Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15058 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15058 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato ;
– ricorrente
–
Contro
NOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME;
– intimati
–
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, n. 1854/20 depositata il 23 giugno 2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La sig.ra NOME COGNOME impugnava il silenzio – rifiuto a seguito di istanza di rimborso di ritenute operate nel periodo 2010/2013 sulla propria pensione integrativa, che nella relativa prospettazione avrebbero dovuto essere operate in base all’aliquota agevolata del 15 % prevista dall’art. 11, d.lgs. n. 252/2005.
Il giudice di primo grado rigettava il ricorso, mancando la documentazione a sostegno della pretesa.
PRESUPPOSTI SILENZIORIFIUTO
La CTR in sede d’appello riconosceva invece il diritto della stessa prendendo atto della documentazione prodotta in grado d’appello, in corso di giudizio, e nel merito della fondatezza delle ragioni spiegate dalla contribuente.
L’Agenzia ricorre in cassazione affidandosi a tre motivi, mentre gli eredi della contribuente, frattanto deceduta, sono rimasti intimati.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo la difesa erariale rileva violazione dell’art. 19, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 546/1991 in quanto non si sarebbero realizzati i presupposti per la formazione del silenziorifiuto
1.1. Il motivo è fondato.
È invero pacifico che la formazione del silenzio-rifiuto dell’amministrazione finanziaria è impugnabile nel caso previsto dalla disposizione appena richiamata (rifiuto tacito della restituzione di tributi, sanzioni ed interessi o altri accessori), e che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito come in tal caso l’istanza debba contenere l’esatta quantificazione dell’importo di cui si richiede la restituzione
Le domande di rimborso, prive delle indicazioni inerenti gli estremi di versamento e gli importi relativi all’ammontare delle ritenute IRPEF, nonché della indicazione degli importi chiesti in restituzione, non possono considerarsi giuridicamente valide e non sono, dunque, idonee alla formazione del silenzio-rifiuto impugnabile, in quanto non consentono di valutare la fondatezza o meno della richiesta; né tale vizio è sanabile con il successivo deposito di documenti, atti a colmare le lacune predette, deposito che è comunque tardivo, in quanto intervenuto nel corso di un procedimento che non avrebbe dovuto neppure essere iniziato (cfr. Cass. 4565/2020, in senso conforme, si veda già Cass. n. 21400/2012).
Sotto tale profilo l’elemento valorizzato dalla CTR della produzione della certificazione dell’INPS in corso di giudizio d’appello risulta quindi irrilevante.
La contribuente peraltro aveva allegato l’impossibilità di determinare gli importi a causa della mancata quantificazione da parte dell’ente previdenziale che erogava il trattamento tassato.
Tuttavia, ai fini della quantificazione, peraltro operata poi in sede giudiziale dalla contribuente, la certificazione non era necessaria, essendo sufficiente indicare le somme ai fini di consentire all’amministrazione di valutare la fondatezza o meno della pretesa, come chiarito sopra.
In assenza dunque di tale adempimento, non potendosi ritenere la sussistenza della formazione del silenziorifiuto, l’istanza di rimborso doveva ritenersi inammissibile, come allegato dall’amministrazione fin dal primo grado di giudizio.
Il ricorso dev’esser e dunque accolto, con assorbimento dei restanti motivi, e non dovendo lo stesso essere neppure proposto, va disposta la cassazione della sentenza impugnata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., con aggravio di spese del giudizio di legittimità in capo agli intimati, previa compensazione di quelle relative alle fasi di merito.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto.
Condanna gli intimati al pagamento delle spese che liquida in € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Spese delle fasi di merito integralmente compensate.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025