sulle condizioni di separazione dei coniugi. Rappresenta invece una mera congettura che il pagamento effettuato dalla RAGIONE_SOCIALE (controllata da RAGIONE_SOCIALE) per la cancellazione dell’ipoteca (Euro 1.811.000,00) in misura maggiore rispetto al debito residuo (Euro 1.108.950,00), possa costituire un’ulteriore riscontro che gli importi mensilmente versati dal 2003 al 2010 costituissero l’adempimento dei patti di separazione (assegno di mantenimento). Del resto, altra controprova è stata offerta depositando la vera regolazione dei diritti patrimoniali tra coniugi intervenuta in sede di separazione personale.
Sostiene la ricorrente che la CTR ha errato nel non tener conto degli elementi offerti per contrastare gli indizi proposti dall’Ente impositore, e la sua decisione merita per questo di essere cassata.
3.3. Il giudice dell’appello rileva innanzitutto essere incontestato che la RAGIONE_SOCIALE è società riconducibile al coniuge separato NOME COGNOME così come che il credito vantato dalla COGNOME e garantito da ipoteca sull’immobile successivamente venduto deriva dalla vendita del 50% delle quote della RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, controllante della RAGIONE_SOCIALE.
Ha quindi osservato che la contribuente non ha opposto ‘elementi di fatto contrari al fatto che, al luglio 2010, il credito da lei vantato a tale titolo ammontava ormai, in base agli elementi tratti dagli estratti conto a lei riferibili, ad euro 1.108.950’ (sent. CTR, p. 2), ma ha ricevuto un pagamento a saldo molto superiore. La contribuente ha insistito nel contestare l’attitudine probatoria del protocollo d’intesa tra i coniugi, ma l’Agenzia delle Entrate ha depositato anche la ‘copia di dodici assegni circolari intestati a NOME COGNOME nonché copia di scheda contabile riferita alla situazione debitoria della Iper, che reca un saldo debitorio al 31 dicembre 2009 di euro 1.697.400′ ( ibidem ), e non di euro 1.108.950, come avrebbe dovuto essere in considerazione dei pagamenti già effettuati e ricevuti dalla odierna ricorrente. Il maggiore importo contabilizzato dalla RAGIONE_SOCIALE ‘è stato effettivamente corrisposto alla COGNOME, senza indicazione di specifico titolo’ ( ibidem ).
3.3.1. A fronte degli elementi indiziari stringenti offerti dall’Amministrazione finanziaria, tra i quali può certamente intendersi ricompreso la bozza di protocollo d’intesa contenente accordi per la separazione dei coniugi, ha osservato il giudice del gravame che la contribuente ‘non ha enunciato, né tantomeno provato alcun utile controindizio … irrilevante è la circostanza che siano state emesse pronunce di vario tenore sugli altri anni
d’imposta, non avendo nessuna delle parti provato il passaggio in giudicato di una di esse e non emergendo comunque alcun nesso di pregiudizialità con l’odierno giudizio’ (sent. CTR, p. 3).
3.4. Occorre premettere che la selezione e comparazione degli elementi di prova, e la valorizzazione di quelli che devono considerarsi decisivi, compete ai giudici del merito.
In proposito si è condivisibilmente statuito che ‘il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante’, Cass. sez. III, 10.6.2016, n. 11892; e si è poi specificato che ‘in tema di scrutinio di legittimità del ragionamento sulle prove adottato del giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio – in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante – costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della S.C. (con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non è denunciabile col ricorso per cassazione come vizio della decisione di merito), restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali’, Cass. sez. III,
21.12.2022, n. 37382; e non si è mancato recentemente di sintetizzare che ‘in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’, Cass. sez. II, 23.4.2024, n. 10927.
3.5. Nel caso di specie la CTR non ha mancato di tener conto degli elementi proposti da entrambe le parti, ed ha ritenuto decisamente prevalenti, a livello presuntivo, gli indizi offerti dall’Amministrazione finanziaria, come la redazione di un protocollo d’intesa per la separazione dei coniugi che prevede versamenti proprio per l’ammontare e la periodicità che si è effettivamente registrata, e pure la percezione da parte della ricorrente per la cessione dei suoi titoli di partecipazione di un importo superiore di svariate centinaia di migliaia di Euro a quanto le sarebbe spettato in base ai patti di vendita, in considerazione delle anticipazioni ricevute, che appaiono effettivamente in parte meglio riconducibili alla corresponsione di un assegno di mantenimento.
La contribuente oppone la ‘casualità’ della identità di importo e periodicità delle somme mensilmente corrisposte, e non è in grado di chiarire perché abbia ricevuto pagamenti ampiamente eccedenti quanto aveva pattuito per la cessione delle quote sociali. La ricorrente ripropone i propri argomenti, ma non si mostra in grado di contrastare le condivisibili valutazioni espresse dal giudice dell’appello.
Il ricorso introdotto da NOME COGNOME nella parte in cui le sue censure possono ritenersi ammissibili, risulta comunque infondato, e deve perciò essere respinto.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimata proposto difese nel giudizio di legittimità.
4.1. Ricorrono tuttavia i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
rigetta il ricorso introdotto da COGNOME NOME .
Ai sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.