Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26467 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26467 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 17528/2023 R.G.) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE e domiciliata ‘ ope legis ‘ presso gli uffici di quest’ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO (indirizzo p.e.c.: ‘ EMAIL ‘) ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME , nato ad Avellino il DATA_NASCITA ed ivi domiciliato, in INDIRIZZO (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE);
-intimato –
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania n. 3531/2023, pubblicata il 31 maggio 2023;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10 aprile 2025, dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1.- La vicenda concerne gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO, con cui veniva accertato, ex artt. 37, comma 3, 38 e 41 d.P.R. n. 600 del 1973, per gli anni 2016 e 2017, un reddito n. 17528/2023 R.G.
COGNOME.
Rep.
A.C. 10 aprile 2025
OGGETTO : Sentenza penale assolutoria Efficacia nel processo tributario -Art. 20 d.lgs. n. 74 del 2000.
complessivo imponibile, rispettivamente di €. 369.376,71 (euro trecentosessantanovemilatrecentosettantasei/71) e di €. 574.414,09 (euro cinquecentosettantaquattromilaquattrocentoquattordici/09), nei confronti di COGNOME NOME, a seguito di segnalazioni inviate dall ‘RAGIONE_SOCIALE, di avvisi di accertamento emessi, per gli stessi anni, nei confronti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, di p.v.c. emessi dalla RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE Pubblica (p.v.c. del 12 dicembre 2018) e de lle risultanze istruttorie dell’RAGIONE_SOCIALE – (p.v.c. di constatazione del 26 marzo 2018), sulla cui base veniva instaurato un procedimento penale dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto una vasta organizzazione criminale finalizzata alla realizzazione di una cd. frode carosello.
Gli atti impositivi venivano emessi sul presupposto che COGNOME NOME fosse amministratore di fatto RAGIONE_SOCIALE suindicate società, nonché ideatore e autore RAGIONE_SOCIALE violazioni contestate, oggetto di accertamento in sede penale, definito, in primo grado, mediante sentenza di condanna.
Il contribuente ricorreva, con distinti atti, dinanzi alla CTP di Avellino, deducendo: la propria carenza di legittimazione passiva, per difetto della qualifica di amministratore della società destinatarie degli avvisi di accertamento; il mancato assolvimento dell’onere della prova e l’illegittimità dell’attribuzione della qualifica di amministratore di fatto dell e predette società.
La CTP riteneva prive di pregio le argomentazioni esplicitate e condivideva il presupposto dell’accertamento , rappresentato dalla qualità di amministratore di fatto a carico del ricorrente, evidenziando che esso era basato su molteplici elementi presuntivi precisi, gravi e concordanti.
Riteneva, quindi, che dai p.v.c. redatti nei confronti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE (allegati al fascicolo dell’ ente impositore), che davano conto di complesse indagini della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE delegate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE per gli anni in esame, era emers a l’esistenza di una vasta organizzazione criminale dedita ad effettuare una frode ai danni del fisco, attraverso l’interposizione fittizia di società cartiere, amministrate da un mero prestanome e strumentali
all’emissione di fatture per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti, finalizzate a generare componenti negativi fittizi a beneficio di terzi soggetti a vario titolo coinvolti nello schema fraudolento accertato.
Il ricorrente veniva individuato come reale percettore del reddito illecito prodotto tramite la complessa frode fiscale ideata ed attuata, anche sulla base di numerose dichiarazioni confessorie rilasciate e di numerose circostanze gestionali.
La CTP di Avellino, quindi, riuniti i ricorsi del contribuente, li rigettava.
2.Avverso tale sentenza proponeva appello COGNOME NOME, contestando nuovamente la qualifica di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE.
