Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14322 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14322 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6438/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME , presso il cui studio sito in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata; -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia n. 2716/2021, depositata il 12 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-La RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Brescia avverso i provvedimenti del 24 agosto 2018 e del 10 settembre 2018 con cui l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Direzione regionale Lombardia – Ufficio delle Dogane di Brescia -sez. accise, inviava a mezzo Posta Elettronica Certificata (PEC) atti di ‘diniego’ concernenti istanze volte a usufruire di riduzioni dell’ accisa gasolio per autotrazione presentate dalla società.
Si costituiva l’Agenzia delle dogane e dei monopoli chiedendo il rigetto del ricorso.
Con sentenza n. 396 del 2019, depositata il 26 giugno 2019, la Commissione tributaria provinciale di Brescia respingeva il ricorso, confermando la validità degli atti impugnati e condannando la ricorrente alle spese di lite.
-Avverso tale sentenza la ricorrente ha proposto appello.
Si costituiva l’Agenzia delle dogane e dei monopoli chiedendo il rigetto dell’appello .
Con sentenza nr. 2716/2021, la Commissione tributaria regionale per la Lombardia, sez. staccata di Brescia, ha rigettato l’appello , confermando la sentenza impugnata.
-La contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle dogane e dei monopoli si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare va dichiarata l’infondatezza dell’eccezione di nullità del controricorso in quanto notificato a mezzo
posta anziché mediante Posta Elettronica Certificata (PEC), giacché l’atto difensivo dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli risulta notificato a mezzo PEC.
-Con il primo motivo di ricorso si deduce ex art. 360, n. 3, c.p.c. l’errata ricognizione della fattispecie normativa non avendo ritenuto logico applicare la prescrizione dell’art. 4 , comma 2, d.P.R. 277/2000. L’art. 4 comma 2 del d.P.R. 277/2000, richiamato dalla Commissione tributaria provinciale e da quella regionale, dispone che decorsi 60 giorni dalla data di ricevimento della dichiarazione da parte del competente Ufficio delle Dogane (indipendentemente dalla modalità utilizzata per la presentazione della stessa), ovvero degli elementi mancanti senza che al dichiarante sia stato notificato il provvedimento di diniego, l’istanza si considera accolta e, per effetto del formarsi del silenzio-assenso dell’Amministrazione, a partire dal 61° giorno l’importo del credito maturato potrà essere utilizzato in compensazione. Dato che tutte le istanze sono state presentate diversi anni or sono, si deduce che le stesse si devono considerare accolte, non essendo plausibile per l’ufficio emettere un atto di diniego a distanza di quattro anni. Secondo quanto prospettato, i giudici omettono completamente di pronunciarsi su tale eccezione, fornendo un’interpretazione meramente apparente.
2.1. -Il motivo è infondato.
In tema di agevolazioni fiscali (nella specie sul consumo di gasolio), a fronte della presentazione di una dichiarazione documentata contenente l’opzione per la compensazione in luogo del credito d’imposta, la mancata comunicazione, nel termine di 60 giorni, del provvedimento di diniego da parte dell’Amministrazione finanziaria determina l’implicito accoglimento dell’istanza ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 277 del 2000, sicché il contribuente può utilizzare l’importo del credito spettante in
compensazione ex art. 17 del d.lgs. n. 247 del 1997, fermo restando il potere impositivo e di controllo dell’Ufficio che può annullare il silenzio-assenso illegittimamente formatosi con provvedimento motivato coincidente con lo stesso avviso di accertamento con cui procede al recupero del credito d’imposta indebitamente compensato o rimborsato (Cass., Sez. V, 8 ottobre 2019, n. 25095).
Pertanto, il silenzio assenso previsto dall’art. 4 d.p.r. n. 277 del 2000, relativo alla domanda proposta dal contribuente, non impedisce, decorso il termine per il suo perfezionamento, l’esercizio del potere di controllo e impositivo dell’Amministrazione finanziaria da esercitarsi con apposito provvedimento motivato di annullamento dell’atto di assenso illegittimamente formatosi, che, pertanto, ha natura di avviso di accertamento, con il quale l’Amministrazione è legittimata a procedere al recupero del credito di imposta indebitamente compensato o rimborsato (Cass., Sez. VI-5, 10 settembre 2020, n. 18712). La formulazione lessicale della norma non può evidentemente essere intesa come sdoppiamento di un potere di annullamento distinto dal potere di accertamento impositivo, tenuto conto che – in assenza di un formale atto viziato emesso dalla PA – manca lo stesso oggetto dell’annullamento ed il “provvedimento motivato di annullamento”, richiesto dal D.P.R. n. 277 del 2000, art. 4, comma 2, non può che coincidere con lo stesso “avviso di accertamento” con il quale l’Amministrazione è legittimata a procedere al recupero del credito d’imposta indebitamente compensato o rimborsato (Cass., Sez. V, 22 novembre 2018, n. 30220; Cass., Sez. V, 19 aprile 2013, n. 9562).
Queste considerazioni valgono nel caso in esame, in cui non si discute di recupero del credito indebitamente compensato o rimborsato, ma di diniego espresso seguito a silenzio assenso; e ciò perché il diniego espresso ha concreto effetto impositivo e
accertativo della pretesa tributaria (arg. da Cass., Sez. V, 18 novembre 2014, n. 24567).
D’altronde, si è anche precisato, il contribuente non può utilmente invocare un affidamento tutelabile in ragione del mero decorso del termine, in quanto esso non esaurisce, né impedisce, l’esercizio del potere di controllo e impositivo della Amministrazione finanziaria, essendo egli stesso l’autore dell’istanza e, dunque, a conoscenza dell’assenza del presupposto qualificante per fruire dell’aliquota ridotta dell’accisa (Cass., Sez. Trib., 13 luglio 2023, n. 20042).
3. -Con il secondo motivo si deduce ex art. 360, n. 4, c.p.c. la violazione degli artt. 111 e 101 Cost., 112 e 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per motivazione carente e insufficiente laddove i giudici di appello hanno omesso di esaminare le deduzioni e le argomentazioni del ricorrente riguardanti: la violazione degli artt. 7, l. n. 212/00 e 3 l. n. 241/90 e degli art. 3, 24, 36, 53, 9, 103 e 111 della Cost. in quanto privi di motivazione, ovvero illogici e privi di un ragionamento logico-giuridico. La Commissione tributaria regionale, nel respingere l’appello -senza un principio di motivazione -avrebbe completamente omesso di considerare che la presunta carenza della ‘correttezza dei requisiti richiesti’ si fonda unicamente sulle fatture fornite dalla stazione di Servizio IP di COGNOME G. Montichiari (BS), che, come dimostrato sin dal ricorso in primo grado, riportano numerosi errori materiali, dimostrando per tabulas l’assoluta inattendibilità della suddetta Stazione di Servizio IP di COGNOME G. Montichiari (BS).
3.1. -Il motivo è infondato.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per
cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. III, 15 febbraio 2024, n. 4166; Cass., Sez. III, 3 marzo 2022, n. 7090).
Nel caso di specie, non sussiste alcuna lesione del minimo costituzionale pur se la motivazione si caratterizza per una sua essenzialità, avendo i giudici del gravame escluso che la contribuente abbia adempiuto il proprio onere probatorio. In tema di agevolazione d’accise sul gasolio per autotrazione, la dichiarazione ex art. 3 d.P.R. n. 277 del 2000 ha natura negoziale e non di mera dichiarazione di scienza, in quanto diretta a manifestare la volontà di avvalersi del beneficio, in ragione dei requisiti e condizioni previsti ex lege ed è riconducibile alla disciplina delle dichiarazioni sostitutive di cui al d.P.R. n. 445 del 2000; ne consegue che, ove incompleta o non veritiera, essa impedisce -come accertato in maniera conforme nei due gradi di giudizio -il riconoscimento dell’agevolazione, non potendosi prescindere dall’adempimento degli oneri finalizzati alla dimostrazione della pretesa del contribuente e volti al conseguimento del beneficio (Cass., Sez. Trib., 28 dicembre 2023, n. 36175).
4. -Con il terzo motivo di ricorso si prospetta ex art. 360, n. 5, c.p.c. la violazione degli artt. 111 e 101 Cost., 112 e 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. In sede di appello, l’odierna ricorrente ha evidenziato i numerosi errori materiali commessi dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Brescia nell’irrogazione del provvedimento contestato. La stessa ha infatti revocato i benefici rivolti alla RAGIONE_SOCIALE sulla scorta di quanto prodotto dal COGNOME, il quale, vuoi anche per l’avanzata età, avrebbe commesso molteplici errori di battitura nel riportare le targhe dei veicoli dell’azienda. In particolare, sono state riportate le seguenti targhe DC491CM, DC491NT, DT963PD, DT963PW, DC491XW asseritamente in capo alla RAGIONE_SOCIALE e non presenti nelle dichiarazioni di agevolazione presentati dalla stessa. Pertanto, per un errore di un soggetto terzo, e in assenza del benché minimo ragionamento logico – giuridico, la RAGIONE_SOCIALE si sarebbe trovata privata della possibilità di ottenere i benefici fiscali che le spettavano ex lege . Tali circostanze sarebbero state ampiamente descritte nell’atto di appello, mai contestate dall’Agenzia delle dogane ed oggetto di discussione dalle parti.
4.1. -Le considerazioni già svolte in relazione al terzo motivo evidenziano le ragioni d’inammissibilità del quarto.
Anzitutto, al di là del difetto di specificità delle deduzioni formulate all’interno del motivo, la censura risulta inammissibile, essendosi in presenza di una ‘doppia conforme’, prevista dall’art. 348ter , comma 5, c.p.c., senza che siano state indicate le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947).
Le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui all’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 134 del 2012, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme”, ai sensi dell’ultimo comma
dell’art. 348-ter c.p.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce dell’art. 62 del d.lgs. n. 546 del 1992, non ha connotazioni di specialità, con la conseguenza che il comma 3-bis dell’art. 54 cit., nel prevedere che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al d.lgs. n. 546 del 1992”, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito (Cass., Sez. V, 23 ottobre 2024, n. 27547).
Col motivo, peraltro, parte ricorrente finisce col riconoscere la sussistenza di discrepanze, peraltro puntualmente annoverate in controricorso, tra quanto dichiarato nelle istanze proposte dalla società e le fatture esibite dal distributore di carburanti.
5. -Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, vanno regolate secondo soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2025.