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Simulazione acquisto: onere della prova col Fisco

Un contribuente si oppone a un accertamento fiscale basato sull’acquisto di un immobile, sostenendo una simulazione di acquisto che celava una donazione. La Cassazione chiarisce che per vincere la presunzione del Fisco non basta produrre un assegno non incassato o la dichiarazione del venditore. È necessario un quadro probatorio completo e criticamente valutato dal giudice, poiché tali elementi da soli sono considerati semplici indizi e non prove sufficienti a dimostrare la gratuità dell’atto.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Simulazione Acquisto Immobiliare: Come Provarla di Fronte al Fisco

Quando si effettua un acquisto immobiliare, il Fisco può presumere che il contribuente possieda un reddito adeguato a sostenere tale spesa. Ma cosa succede se la compravendita è solo una finzione? L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 34461/2024 affronta proprio un caso di simulazione acquisto, chiarendo quali prove sono necessarie per contrastare un accertamento fiscale basato sul cosiddetto ‘redditometro’.

I Fatti del Caso

L’Agenzia delle Entrate notificava a un contribuente un avviso di accertamento per un maggior reddito relativo all’anno 2008. L’accertamento, di tipo sintetico, traeva origine dall’acquisto di un terreno per un valore dichiarato di 600.000 euro, avvenuto nel 2010. Secondo l’Ufficio, tale spesa era indice di una capacità contributiva superiore a quella dichiarata.

Il contribuente impugnava l’atto, sostenendo che la compravendita fosse in realtà simulata. A suo dire, l’operazione nascondeva una donazione da parte della zia, la formale venditrice. A riprova di ciò, produceva documentazione bancaria attestante che l’assegno emesso per il pagamento non era mai stato incassato né addebitato sul suo conto. Inoltre, presentava una dichiarazione della zia (una ‘controdichiarazione’) che confermava la natura gratuita del trasferimento.

La Commissione Tributaria Regionale (C.T.R.) accoglieva le ragioni del contribuente, ritenendo provata la simulazione e, di conseguenza, l’assenza di un reale esborso economico che potesse giustificare la pretesa fiscale.

L’onere della prova nella simulazione acquisto

L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione, contestando la decisione della C.T.R. sotto due profili principali. In primo luogo, l’Ufficio sosteneva l’invalidità della donazione per vizio di forma e l’inidoneità della controdichiarazione a produrre effetti. In secondo luogo, riteneva insufficienti le prove fornite dal contribuente per dimostrare la simulazione.

La Suprema Corte, nell’analizzare la questione, ha fornito importanti chiarimenti sull’onere della prova in questi casi.

La Valutazione delle Prove da Parte del Giudice

La Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso dell’Agenzia, precisando che nel processo tributario il contribuente non mira a far valere gli effetti civilistici della donazione, ma a dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale provando che la spesa presunta non è mai avvenuta. Di conseguenza, le rigide regole civilistiche sulla prova della simulazione tra le parti possono essere attenuate e anche dichiarazioni di terzi possono essere valutate come indizi.

Tuttavia, la Cassazione ha accolto il secondo motivo, ritenendolo fondato. La decisione dei giudici di merito è stata cassata perché basata su una valutazione parziale e acritica delle prove.

Le Motivazioni della Corte

Secondo gli Ermellini, la C.T.R. ha errato nel considerare sufficienti, di per sé, il mancato incasso dell’assegno e la dichiarazione della zia per superare la presunzione legale su cui si fonda l’accertamento sintetico. Questi elementi, infatti, costituiscono semplici indizi e non una prova piena e incontrovertibile.

La Corte ha sottolineato che la prova negativa derivante dalla documentazione bancaria (l’assenza di addebito) non è risolutiva, poiché la provvista per il pagamento avrebbe potuto provenire da altre fonti, non tracciate o occulte. Allo stesso modo, la controdichiarazione, pur ammissibile in giudizio, ha valore di mero indizio e deve essere sottoposta a un attento ‘vaglio critico’ da parte del giudice. Il giudice deve valutarne l’attendibilità, la congruenza con altri elementi e il contesto generale, non limitarsi a prenderne atto.

In sostanza, per provare una simulazione acquisto, il contribuente deve fornire un quadro probatorio complessivo, composto da elementi gravi, precisi e concordanti, che, valutati nel loro insieme, possano convincere il giudice della reale natura gratuita dell’operazione. Un’analisi atomistica e isolata dei singoli indizi, come quella compiuta dalla C.T.R., non è sufficiente a vincere la presunzione di capacità di spesa posta a fondamento dell’accertamento fiscale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: di fronte a un accertamento basato su incrementi patrimoniali, l’onere di provare che la capacità di spesa è solo apparente grava interamente sul contribuente. Dimostrare la simulazione acquisto richiede più di un singolo elemento, per quanto significativo. È necessario costruire un impianto probatorio solido e coerente, in cui ogni indizio (mancato pagamento, controdichiarazioni, legami familiari, etc.) venga analizzato criticamente e converga verso un’unica conclusione. La decisione finale spetta al giudice di merito, che deve però motivare la sua scelta basandosi su una valutazione complessiva e logica di tutte le prove disponibili, senza fermarsi alla superficie degli eventi.

È possibile opporre al Fisco la simulazione di un acquisto per evitare un accertamento basato sulla capacità di spesa?
Sì, è possibile. Il contribuente può dimostrare che l’acquisto è solo apparente e nasconde un atto a titolo gratuito (come una donazione), provando così che non vi è stato un reale esborso economico e, quindi, nessuna effettiva capacità di spesa da tassare.

Un assegno non incassato e una dichiarazione del venditore bastano a provare la simulazione di un acquisto?
No, secondo la Corte di Cassazione questi elementi da soli non sono sufficienti. Essi sono considerati meri indizi e devono essere valutati dal giudice in modo critico, insieme a tutte le altre prove disponibili. Per superare la presunzione del Fisco, è necessario un quadro probatorio complessivo, grave, preciso e concordante.

Qual è la differenza nella prova della simulazione tra un processo civile e uno tributario?
Nel processo tributario, l’obiettivo non è far valere gli effetti del contratto dissimulato (es. la donazione), ma dimostrare l’infondatezza della pretesa fiscale. Per questo motivo, i limiti alla prova previsti dal codice civile sono meno stringenti e possono essere ammesse anche dichiarazioni di terzi (come la controdichiarazione del venditore) con valore di indizio, cosa che sarebbe più difficile in un giudizio civile tra le parti del contratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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