Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6238 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6238 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 09/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 7158/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
CARNEVALE NOME
-intimato – avverso la sentenza n. 729/1/2018 della Commissione tributaria regionale del Molise, depositata il 12 novembre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la pronunzia in epigrafe, con la quale è stata confermata la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Campobasso che aveva accolto il ricorso del contribuente NOME COGNOME
Quest’ultimo, titolare dell’omonima impresa individuale, aveva impugnato l’avviso d’accertamento con il quale l’Amministrazione aveva ripreso a tassazione, ai fini Irpef per l’anno d’imposta 2009, la sopravvenienza attiva costituita dal venir meno di parte del debito contributivo verso l’Inps per anni pregressi, stralciato, nella misura del 60% (con rateazione del residuo 40%), per effetto dell’istanza del contribuente di definizione agevolata ex art. 6, comma 4 bis, del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2.
Detta disposizione aveva infatti esteso ai residenti nelle aree colpite dal sisma del 31 ottobre 2002 nelle province di Campobasso e Foggia -fra i quali rientrava il Carnevale -i benefici già riconosciuti in favore dei soggetti danneggiati dal sisma del 1997 nelle regioni Marche ed Umbria, e in particolare, per quanto di interesse in questa sede, la possibilità di definire gli oneri contributivi con il pagamento parziale e rateizzato di cui sopra.
I giudici d’appello hanno ritenuto che il debito contributivo stralciato non desse luogo a plusvalenza tassabile, ciò argomentando sul rilievo del fatto che l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3253/2002, all’art. 3, comma 2, stabili va che i contributi stanziati costituivano «anticipazioni su eventuali future previdenze a
qualunque titolo previste» e pertanto non concorrevano alla formazione del reddito.
Il ricorso erariale è affidato a un unico motivo.
Il contribuente è rimasto intimato.
Considerato che:
L’unico strumento d’impugnazione denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 88 TUIR e dell’art. 6, comma 4 -bis , del d.l. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella l. n. 2/2009.
L’Agenzia ricorrente, dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, osserva che il richiamato art. 6, comma 4bis , aggiunto al testo dell’originario decreto -legge in sede di conversione, ha consentito ai soggetti residenti nelle aree interessate dal sisma nelle province di Campobasso e Foggia di definire in maniera agevolata la propria situazione debitoria nei confro nti dell’Inps versando il solo 40% del dovuto.
Da ciò fa derivare la necessaria imputazione degli oneri contributivi non versati -quali componenti negative di reddito divenute insussistenti per le annualità di riferimento -ai risultati economici per l’anno 2009, in guisa di sopravvenienze attive da sottoporre a tassazione.
Del resto, osserva ancora l’Amministrazione, nel silenzio della norma agevolativa (e contrariamente a quanto accaduto, ad esempio, per il sisma siciliano del 1990) devono trovare necessariamente applicazione i principi stabiliti dalla legislazione tributaria che prevedono, in virtù del combinato disposto degli artt. 88 e 109 TUIR, l’assoggettamento a tassazione delle sopravvenienze attive conseguenti all’abbattimento del carico contributivo.
L’esposizione della censura si conclude con il rilievo del fatto che, quantunque l’agevolazione in questione configuri un «aiuto di Stato
adottato in violazione dell’art. 107 T.F.U.E.» secondo la decisione della Commissione Europea n. 5549 del 14.8.2015, non ne è stato disposto il recupero per l’oggettiva impossibilità di ottenere, ad oltre dieci anni dall’evento calamitoso, le informazioni necessarie al preciso calcolo dell’importo da recuperare.
2. Il motivo è fondato.
In relazione al nutrito contenzioso conseguito al recupero a tassazione, da parte dell’Erario, degli importi oggetto di sgravio contributivo, questa Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: «la sopravvenuta riduzione al 40% degli oneri contributivi, per la definizione agevolata ex art. 6, comma 4bis , del d.l. n. 185 del 2008, determina, nel bilancio del contribuente che se ne avvalga, una parziale cancellazione di passività relative a precedenti esercizi cui corrisponde una sopravvenienza attiva, certa ed oggettivamente determinabile con l’accesso al beneficio a norma dell’art. 109 TUIR, la cui rilevanza fiscale, ex art. 88 TUIR, deriva dalla deducibilità degli stessi oneri» (in tal senso, fra le altre, Cass. n. 8623/2022).
L’affermazione di tale principio si pone, peraltro, in continuità con quanto da questa Corte precedentemente affermato in relazione alla cessazione di posizioni debitorie determinate dal venir meno di passività per debiti contributivi (v., ad es., Cass. n. 19212/2017).
In particolare, è stato precisato che la ratio della specifica agevolazione in questione è quella di sollevare, per ragioni correlate alla calamità accaduta, il contribuente residente nell’area interessata da una parte del debito contributivo pregresso.
La pretesa erariale non attinge, neppure indirettamente, tale beneficio, che rimane consolidato; piuttosto, la tassazione della relativa sopravvenienza attiva, operando sul diverso piano fiscale, preclude al contribuente di avvantaggiarsi di un ulteriore e diverso
beneficio, ovvero di continuare sostanzialmente ad avvalersi degli effetti della deduzione, quale componente negativo, di quella parte degli oneri contributivi che non ha pagato e che non sono più dovuti per effetto della normativa, sopravvenuta, e della relativa istanza di adesione, che ne ha consentito la riduzione.
Si tratterebbe, infatti, di un beneficio fiscale che non può conseguire sic et simpliciter al riconoscimento del beneficio contributivo, traducendosi altrimenti in un’agevolazione di fatto, senza titolo normativo.
Poiché la sentenza impugnata si è discostata da tale principio, essa andrà cassata in accoglimento dell’unico mezzo di ricorso.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Le spese dei due gradi di merito possono essere interamente compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda del contribuente.
Condanna l’intimato al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 2.300,00, oltre spese prenotate a debito. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2025.