Evidenziava, in proposito: – che non vi era stata alcuna confessione del ruolo gestorio; che l’amministrazione finanziaria non aveva soddisfatto l’onere probatorio a suo carico ; – che non risultava dimostrata la sussistenza di utili extra-contabili in capo alla RAGIONE_SOCIALE e alla RAGIONE_SOCIALE né che egli avesse percepito somme da tali società. Deduceva in particolare che il presupposto sul quale la CTP aveva poggiato il convincimento della qualifica di amministratore di fatto – ovvero la sentenza penale di condanna di primo grado che aveva accertato tale qualifica – era stato travolto dalla riforma operata dalla Corte d ‘ Appello di Milano, in data 25 marzo 2022, con sentenza di assoluzione « per non aver commesso il fatto » in relazione ai capi di imputazione 37), 38) e 39) relativi alla società RAGIONE_SOCIALE e ai capi 15), 16), 17), 18) e 19) relativi alla RAGIONE_SOCIALE e, più in generale, a tutti i capi di imputazione riguardanti il ruolo di amministratore di fatto RAGIONE_SOCIALE cartiere italiane.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania accoglieva l’appello, affermando: « Questa Corte aderisce al principio di diritto secondo cui ‘La sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è
destinata ad operare” (cfr Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 17258 del 27/06/2019). Nel caso di specie, la Corte di Appello di Milano ha riconosciuto che il dr NOME COGNOME non è mai stato amministratore di fatto RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Tale sentenza depositata agli atti del giudizio, che non risulta impugnata dal P.G. quanto alla posizione di COGNOME (fatto dedotto dalla parte appellante e non contestato dalla parte appellata), ancorché formalmente non passata in giudicata, destruttura (quanto alla posizione del predetto) gli stessi fatti e gli elementi posti a base degli accertamenti nella presente sede impugnati. Assume quindi medesima rilevanza di quella annessa dai primi giudici alla sentenza penale di condanna conseguita in primo grado dal COGNOME, nel senso però diametralmente opposto. Deve ritenersi cioè che, venuta meno la qualifica di amministratore di fatto in capo al predetto (in virtù di accertamento penale che ha escluso ogni coinvolgimento anche quale amministratore di fatto nelle frodi a carosello oggetto di indagine), vengano meno i presupposti per gli accertamenti effettuati, ex artt. 37, c. 3, 38 e 41 D.P.R. 600/73, per gli anni 2016 e 2017 di un reddito complessivo imponibile, rispettivamente di € 369.376,71 e di € 574.414,09 , che vanno quindi annullati nei confronti dell’odierno appellante. ».
3.- Avverso la menzionata sentenza d’appello, l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
4.- Il contribuente risulta essere rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo, la ricorrente denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 654 c.p.p. e 20 d.lgs. n. 74 del 2000.
Sostiene, al riguardo, che la sentenza impugnata, pur preoccupandosi di aderire alla giurisprudenza dominante circa la valenza della sentenza penale di assoluzione nel processo tributario, avrebbe deciso la controversia solo ed esclusivamente sulla base della pronuncia del giudice penale. Ciò, infatti, emergerebbe chiaramente dal passaggio della motivazione in cui testualmente si legge che: « venuta meno la qualifica di amministratore di fatto in capo al predetto (in virtù di accertamento penale che ha escluso ogni coinvolgimento anche quale amministratore di fatto nelle frodi a carosello oggetto di indagine), vengano meno i
presupposti per gli accertamenti effettuati, ex artt. 37, c.3, 38 e 41 D.P.R. 600/73, per gli anni 2016 e 2017 di un reddito complessivo imponibile, rispettivamente di € 369.376,71 e di € 574.414,09, che vanno quindi annullati nei confronti dell’odierno appellante ».
Evidenzia, ancora, come la sentenza impugnata sarebbe illegittima per violazione del cd. principio del doppio binario, secondo il quale va escluso il riconoscimento di un’efficacia automatica, nel giudizio tributario, del giudicato penale di assoluzione dal reato tributario, ancorché la giurisprudenza riconosca una non irrilevante valenza, costituita dall’obbligo, per il giudice tributario, di prendere in esame la sentenza penale passata in giudicato per vagliarne le affermazioni, discostandosene solo per motivate ragioni. Nella sostanza, quindi, anche nei casi in cui l’atto impositivo emesso nei confronti dell’imputato, poi assolto (anche con formula piena) in sede penale (ovvero emesso nei confronti del soggetto rappresentato dal predetto imputato), risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario, non sussisterebbe alcuna interdipendenza tra il giudizio penale e il giudizio tributario cosicché, per procedere correttamente alla definizione di quest’ultimo , non occorrerebbe individuare, preliminarmente, il contenuto del giudicato penale, stante l’autonomia del giudizio tributario .
