Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6475 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6475 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15557/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
contro
nonché
COGNOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MOLISE n. 167/2015 depositata il 17/06/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE di Isernia, rilevato che l’RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di materiali da costruzione, aveva omesso la presentazione della dichiarazione ai fini dell’IVA per gli anni
d’imposta 2000 e 2001, in data 18 maggio 2007 inviava agli eredi del sig. COGNOME, deceduto in data 23 gennaio 2007, il questionario n. 100 NUMERO_DOCUMENTO07, – notificato, senza ottenere alcun riscontro.
L’Ufficio procedeva quindi a notificare agli eredi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, avvisi di accertamento per gli anni in questione, ricostruendo induttivamente i ricavi, ai sensi degli artt. 39 e 41 del D.P.R. n. 600/1973, sulla base dei dati in suo possesso.
Gli eredi proponevano distinti ricorsi avverso i due avvisi di accertamento, affermando che NOME COGNOME, avendo affittato la propria azienda alla RAGIONE_SOCIALE in data 30 dicembre 1998, non aveva prodotto negli anni in contestazione alcun reddito d’RAGIONE_SOCIALE, ma solo redditi “diversi” costituiti dai relativi canoni.
Le tesi dei ricorrenti erano apprezzate dalla Commissione territoriale che, riuniti i ricorsi, gli accoglieva, in particolare rilevando come il sig. COGNOME, negli anni 2000 e 2001, non rivestisse più la qualifica di imprenditore commerciale, avendo dato in affitto la propria azienda; di conseguenza il contribuente non doveva dichiarare i canoni di affitto (neppure, in tesi, come redditi diversi), non avendoli di fatto percepiti, come emergeva dal p.v.c. del 19.10.2007 formato nei confronti della società affittuaria.
L’Ufficio impugnava la pronuncia di prime cure ribadendo le proprie difese e, in particolare, ribadendo la tesi della simulazione del rapporto di locazione desumibile, ad avviso dell’appellante, dal mancato pagamento dei canoni.
La Commissione regionale con la sentenza indicata in epigrafe respingeva l’appello dell’Ufficio: i) osservando che il contribuente, nelle annualità in oggetto, non svolgendo più la propria attività commerciale, non aveva conseguito alcun reddito d’RAGIONE_SOCIALE e non era dunque tenuto a presentare le relative dichiarazioni; ii) precisando che lo stesso neppure era obbligato ad indicare tra i “redditi diversi” i canoni percepiti per l’affitto
dell’azienda, non avendoli mai percepiti, come acclarato dallo stesso Ufficio, che, in sede di verifica, aveva rilevato che la RAGIONE_SOCIALE, pur portando in deduzione detti canoni, in realtà non li aveva mai corrisposti.
Avverso la predetta sentenza ricorre l’Amministrazione con tre motivi e resiste la contribuente NOME COGNOME con controricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il pubblico ministero ha depositato requisitoria scritta, chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente esaminata l’eccezione, sollevata dalla controricorrente, della nullità della notificazione del ricorso per cassazione effettuata presso il patrocinante dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME, commercialista non abilitato al patrocinio presso le magistrature superiori, e ciò anche in considerazione della mancata costituzione di alcuni degli intimati.
1.1. L’eccezione è infondata.
1.2. La sussistenza di una valida procura speciale conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, e rilasciata in epoca successiva alla pubblicazione della sentenza oggetto dell’impugnazione in favore di un procuratore iscritto nell’apposito albo ed abilitato ad assumere la difesa, risulta essenziale nell’ipotesi in cui la parte rimasta soccombente nel grado di merito intenda impugnare la pronuncia sfavorevole e proporre ricorso per cassazione, e risulti dunque funzionale ad investire il difensore designato, espressamente, del potere di proporre tale gravame e, quindi, ai fini dell’ammissibilità dello stesso (ex multis, cfr. anche Cass. sez. V, sent. 26.02.2019, n. 5577; Cass. sez. II, sent. 17.03.2017, n. 7014).
1.3. Nella fattispecie in esame, però, la contribuente non è il soggetto attivo che ha proposto il gravame, bensì il soggetto
passivo; pertanto, il destinatario dell’atto di impugnazione e a tale riguardo va osservato che alla ricezione del ricorso per cassazione proposto dalla controparte è legittimato il difensore del grado di appello presso cui il contribuente ha eletto domicilio.
1.4. Nel caso che ci occupa non è in contestazione che la notifica sia stata eseguita a mezzo posta elettronica certificata al domicilio eletto presso il AVV_NOTAIO ed il recapito presso il domiciliatario prova l’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, l’avvenuta instaurazione del contraddittorio.
1.5. Da ciò discende che nessuna lesione al diritto di difesa degli intimati è stata arrecata e, alla luce di quanto precedentemente argomentato, l’eccezione risulta infondata e deve essere, pertanto, respinta.
Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la «Motivazione meramente apparente in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. e dell’art. 36 D.Lgs. n. 546/1992».
La CTR non avrebbe esposto «le sottese premesse maggiore e minore del sillogismo giuridico (se adottata la prova deduttiva), o, quantomeno, i fatti noti posti alla base del ragionamento inferenziale probabilistico (se adottata la prova induttiva per presunzioni semplici)».
Con il secondo motivo l’Amministrazione lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la «Violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c., dell’art. 39, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2729 c.c., dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973», ciò in quanto i giudici di appello avrebbero «omesso di porre a fondamento della decisione le pur valutate prove offerte dall’Ufficio per dimostrare la simulazione del contratto di locazione dell’azienda».
Con il terzo strumento di impugnazione la ricorrente censura, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la «Motivazione illogica e contraddittoria in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. e dell’art. 36 D.Lgs. n. 546/1992», in particolare laddove la CTR ha affermato che “non risulta esservi alcuna contestazione sul fatto che i redditi prodotti del compendio aziendale oggetto della locazione siano stati regolarmente dichiarati dalla società RAGIONE_SOCIALE, senza sottrazione di imposte in danno dell’amministrazione finanziaria».
Il primo e terzo motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la stretta connessione, sono infondati.
5.1. L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo, la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità, più correttamente, ai sensi del n. 4 e non del n. 3 dell’art. 360, ponendosi come violazione RAGIONE_SOCIALE norme poste a presidio dell’obbligo motivazionale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto ‘minimo costituzionale’ di esplicitazione RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a base della sentenza.
5.2. Va ancora rammentato che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della
motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
5.3. Nessuna di tali fattispecie ricorre nel caso in esame, in quanto dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata emerge con chiarezza ed esaustività l’iter logico seguito dalla CTR per argomentare i propri convincimenti.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
6.1. La disamina operata dalla C.T.R. esclude la fondatezza della doglianza dell’Ufficio, la quale, ancorché proposta in termini di violazione di legge, si risolve in un’inammissibile istanza di revisione RAGIONE_SOCIALE valutazioni e del convincimento del giudice, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia di fatto, certamente estranea alla natura e ai fini del giudizio di cassazione (Cass., Sez. U., 25/10/2013, n. 24148).
6.2. La violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura unicamente nell’ipotesi in cui il giudice di merito abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando il ricorrente intenda lamentare che, a causa di una incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, la sentenza impugnata abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere (Cass., Sez. 2, 21/3/2022, n. 9055), come invece sostanzialmente preteso oggi dall’Ufficio.
6.3. Peraltro, anche la selezione, tra gli indizi offerti dall’Amministrazione a dimostrazione RAGIONE_SOCIALE pretese fiscali, di quelli
reputati rilevanti rientra a pieno titolo nel meccanismo di operatività dell’art. 2729 cod. civ., il quale, nel prescrivere che le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla “prudenza del giudice” (secondo una formula analoga a quella che si rinviene nell’art. 116 cod. proc. civ. a proposito della valutazione RAGIONE_SOCIALE prove dirette), si articola nei due momenti valutativi della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, volta a scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e a conservare viceversa quelli che, presi singolarmente, rivestono i caratteri della precisione e gravità, e della successiva valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi così isolati, oltreché dell’accertamento della loro idoneità alla prova presuntiva se considerati in combinazione tra loro (c.d. convergenza del molteplice), essendo erroneo l’operato del giudice di merito il quale, al cospetto di plurimi indizi, li prenda in esame e li valuti singolarmente, per poi giungere alla conclusione che nessuno di essi assurga a dignità di prova (da ultimo Cass., Sez. 2, 21/3/2022, n. 9054; Cass. n. 9336/2023; v. anche Cass., Sez. 3, 09/03/2012 n. 3703).
6.4. Pertanto, come affermato da questa Corte, intanto può denunciarsi la violazione o falsa applicazione del ridetto art. 2729 cod. civ., in quanto il giudice di merito ne abbia contraddetto il disposto, affermando che un ragionamento presuntivo può basarsi anche su presunzioni (rectius: fatti), che non siano gravi, precisi e concordanti, ovvero abbia fondato la presunzione su un fatto storico privo di gravità o di precisione o di concordanza ai fini della inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e abbia dunque sussunto erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione fatti concreti accertati che non siano, invece, rispondenti a quei caratteri, competendo soltanto in tal caso alla Corte di cassazione controllare se la norma in esame sia stata applicata a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta o il giudice non sia incorso in
errore nel considerare grave una presunzione che non lo sia sotto il profilo logico generale o sotto il particolare profilo logico (interno ad una certa disciplina) entro il quale essa si collochi, al pari di quanto può accadere con riguardo al controllo della precisione e della concordanza (in questi termini, v. ex multis Cass., Sez. 2, 21/3/2022, n. 9054).
6.5. Se questo è il presupposto della violazione o errata applicazione dell’art. 2729 cod. civ., la deduzione del vizio, come già sostenuto da questa Corte, non può che estrinsecarsi nella puntuale indicazione, enunciazione e spiegazione dei motivi per i quali il ragionamento del giudice di merito sia irrispettoso dei paradigmi della gravità, precisione e concordanza, risolvendosi altrimenti la critica al ragionamento presuntivo svolto, che si sostanzi nell’enunciazione di una diversa modalità della sua ricostruzione, nel suggerimento di un diverso apprezzamento della questio facti che si pone al di là della fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., atteso che il giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., Sez., 1, 2/8/2016, n. 16056), e che la valutazione del compendio probatorio è preclusa a questa Corte, essendo riservata al giudice di merito al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i
casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass., 13/01/2020, n. 331; Cass.,04/08/2017, n. 19547; Cass., 04/11/2013, n. 24679; Cass., 16/12/2011, n. 27197; Cass.,07/02/2004 n. 2357).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’RAGIONE_SOCIALE, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22/02/2024.