Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21383 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21383 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
Oggetto: Impugnazione di atto impositivo – Sentenza penale di assoluzione divenuta irrevocabile – Effetti.
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 10976/2022 R.G. proposto da
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende , unitamente all’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso.
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE
– intimata – avverso la sentenza della C.T.R. della Campania, n. 7443/2021, depositata il 20.10.2021 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Napoli, NOME COGNOME impugnava l’a tto di recupero con cui l’Agenzia delle entrate aveva contestato l’illegittima compensazione di crediti di imposta inesistenti con debiti tributari relativi agli anni 2016 e 2017, mediante la presentazione di modelli F24.
In primo grado, la C.t.p. rigettava l’impugnazione, ritenendo accertata e non contestata l’inesistenza dei crediti portati in compensazione.
Proponeva appello il contribuente, sostenendo, da un lato, di non avere alcuna responsabilità, per avere affidato tutti gli adempimenti fiscali a un professionista di fiducia, e, dall’altro e conseguentemente, di avere errato l’amministrazione ad irrogare le sanzioni nei suoi confronti. Contestava, altresì, l’ammontare dei crediti recuperati, sostenendo che l’importo più rilevante non era stato utilizzato in compensazione.
La C.t.r. rigettava il gravame, osservando che il parziale utilizzo dei crediti in compensazione non costituiva alcuna esimente, poiché già all’atto di presentazione delle deleghe di pagamento in banca era stata commesso l’illecito fiscale, ciò giustificando l’azione di recupero e l’irrogazione delle relative sanzioni nei confronti del titolare del rapporto tributario.
Avverso tale pronuncia, proponeva ricorso per cassazione il contribuente, sulla base di due motivi. L’Agenzia delle entrate rimaneva intimata. Depositava, altresì, una memoria il contribuente.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1241, 1242, 1243 c.c. e 13, comma 5, del d.lgs. n. 471 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la C.t.r. omesso di considerare che l’Agenzia delle entrate aveva recuperato e sanzionato il complessivo importo
delle compensazioni ritenute illegittime, senza tener conto che la gran parte degli importi indicati nei modelli F24 non era stata utilizzata in compensazione ed era prontamente disponibile per l’erario, essendo accreditato su apposita contabilità speciale presso la Tesoreria provinciale dello Stato, come chiarito dalla stessa amministrazione finanziaria.
Con il secondo motivo di doglianza, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione de ll’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la C.t.r. ritenuto legittima la sanzione irrogata dall’amministrazione finanziaria, pur avendo il contribuente dimostrato di aver sporto formale e tempestiva querela nei confronti del suo professionista di fiducia, non appena aveva appreso che il predetto, di propria iniziativa ed a sua insaputa, aveva posto in essere le operazioni contestate.
Con successiva memoria, il contribuente dava atto che, con sentenza n. 7998 del 7.10.2024, dichiarata irrevocabile dal 7.12.2024, era stato assolto, perché il fatto non costituisce reato, per le condotte relative alla presentazione di modelli F24 contenenti crediti inesistenti indebitamente compensati. Ribadiva, inoltre, l’errore commesso dall’Ufficio, che avrebbe sottoposto a recupero anche una somma di fatto mai utilizzata dal contribuente e nella disponibilità dell’erario.
Va preliminarmente rilevato che, nelle more del presente giudizio, è stato emanato il d.lgs. n. 87 del 2024 (in esecuzione della delega conferita al Governo dall’art. 20 della legge n. 111 del 2023), pubblicato sulla G.U. n. 150 del 28/6/2024 ed entrato in vigore il 29/6/2024, il cui art. 1, comma 1, lett. m) ha introdotto, nel corpo del d.lgs. n. 74 del 2000, il nuovo art. 21-bis, rubricato ‘Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione’ , che, per quel che in questa sede interessa, così dispone: ‘1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto
non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio’ .
Tale nuova disposizione pone una serie di questioni, relative alla sua efficacia intertemporale, all’ampiezza degli effetti del giudicato penale di assoluzione nel giudizio tributario, ossia se esso incida sul presupposto fattuale delle riprese fiscali ovvero il solo trattamento sanzionatorio, nonché alla rilevanza della sentenza penale pronunciata ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p.
Orbene, tutti i suesposti dubbi interpretativi sono analoghi a quelli rimessi alle Sezioni Unite dall’ ordinanza interlocutoria n. 5714 del 4.3.202 5 (trattata all’udienza del 5.2.2025) . In particolare, attesa la non uniformità delle decisioni già assunte da questa Corte, è stata rimessa la questione relativa all’ambito di efficacia del citato art. 21-bis, sia in relazione al profilo della estensione anche al rapporto impositivo degli effetti della sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa ad esito del dibattimento con l a formula ‘perché il fatto non sussiste’, sia in ordine all’applicabilità della nuova disciplina all’ipotesi di assoluzione con la formula prevista dal secondo comma dell’art. 530 c.p.p.
La questione è stata anche rimessa alla Corte costituzionale.
Sicché, in attesa della pubblicazione della sentenza resa sulla suddetta questione – che è sottesa ad alcuni dei motivi di ricorso come sopra esposti – la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo.
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo, in attesa della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite sulla questione indicata in motivazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione