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Sgravio fiscale non è acquiescenza: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che lo sgravio fiscale di una cartella di pagamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate dopo una sentenza di primo grado sfavorevole, non costituisce acquiescenza. Tale atto non impedisce all’Amministrazione Finanziaria di proseguire con l’appello, poiché può essere motivato dalla semplice volontà di evitare ulteriori spese esecutive. La Corte ha quindi annullato la decisione che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere, rinviando la causa per un nuovo esame nel merito.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Sgravio Fiscale Post-Sentenza: Non Significa Resa per il Fisco

L’emissione di uno sgravio fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate dopo una sentenza favorevole al contribuente non equivale a una resa. Questo importante principio, che delinea la differenza tra un atto amministrativo e l’accettazione di una decisione giudiziaria, è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con una recente ordinanza. La Suprema Corte ha chiarito che l’annullamento di una cartella esattoriale non preclude all’Amministrazione Finanziaria il diritto di proseguire la battaglia legale in appello.

I fatti del caso

Una società si vedeva recapitare una cartella di pagamento per IVA non corrisposta, basata su un controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi. La società impugnava l’atto e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) le dava ragione, annullando la cartella.

In seguito a questa decisione, l’Agenzia delle Entrate provvedeva a emettere un provvedimento di “sgravio”, di fatto cancellando il debito. Tuttavia, contemporaneamente, l’Agenzia impugnava la sentenza della CTP davanti alla Commissione Tributaria Regionale (CTR). Quest’ultima, prendendo atto dello sgravio e della mancata contestazione sul punto da parte del contribuente, dichiarava la “cessazione della materia del contendere”, ritenendo che l’Amministrazione avesse, con il suo comportamento, accettato la sconfitta in primo grado.

La decisione della Corte sul valore dello sgravio fiscale

L’Agenzia delle Entrate ha portato la questione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando un’errata interpretazione da parte della CTR. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, affermando un principio consolidato: lo sgravio del ruolo disposto dopo una sentenza di primo grado favorevole al contribuente non comporta acquiescenza alla decisione.

Secondo i giudici, questo comportamento non è una prova inequivocabile della volontà di rinunciare all’impugnazione. Al contrario, esso può essere motivato dalla semplice e prudente volontà di evitare le ulteriori spese legate a un’eventuale azione esecutiva (come il precetto) che il contribuente potrebbe intraprendere sulla base della sentenza, sebbene non ancora definitiva.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che l’interesse dell’Agenzia a ottenere una riforma della sentenza di primo grado non viene meno a seguito dello sgravio. L’atto di annullamento del debito è un comportamento che, in assenza di altri elementi, non è sufficiente a dimostrare la cessazione della materia del contendere. Non si può dedurre una “comune volontà” delle parti di porre fine alla lite da un atto che ha finalità meramente gestionali e prudenziali.

La Cassazione ha richiamato i suoi precedenti orientamenti (Cass. n. 28976/2019 e n. 6334/2016), secondo cui l’integrale sgravio del ruolo non preclude l’impugnazione, essendo un comportamento che può essere fondato sulla mera volontà di evitare i costi e le complicazioni di un’esecuzione forzata. Pertanto, la CTR ha errato nel dichiarare chiuso il contenzioso senza esaminare nel merito i motivi dell’appello presentato dall’Agenzia.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Per i contribuenti, significa che ricevere la comunicazione di uno sgravio di una cartella dopo aver vinto in primo grado non è garanzia della fine del contenzioso. L’Amministrazione Finanziaria conserva pienamente il diritto di appellare la sentenza. Per l’Erario, questo principio garantisce la possibilità di difendere le proprie pretese nei successivi gradi di giudizio, senza che un atto amministrativo dovuto (come l’adeguamento alla sentenza di primo grado) possa essere interpretato come una rinuncia. La causa è stata quindi rinviata alla Commissione Tributaria Regionale per un nuovo esame che entri nel merito della questione.

L’annullamento di una cartella (sgravio) da parte dell’Agenzia delle Entrate dopo una sentenza di primo grado significa che ha rinunciato all’appello?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che lo sgravio fiscale non comporta acquiescenza alla sentenza e non preclude la facoltà di proporre appello.

Perché l’Agenzia delle Entrate emette uno sgravio se intende continuare il giudizio?
Per evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione che potrebbero derivare da una sentenza di primo grado favorevole al contribuente, anche se non ancora definitiva.

Cosa succede al processo dopo questa decisione della Cassazione?
La sentenza della Commissione Tributaria Regionale è stata annullata. La causa è stata rinviata allo stesso organo giudiziario, in diversa composizione, che dovrà riesaminare nel merito l’appello dell’Agenzia delle Entrate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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