Aggiungasi come, secondo la prospettazione dell’amministrazione finanziaria ricorrente, sebbene gli elementi probatori sui quali si fonda il giudizio tributario abbiano, per loro natura, piena cittadinanza anche nei giudizi penali, in concreto la vicenda in esame presenterebbe spunti di presunzioni non utilizzabili dal giudice penale, ma utilizzabili, invece, in sede di giudizio tributario.
In definitiva, l’amministrazione finanziaria ricorrente afferma che alcuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale (finanche irrevocabile) di condanna o di assoluzione emessa in materia di reati fiscali; e ciò, anche nelle ipotesi in cui i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi su cui si fonda l’accertamento fiscale.
Peraltro, le pregresse considerazioni (desumibili dai principi affermati dalla RAGIONE_SOCIALE.), secondo la prospettazione dell’amministrazione finanziaria ricorrente, postulerebbero pur sempre che la sentenza penale assolutoria
risulti essere passata in giudicata, ipotesi che, nella fattispecie in esame, non si è verificata.
2.- Con il secondo (e ultimo) motivo, l ‘amministrazione finanziaria ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 4, l. n. 537 del 1993, dell’art. 37, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 116 c.p.c..
Evidenzia, al riguardo, come, aderendo sic et simpliciter alla sentenza di assoluzione emanata dalla Corte d’Appello di Milano , la CGT-2 Campania avrebbe male esaminato e considerato le eccezioni sollevate dall’ amministrazione finanziaria in merito alla qualificazione del contribuente quale amministratore di fatto, anche sulla base della presenza di precedenti avvisi di accertamento relativi alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e sottolineati nei precedenti gradi di giudizio in quanto valevoli a far presumere, con i caratteri della gravità, precisione e concordanza, la qualifica di amministratore di fatto di COGNOME NOME e il diretto vantaggio economico tratto dalla sua attiva partecipazione alla frode perpetrata dalle suddette società.
3.La prima RAGIONE_SOCIALE suddette censure è senz’altro fondata, con conseguente assorbimento della seconda.
Ed invero, dalla lettura e disamina della motivazione relativa alla sentenza impugnata risulta piuttosto agevole desumere come la CGT-2 Campania abbia ritenuto che, « venuta meno » la qualifica di amministratore di fatto RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, a carico del l’odierno intimato COGNOME NOME , in forza della sentenza penale di assoluzione pronunciata dalla Corte d’Appello di Milano (con la formula « perché il fatto non sussiste »), venissero a mancare anche i presupposti per gli accertamenti tributari effettuati, ex artt. 37, comma 3, 38 e 41 d.P.R. n. 600 del 1973. E ciò, nonostante tale pronuncia assolutoria non fosse ancora divenuta irrevocabile (come, del resto, espressamente riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata) e, in ogni caso, senza operare alcuna autonoma valutazione in ordine alla congerie di elementi forniti dall’amministrazione finanziaria proprio con riguardo ai presupposti valevoli a fondare gli accertamenti fiscali e gli atti impositivi oggetto di controversia.
In tal modo, la CGT-2 Campania ha palesemente violato il principio, più volte affermato da questa Corte regolatrice, secondo cui « La sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula ‘ perché il fatto non sussiste ‘ , non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare. » (Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 17258 del 27 giugno 2019, Rv. 654693-01).
Del resto, è appena il caso di evidenziare come il contribuente COGNOME NOME, essendo rimasto intimato nel presente giudizio di legittimità, nemmeno si sia premurato di provvedere a documentare, in maniera adeguata (cioè mediante idonea attestazione della Cancelleria), l’eventuale irrevocabilità della sentenza penale di assoluzione che lo ha riguardato, solo in questa ipotesi intervenendo la disciplina prevista dall’art. 21 bis , l. 10 marz0 2000, n. 74.
4.Dalle considerazioni finora sviluppate deriva, dunque, l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo.
5.Deve, conseguentemente, disporsi, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia, tenendo conto dei principi di diritto sopra espressi e provvedendo, altresì, a statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, in data 10 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME